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I Film di Michael Mann: dal Peggiore al Migliore

La classifica di tutti i film di Michael Mann, dal peggiore al migliore.
Il film Heat, diretto da Michael Mann nel 1995

Michael Mann nasce a Chicago il 5 febbraio 1943. Dopo anni in televisione – dove viene ricordato soprattutto per essere stato showrunner della serie tv Miami Vice – passa al cinema ed ai lungometraggi. Ad oggi, i film da lui diretti sono 11, senza considerare La Corsa di Jericho o altri lavori per la tv ed In attesa di Ferrari, che verrà presentato in concorso all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

 

Regista che fa della dualità fra bene e male, del romanticismo, della critica sociale e dell’approfondimento psicologico dei propri personaggi gli stilemi del proprio cinema, Michael Mann è senza ombra di dubbio uno dei registi più importanti della storia ed a cui abbiamo voluto dedicare una retrospettiva. Ora però, è tempo di tirare le somme sulla sua filmografia: di seguito, ecco la classifica dei film di Michael Mann dal peggiore al migliore.

I migliori film di Michael Mann

In carriera, i film di Michael Mann hanno ottenuto 14 candidature ai BAFTA (British Academy of Film and Television Arts), 12 candidature agli Academy Awards e 10 candidature ai Golden Globes, riuscendo a vincere solamente l’Oscar per il miglior sonoro con L’ultimo dei Mohicani, oltre al BAFTA per miglior fotografia e miglior trucco – sempre con il film che vede Daniel Day-Lewis protagonista ed un secondo per la miglior fotografia con Collateral.

 

Inutile dire che la grandezza di un regista come Michael Mann non si determina dai premi e, di certo, neanche dalle classifiche. Va infatti specificato, a scanso di equivoci, che questo non è altro che un gioco, non esistono classifiche oggettive e non si ha neanche la presunzione di poterne presentare una tale ai lettori. Dopo aver curato ogni singolo film del regista di Chicago infatti, l’intento è semplicemente quello di giocare e vedere cosa viene fuori. Di seguito, ecco dunque la classifica dei film di Michael Mann dal peggiore al migliore.

La Fortezza (1983)

La Fortezza è il secondo lungometraggio scritto e diretto da Michael Mann. Si tratta di un horror dalle tinte fantasy che presenta una commistione di generi molto stravagante, poiché ai due appena citati viene aggiunto anche quello del war movie. Nonostante un soggetto dal grande potenziale, specie per l’originalità con cui il regista si prodiga nel presentare gli scontri bellici e l’elemento soprannaturale, il film resta inespresso e finisce con l’impantanarsi in sé stesso. 

 

Pur appartenendo al filone B-movie, gli effetti visivi non sono mai credibili e risultano invecchiati tremendamente, con squarci di luce esteticamente superati anche negli anni ’80. La tensione viene spezzata anziché incrementata, poiché il mostro viene inutilmente presentato da principio allo scopo di presentare una dualità mai realmente approfondita, ma lasciata lì in balia di una banale rappresentazione dell’eterna lotta tra bene e male. I nazisti vengono associati, da questo punto di vista, proprio alla figura del mostro, ma la simbologia è troppo approssimativa. I dialoghi verbosi e l’alto numero di personaggi sovraccaricano il ritmo, mal gestito nei suoi 96 minuti, nonostante un’idea stilistica notevole.

Blackhat (2015)

In attesa di Ferrari, Blackhat resta l’ultimo film diretto da Michael Mann, l’11esimo in ordine cronologico, datato 2015. Con Chris Hemsworth protagonista – e che finalmente si spoglia del costume di Thor per dimostrare a tutti come sappia anche recitare – Blackhat non può certamente essere considerato tra i lavori più riusciti del regista di Chicago, ma è stato indubbiamente sottovalutato. Sono infatti presenti tutti gli elementi che hanno reso celebre e riconoscibile il cinema di Mann che, in questo caso, soprende soprattutto per il modo in cui usa il digitale e come, a 72 anni – l’età che aveva quando lo ha diretto – avesse ancora voglia di sperimentare e mettersi in gioco, cosa per nulla scontata e che pochi altri registi nella storia del cinema possono dire di avere.

 

Come accaduto anche per altri suoi progetti che vedremo tra poco, in mano ad un altro regista si sarebbe trattato del più classico film da vedere in televisione la domenica sera, ma Michael Mann è di un’altra pasta e riesce a trasformare tutto ciò che tocca se non in oro – come spesso accade – comunque in un qualcosa di valore assoluto.

Miami Vice (2006)

Come detto anche in precedenza, prima di passare al cinema, Michael Mann lavorava in televisione. Nel 1984 diventa showrunner di una serie tv che ha fatto la storia e segnato un’epoca: Miami Vice. nel 2006, su suggerimento di Jamie Foxx, Mann decide di tornare a mettere le mani sulla sua creatura e realizza la trasposizione cinematografica della serie anni ’80. Nasce così Miami Vice, nono lungometraggio di Michael Mann con protagonisti lo stesso Jamie Foxx e Colin Farrell.

 

Miami Vice ha una gestazione estremamente difficile, con Jamie Foxx che crea problemi e spinge Michael Mann a dover addirittura cambiare il finale del film, allo stesso Mann che cambia in corsa la sceneggiatura, cancella scene, altre le modifica ed altre ancora le inventa sul momento. Un film dunque imperfetto ma che, nonostante tutto, oltre ad avere tutti gli stilemi tipici del suo cinema – d’altronde, questo succede in tutti i suoi film, essendo Mann un autore eccezionale – è evidente il cuore che Michael Mann ci mette, perché il primo amore non si scorda mai e questo film, nonostante il risultato finale, era necessario.

Alì (2001)

Con il suo settimo lungometraggio, Michael Mann debutta nel mondo dei Biopic e lo fa in grande stile, decidendo di raccontare la storia di Cassius Clay/Muhammad Alì, interpretato da Will Smith che qui ci regala, senza troppi dubbi, la migliore interpretazione della sua intera carriera. Nel 2001 esce dunque nelle sale Alì, altro film abbastanza sottovalutato del regista di Chicago ma che qui, forse più che in altri casi, destruttura il genere per il proprio interesse e fine.

 

Con Alì, Michael Mann non si interessa tanto al pugile, ai risultati sportivi o alla coerenza storico-narrativa, ma si concentra sull’uomo e sull’icona, visto che stiamo parlando della persona che, insieme a Michael Jordan, è riuscita più di tutte a trascendere lo sport e diventare per l’appunto icona, immortale. Tanto basta per rendere Alì un film di assoluto livello.

Nemico Pubblico (2009)

8 anni dopo Alì, Michael Mann torna al Biopic e lo fa, come sempre, col suo stile inconfondibile. Nel 2009 esce dunque nelle sale Nemico Pubblico, suo decimo lungometraggio che potremmo tranquillamente definire come un Biopic atipico. Qui Mann, come poche altre volte nella sua carriera, tratta non tanto la labile differenza tra bene e male quanto la psicologia dei propri personaggi, scava in profondità e sceglie di farlo raccontandoci la figura di John Dillinger, qui interpretato da uno strepitoso Johnny Depp.

 

Michael Mann – che qui si conferma anche un eccezionale direttore di attori – sembra quasi riprendere Gioventù Bruciata di Nicholas Ray e la figura di James Dean per quanto riguarda l’idea di vivere la propria vita velocemente, pericolosamente e, soprattutto, al massimo. È questo che fa Dillinger e la scena finale al cinema, dove egli guarda Le due Strade (Manhattan Melodrama) di W.S. Van Dyke, è semplicemente clamorosa, una delle migliori della sua intera filmografia.

L’ultimo dei Mohicani (1992)

L’ultimo dei Mohicani è un film del 1992, in cui Michael Mann riesce nell’impresa di riportare in auge il cinema classico con dei generi tipici della Hollywood classica: il western ed il noir, entrambi al servizio dell’avventura. Infatti, L’ultimo dei Mohicani è un’avventura epica in cui due fazioni – Inghilterra e Francia – interagiscono con la natura influenzandola negativamente. Le tribù dei selvaggi si infliggono colpi tra loro, e Magua esce dall’ombra (entra in scena letteralmente così, in profondità) perché ormai è stato inghiottito dallo stesso meccanismo individualista e nocivo proprio alle due compagini in guerra, risultando un personaggio avido, vendicativo e caparbiamente illuso. Nathan e Cora sono invece gli stessi mondi distanti, sia culturalmente che geograficamente, che però si avvicinano in maniera pura grazie all’emotività ed alla volontà di agire per un bene più grande, quello collettivo.

 

La fotografia antinaturalistica realizzata da Dante Spinotti e i primi piani utilizzati da Mann rendono intensi i contrasti, i dialoghi e l’espressività sui volti degli attori-personaggi. Non a caso, il primo piano, come inquadratura, qui dura tendenzialmente più che nella maggioranza degli altri film. La colonna sonora e il suono vengono perfettamente combinati per elaborare al meglio la violenza inflitta, nonché l’eros e la tensione.

Strade Violente (1981)

Nel 1981 arriva il debutto nel mondo dei lungometraggio per un Michael Mann 38enne che, fino a quel momento, aveva lavorato solamente in televisione, tra serie come Miami Vice e film tv come La Corsa di Jericho. Strade Violente è uno dei più grandi debutti nella storia del cinema, ai livelli di gente come Orson Welles, Quentin Tarantino o Ridley Scott. Sì, siamo a questi livelli. 

 

Oltre a regalare a James Caan il più grande ruolo della carriera al pari di quello di Sonny Corleone ne Il Padrino di Francis Ford Coppola. Un film folgorante, dove ci sono già tutti gli stilemi del suo cinema e che affascina non solo per l’estetica e per il modo in cui riprende Chicago – sua città natale – che sembra quasi un vero e proprio personaggio, ma anche e soprattutto per come viene raccontata la storia del suo protagonista, anima persa che vorrebbe lasciarsi il passato alle spalle e rifarsi una vita, ma con un destino che non lo lascia andare. Il debutto perfetto ed un capolavoro per un regista che di capolavori, negli anni, ne girerà molti altri.

Insider – Dietro la Verità (1999)

Poco da dire: a livello di classifica, da adesso in poi è il Vietnam. Impossibile non seguire il cuore ed il gusto personale nel momento in cui si posizionano solamente capolavori. Perché tutti questi film sono capolavori, pietre miliari vere e proprie di un autore straordinario. Nel 1999, Michael Mann saluta il XX secolo con Insider – Dietro la Verità, film d’inchiesta con protagonisti Al Pacino e Russell Crowe.

 

A proposito di attori, va sottolineato come sia assurdo il fatto che, scegliendoli come protagonisti dei propri film, Michael Mann ha regalato a tantissimi la miglior prova della carriera. Questo discorso può non valere per Al Pacino – è nella lista, ma chiaramente si parla di un mostro sacro qui – ma lo è senza ombra di dubbio per Russell Crowe che, non va dimenticato, a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 era l’attore di punta di Hollywood grazie a film come Il Gladiatore e A Beautiful Mind. Insider – Dietro la Verità è un film clamoroso, dove Mann continua comunque a giocare con i generi, ad insegnare a tutti come si crea la tensione e si utilizza la colonna sonora, dando vita ad uno dei più grandi film d’inchiesta nella storia del cinema.

Manhunter (1986)

Nel 1986, dopo un film incredibile come Strade Violente ma anche un flop assoluto – al botteghino, ma anche da un punto di vista qualitativo essendo l’unico vero passo falso nella sua carriera – come La Fortezza, Michael Mann realizza Manhunter, un film che all’epoca non fu capito da molti ma che, per fortuna, con il tempo è stato rivalutato. Sì perché Manhunter – dove chiamarsi Red Dragon, come il libro di Thomas Harris da cui è tratto, ma il produttore Dino De Laurentiis glielo fece cambiare per scaramanzia – è un altro capolavoro, soprattutto in quanto capostipite del genere crime che, col passare degli anni, diventerà uno dei più amati sia al cinema che in tv.

 

In questo caso, oltre ad una fotografia al neon semplicemente clamorosa, a sorprendere è soprattutto il lavoro di sottrazione che viene fatto. L’esempio perfetto sono chiaramente le scene con Brian Cox, che interpreta Hannibal Lecktor (diventerà Lecter solo anni dopo) per la prima volta su grande schermo, 5 anni prima di Anthony Hopkins in Il Silenzio degli Innocenti di Jonathan Demme. Cox dà vita – a proposito – al miglior ruolo della propria carriera ma è incredibile come ogni scena con lui presente – solamente tre e con un minutaggio risicatissimo – sia scritta di sottrazione: stanza completamente spoglia, bianca, dove Cox è praticamente sempre solo ed al telefono. Incredibile. 

Collateral (2004)

Nel 2004 esce nelle sale uno dei più grandi film degli ultimi decenni. Due uomini, una corsa in taxi, una città. Non serve altro a Michael Mann per realizzare Collateral. Ciò che aveva già realizzato con la Chicago di Strade Violente, con questa Los Angeles Mann supera ogni limite, non solo per il modo in cui la dirige, ma anche e soprattutto per il fatto che la città stessa è un personaggio del film e Jamie Foxx – anche qui, miglior ruolo della carriera – ne è un’estensione. Tom Cruise poi è perfetto, glaciale, che stilisticamente ricorda il Will Graham di William Petersen in Manhunter e che qui raggiunge livelli che pochissime volte ha toccato in carriera, forse solamente con Eyes Wide Shut (che era poi diretto da Stanley Kubrick, dunque non proprio uno scappato di casa). 

 

Difficile descrivere un film come questo in poche parole, dunque basterebbe citare la scena nel locale jazz per sottolinearne la grandezza, come anche il finale stesso che tocca dei livelli di cinismo, consapevolezza e critica sociale semplicemente allucinante per quanto stupendo.

Heat – La Sfida (1995)

Ed eccoci qua, alla prima posizione. Ripetendo come non si tratti chiaramente di una classifica oggettiva – perché non ne esistono – la scelta ricade su Heat – La Sfida, del 1995. Scelta in realtà forse scontata, visto che è il film simbolo di Michael Mann, quello che tutti conoscono e che tutti associano al regista di Chicago. Eppure, in questo caso, non si tratta solamente di fama, ma di un mix di tanti elementi tra cui, chiaramente, la qualità generale dell’opera. 

 

Stiamo parlando del primo film della storia – ed unico insieme a The Irishman di Martin Scorsese – in cui Al Pacino e Robert De Niro recitano insieme, con la scena nella tavola calda che è diventata immediatamente simbolo del film, scena che raggiunge dei picchi di grandezza incredibili e che cita anche Sei solo, Agente Vincent, film diretto dallo stesso Michael Mann nel 1989. Oltre a due colossi come loro, è però importante citare anche l’interpretazione di Val Kilmer, che ai tempi era una star assoluta ma che, col passare degli anni e complice la sua brutta malattia, è purtroppo sparito dalle scene. È dunque importante citarlo perché ci regala un’interpretazione clamorosa, la migliore della sua carriera (strano). Heat – La Sfida è dunque uno dei tanti capolavori di Michael Mann ma il suo film simbolo, dunque non poteva non trovarsi in prima posizione.