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Recensione – Nemico Pubblico, il film di Michael Mann con Johnny Depp protagonista

Grazie anche alla presenza di Johnny Depp, Nemico Pubblico è una delle opere più conosciute di Michael Mann, ma è anche un grande film?
Il film del 2009 di Michael Mann, Nemico Pubblico

La retrospettiva sul cinema di Michael Mann continua con il suo decimo lungometraggio, Nemico Pubblico, uno dei film più celebri del regista di Chicago, che lo ha diretto nel 2009 e che vede come protagonisti Johnny Depp, Christian Bale e Marion Cotillard. Di seguito, ecco trama e recensione di Nemico Pubblico.

La trama di Nemico Pubblico, il decimo lungometraggio di Michael Mann

Prima di passare alla recensione vera e propria, due parole sulla trama: basato sul saggio Public Enemies: America’s Greatest Crime Wave and the Birth of the FBI, 1933-1943 di Brian Burrough, Nemico Pubblico, il decimo lungometraggio diretto da Michael Mann, è ambientato nel 1933 ed inizia a partire dall’evasione dal carcere di John Hamilton, grazie all’aiuto dell’amico John Dillinger (Johnny Depp). Allo stesso tempo, Melvin Purvis (Christian Bale) viene promosso da J. Edgar Hoover e incaricato di catturarlo. Seguiamo dunque una storia divisa tra i sempre maggiori crimini commessi da Dillinger e l’FBI di Hoover che tenta di catturare il cosiddetto Nemico Pubblico numero 1 degli Stati Uniti. 

Il film del 2009 di Michael Mann, Nemico Pubblico

La recensione di Nemico Pubblico, un Biopic atipico

Il Biopic è un genere che sta ormai spopolando ad Hollywood. Se ne girano di tutti i tipi: su musicisti, artisti, politici: certo, esistono delle eccezioni, ma la sensazione è che esso stia divenendo rifugio per i pigri, un terreno poco fertile in cui le idee vengono sconfitte dal dovere, dal mestiere, limitandosi a raccontare cose per cui, onestamente, la realizzazione di un film sembra addirittura eccessiva. Michael Mann – che aveva già diretto un Biopic nel 2001 con Alì – non si limita al compitino, non è il suo stile e modo di fare. Nemico Pubblico non nasce infatti a partire da un romanzo o dagli film già realizzati su John Dillinger, ma studia un saggio di Brian Burrough, Public Enemies: America’s Greatest Crime Wave and and the Birth of the FBI, 1933-1943, ovvero un enorme saggio storico, resoconto dettagliato di un intero periodo vissuto dagli Stati Uniti, dei peggiori criminali in circolazione ma anche delle forze dell’ordine e di come, grazie a J. Edgar Hoover, nacque l’FBI.

 

Quello di Michael Mann è dunque uno studio che non si limita a riportare fatti realmente accaduti, ma che cerca invece di scavare all’interno dei propri personaggi. Se questo con opere come Strade Violente, Insider – Dietro la Verità o Heat – La Sfida avveniva in maniera più partecipativa, con Nemico Pubblico si sente una certa distanza, quasi freddezza, che fu anche la critica principale mossa a quello che comunque si è attestato come uno dei maggiori successi del regista di Chicago, visto che incassò 214 milioni di dollari in tutto il mondo a fronte di un budget di soli 80. Eppure le cose non stanno esattamente così: quella che viene avvertita come freddezza può essere meglio descritta come una costante sensazione di morte che si avverte per tutti i suoi 140 minuti di durata. Sembra infatti che Dillinger sappia perfettamente quale destino lo attende ma, nonostante questo, vada dritto per la propria strada con l’intenzione di vivere la propria vita al massimo, senza privarsi di nulla. Mann scava dunque dentro i personaggi, ci mostra la fragilità di alcuni tra i più grandi criminali nella storia degli Stati Uniti, il rapporto tra guardie e ladri che c’è tra Dillinger e Purvis (che non può non rimandare a quello tra Robert De Niro e Al Pacino in Heat – La Sfida) e, ovviamente, il rapporto amoroso tra lo stesso John Dillinger e Billie Frechette, interpretata da una stupenda Marion Cotillard.

 

In questo senso, è esemplificativa la scena in cui John Dillinger, prima di venire ucciso e con un lavoro di montaggio e colonna sonora clamoroso, va al cinema a vedere Le Due Strade (Manhattan Melodrama), film di W. S. Van Dyke del 1934 con protagonista Clark Gable. Una sequenza in cui è raccolta l’anima del film e con un Johnny Depp eccezionale che, con il proprio sguardo, nonostante sembri già sapere cosa lo attende e sia spaventato, allo stesso tempo appare elettrizzato per ciò che ha raggiunto. Allo stesso tempo l’FBI, che nasceva proprio in questi anni grazie a J. Edgar Hoover – la prima scelta per il ruolo di John Dillinger era Leonardo Di Caprio che, nel 2011, fu protagonista del J. Edgar di Clint Eastwood – e che, nonostante avesse tolleranza zero nei confronti di queste figure, dimostrava anche di subire il fascino indiscreto della criminalità. Figure sfaccettate, come d’altronde è l’uomo e come Michael Mann ha sempre raccontato con ogni sua pellicola. 

 

Qui Michael Mann realizza sì un Biopic, ma sembra prenderne le distanze sin dall’inizio, anche grazie ad un titolo che, in originale, rende ancora più l’idea: Public Enemies. Non c’è dunque un solo protagonista, buono o cattivo che sia, ma un gruppo di persone quasi indefinito, con John Dillinger che in alcuni momenti scompare e viene risucchiato da persone, luoghi e ciò che avviene intorno a lui, spostando dunque l’attenzione dove desiderava andasse e facendolo anche senza limitarsi in nessun modo ma anzi, con la volontà di sperimentare anche col mezzo cinematografico ed utilizzare il digitale come nessuno aveva mai fatto fino a quel momento. Distanza e vicinanza dunque, per un film che è inoltre anche tributo al gangster movie di una volta, dallo stesso The Public Enemy del 1931 di William A. Wellman a Scarface del 1932 di Howard Hawks, opere in grado col tempo di trascendere il cinema stesso e diventare, come il saggio di Burrough, saggio e attestato dei tempi che furono ma che Michael Mann affronta in modo originale e contemporaneo per via del digitale, seguendo la propria linea di pensiero e senza essere mai schiavo del mestiere.

Voto:
4/5
Andrea Boggione
4/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Matteo Pelli
4/5
Paola Perri
4/5
Giovanni Urgnani
4.5/5
0,0
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