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I migliori film ambientati in ospedale: un delicato tempio sospeso tra vita e morte

Una location che ben si presta al grande cinema soprattutto per l’emotività delle dinamiche che vi trovano libero spazio, per un luogo precisamente in bilico tra vita e morte.
The Void tra i migliori film ambientati in ospedale

Fin dalla sua nascita, il grande cinema ha raccontato vicende che si sono sviluppate in ospedale, narrando storie spesso drammatiche, grottesche e, perché no, anche dell’orrore.

I migliori film ambientati in ospedale

Dottori pazzi quanto i loro assistiti, pazienti in via di guarigione o di deterioramento psicofisico, trame socio-politiche che affrontano il trattamento dei più vulnerabili da parte del pubblico e del privato. Nel corso della sua secolare storia, nel cinema è possibile infatti estrapolare alcuni dei migliori film che vengono ambientati in ospedale, sia questa una struttura ordinaria o specializzata per determinate categorie di pazienti, come le cliniche psichiatriche.

Queste ultime si prestano infatti ottimamente a raccontare storie che vedono distorta la loro linearità, entrando spesso e volentieri nella mente contorta del o dei protagonisti e restituendo su schermo un’esperienza toccante, drammatica e anche ricca di tensione.

Il gabinetto del dottor Caligari tra i migliori film ambientati in ospedale

Il gabinetto del dottor Caligari, di Robert Wiene – 1920

Indubbiamente uno dei film più importati nella storia del cinema, tra i migliori titoli ambientati in ospedale non può che essere presente anche l’epocale capolavoro di Robert Wiene, uno dei più grandi simboli del cinema muto ed espressionista. Nel raccontare la storia del sonnambulo Cesare, la narrazione de Il gabinetto del dottor Caligari viene infatti esposta in analessi, non uscendo di fatto dai confini del manicomio del sinistro dottore. Un componimento ad incastro nello sviluppo narrativo che, rappresentando anche la mente di un paziente della struttura, non fa altro se non incrementare l’importanza artistica di un’opera immortale, già di per sé epocale per la sua rappresentazione scenica.

Il duello silenzioso, di Akira Kurosawa – 1949

Trent’anni dopo il capolavoro espressionista, è il tempo di un altro regista che ha sempre e fortemente contribuito a rendere grande la Settima Arte, ovvero Akira Kurosawa. Il duello silenzioso è così il 9° film del cineasta nipponico che, dirigendo due mostri sacri del cinema giapponese come Toshirō Mifune e Takashi Shimura, continua a mostrare gli effetti distruttivi del Conflitto Mondiale sul suo Paese.

In particolare, Il duello silenzioso narra del dottor Kyoji Fujisaki che, in seguito ad un’operazione, viene infettato da un paziente che stava operando, contraendo così la sifilide e rendendosi conto di non avere il materiale per poter guarire. In uno splendido e lugubre bianco e nero, Kurosawa mostra come il morbo della guerra continui a diffondersi nella società giapponese, accentuando questioni morali soprattutto grazie all’intensa prova del suo protagonista.

Il corridoio della paura, di Samuel Fuller – 1963

Un’opera potente quella prodotta, scritta e diretta da Samuel Fuller, che fa immergere lo spettatore in un ospedale psichiatrico per conoscere i suoi pazienti, ovvero varie rappresentazioni ed emblemi di una società americana che non vuole saperne di smetterla con la guerra, dal Secondo Conflitto Mondiale al Vietnam passando per la Corea.

Per fare infatti chiarezza in un caso di omicidio e nella speranza di vincere il Pulitzer, un giornalista mette in scena una farsa per farsi internare nella struttura dove si è verificato il fatto, facendo conoscenza con i pazienti per poi iniziare a rimanere intrappolato nella loro spirale di follia. Oltre alla rappresentazione fotografica encomiabile, ad essere speciale in Il corridoio della paura è proprio la sua sceneggiatura, che non solo intreccia uno sviluppo narrativo accattivante ma regala dialoghi e sequenze che colpiscono in profondità.

Qualcuno volò sul nido del cuculo, di Milos Forman – 1975

Forse quello diretto da Milos Forman è il titolo più celebre di questa speciale classifica, grazie anche e soprattutto ai 5 premi Oscar ottenuti sulle 9 candidature, tra cui Miglior Film, Regia, Sceneggiatura non Originale, Attore ed Attrice protagonista. Qualcuno volò sul nido del cuculo resta a 50 anni di distanza un’opera memorabile, non solo per la profondità delle sue tematiche ma anche per il suo profilo cinematografico.

In primo luogo, il film è tratto dall’omonimo libro del 1962 ed immergendosi nella delicata analisi di causa e conseguenza del trattamento sanitario da parte del potere istituzionale, rappresenta un movimento a suo modo rivoluzionario e che fa perno proprio sugli anni ’60, in particolare sul ’68; in secondo luogo, la regia di Forman e le musiche di Jack Nitzsche accompagnano il dramma dei protagonisti che compongono un importante cast, nel quale spicca la prova di un (in)domabile Jack Nicholson.

Risvegli, di Penny Marshall – 1990

Restando sulle trame drammatiche del rapporto tra dottore e paziente, il terzo film della regista Penny Marshall rappresenterebbe di fatto il prototipo di questa linea narrativa, efficace nel spingere sul fattore dell’emotività. Basato sull’omonimo libro di ricordi del neurologo Oliver Sacks, Risvegli narra della crociata personale del dottor Malcolm Sayer, uomo integerrimo che tiene al suo lavoro e, ancor di più, a curare i suoi pazienti o almeno cercare di farli stare meglio. Tra lo scetticismo generale, Malcolm inizierà infatti a sperimentare un determinato farmaco sui pazienti di un ospedale del Bronx, risvegliando molti dallo stato catatonico in cui si trovavano.

Un film emotivo che tratta la sentita tematica dell’abbandono degli anziani e dei malati, visti come oggetti (se non animali) invece di persone da aiutare e che meritano dignità, rispetto e fiducia. Nonostante una standardizzata costruzione tecnica, con una buona colonna sonora di Randy Newman, a fare la differenza in questo film dalla sceneggiatura asciutta e precisa è decisamente la prova attoriale dei suoi due protagonisti: Robin Williams e Robert De Niro.

K-Pax tra i migliori film ambientati in ospedale

K-PAX – Da un altro mondo, di Iain Softley – 2001

Se gli ultimi due titoli si muovono a loro modo su linee “convenzionali”, il cult diretto da Iain Softley viene indirizzato da altre costellazioni, toccando anche i confini della fantascienza. Uomo singolare, Prot viene rinchiuso in una clinica specializzata ed afferma di provenire dal pianeta K-Pax. Sembrerebbe un caso come un altro per il Dr. Mark Powell che, fin da subito, inizia ad accorgersi che qualcosa non va, impegnandosi nel ricostruire la storia di un uomo “inesistente” e dalle doti particolari.

Attraverso riflessioni filosofiche ed esistenzialiste, K-PAX – Da un altro mondo rapisce principalmente per il mistero che orbita attorno il misterioso ed affascinante personaggio interpretato da Kevin Spacey, con Jeff Bridges che si identifica nello spettatore nel ricostruire una storia dalle drammatiche rivelazioni.

Infection, di Masayuki Ochiai – 2004

Con il film scritto e diretto da Masayuki Ochiai si torna nella terra del Sol Levante, ma questa volta entrando nel campo del cinema dell’orrore. Un’operazione particolare quella che ha portato alla realizzazione di Infection, con il J-Horror che ormai impazzava da qualche anno a livello internazionale per i vari Ringu e Ju-on e che ha portato il produttore Takashige Ichise a commissionare una serie di film dell’orrore, coinvolgendo anche Takashi Shimizu, Hideo Nakata e Kiyoshi Kurosawa.

Infection è il titolo inaugurale di questa J-Horror Theater che, accendendo i riflettori sull’imperizia dei medici e delle critiche condizioni strutturali, narra di un misterioso morbo che inizia a diffondersi in un ospedale in seguito ad un errore di un’equipe medica, con il conseguente tentativo di occultare il cadavere e nascondere la faccenda. Un cinema horror che unisce quello di possessione, zombie e mostri di “blobbosa” memoria, risultando violento nella sua parte splatter e sanguinolenta oltre che alquanto agghiacciante in quella spettrale.

Adam Resurrected, di Paul Schrader – 2008

Quattro anni più tardi si torna nel politico cinema statunitense di Paul Schrader, con un film comunque separato nel tempo di 20 anni e nello spazio tra Germania ed Israele. Adam Resurrected vede protagonista appunto Adam, uomo di spettacolo deportato in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale che, negli anni ’60, viene portato in un ospedale psichiatrico nel deserto israeliano, dove vengono trattati esclusivamente pazienti sopravvissuti all’Olocausto.

Proprio a quest’ultimo intende riferirsi la sfuggente pellicola diretta dal regista di Hardcore e Il collezionista di carte, sebbene la sua metodologia sia alquanto estranea al convenzionale per la sua natura tanto lucida quanto grottesca e distorta. Muovendosi tra passato e presente, condizione umana ed animale, medico e paziente, il personaggio interpretato da un grande Jeff Goldblum si confronta con il Creato ed il processo evolutivo, frutto di un destino e di un Dio beffardo (e nazista), componendo un umanistico messaggio di ritrovata speranza.

Shutter Island, di Martin Scorsese – 2010

Chi è che più di tutti viene associato al nome di Paul Schrader e viceversa è sicuramente il maestro newyorkese Martin Scorsese che, nel 2010, realizza anch’egli un altro grande film rinchiuso nell’opprimente recinzione di un manicomio criminale. Lo spettacolare giallo con protagonista Leonardo DiCaprio, in un cast che vede anche nomi del calibro di Mark Ruffalo, Ben Kingsley e Max von Sydow, non avrebbe bisogno di eccessive presentazioni, non solo per la fama raggiunta per il grande pubblico ma anche e soprattutto per la sua narrazione. Shutter Island imprigiona infatti lo spettatore nella sua intricata indagine, potendo puntare su un eccellente comparto tecnico ed interpretazioni come anticipato di altissimo profilo.

The Void – Il vuoto, di Steven Kostanski e Jeremy Gillespie – 2016

Passato in sordina per il grande pubblico è, invece, il sorprendente horror diretto dalla coppia di registi composta da Steven Kostanski e Jeremy Gillespie. La trama di The Void è, inizialmente, quella di una pattuglia notturna che trova un ragazzo traumatizzato vagare nel bosco e decide di portarlo all’ospedale più vicino. Inizia a salire un certo mistero sulla vicenda, il quale accresce a dismisura quando la struttura verrà circondata da inquietanti figure incappucciate che bloccano l’uscita: il “mostro” è infatti all’interno!

Una produzione indipendente che rende omaggio al grande cinema degli anni ’70-’80 (in particolare al Body-Horror), passando da Lovecraft per arrivare ad un finale di “fulciana” memoria, forte di un ritmo incalzante, tensione ed orrore puro, con un comparto tecnico soprattutto artigianale di gran classe.