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I Migliori Film Horror degli anni ’60: rivoluzioni anche nel cinema e le paure degli autori

Un decennio caratterizzato da profondi stravolgimenti tecnici e socio-politici, i quali hanno portato anche a lungometraggi di inestimabile valore non solo per il cinema horror.

Se con la fine della Seconda Guerra Mondiale, gli anni ’50 vengono caratterizzati dall’espansione delle nuove paure – verso le nuove invenzioni tecnologiche, la “minaccia comunista” o l’ignoto anche extraterrestre – il decennio successivo ne inverte il processo, costituendo un vero e proprio punto di rottura per la storia del cinema. Ecco di seguito i migliori film horror degli anni ’60.

I migliori film horror degli anni ’60: la paura nella politica degli autori e le rivoluzioni del Sessantotto

Il fascino della fantascienza, che soprattutto dal Frankenstein del 1931 ha iniziato a prendere piede anche all’interno del cinema horror con il suo picco registrato negli anni ’50, rimane pressoché intangibile anche per questo periodo storico. Tuttavia, se prima la paura si proiettava e veniva indotta verso forze e minacce esterne, gli anni ’60 costituiscono un vero e proprio “vaso di Pandora” per l’inconscio dei vari autori cinematografici. In questi anni si fanno infatti particolarmente avanti horror psicologici, spesso denotando una grande complessità di analisi delle condizioni mentali deviate, dimostrando come la minaccia per sé e per gli altri parta dall’interno, dagli strascichi dei traumi infantili, da una perdita che non si riesce ad accettare, dalle proprie psicosi.

 

Se il cinema poi non fa altro, da sempre, che rispecchiare la realtà in cui viviamo, è naturale come i moti rivoluzionari politici degli anni ’60, che hanno infiammato le piazze, si siano riversati anche nella Settima Arte. Mentre negli anni precedenti veniva indottrinato al popolo statunitense come il nemico sia all’esterno, la fine della presidenza di Joseph McCarthy nel 1955 e soprattutto la fallimentare spedizione in Vietnam, hanno fatto nascere agli inizi degli anni ’60 forti prese di coscienza nel popolo americano. Si creava così un forte momento di rottura, dato dai movimenti per la pace che avevano sostanzialmente spezzato in due l’opinione pubblica; erano anche gli anni dei movimenti a favore dei diritti civili, che registrarono una svolta fondamentale nel Civil Rights Act del 1964; lo sconvolgente assassinio del presidente JFK del 1963 ha solo aumentato ulteriormente l’instabilità morale e psicologica. Un’infinità di fatti storici che hanno avuto i loro effetti inevitabilmente anche nel cinema statunitense che, in questi anni, sta vivendo il periodo di grande rinnovamento tecnico, finanziario ed artistico che è la Nuova Hollywood.

 

Non meno rivoluzionaria è la realtà europea dove, partendo dagli anni ’50 ma affermandosi realmente nel decennio successivo, la Nouvelle Vague francese stava diffondendo la propria Politica degli Autori, con la soggettiva che diventa un elemento caratterizzante di nuovi film minimalisti e personalissimi. Rotture queste (tecniche, artistiche e produttive) verso la tradizione che, ciononostante, non eliminano gli stilemi e le caratteristiche che hanno fatto grande il cinema nei decenni passati. La fantascienza infatti non sparisce, ma torna anche di gran voga il gotico di streghe e di case infestate. Ecco di seguito i migliori film horror degli anni ’60.

Psyco tra i migliori film horror anni '60

Psyco, di Alfred Hitchcock – 1960

Il decennio degli anni ’60 inizia decisamente nel migliore dei modi per gli amanti del cinema horror. Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Bloch, esce nelle sale uno dei film più rappresentativi di un maestro del cinema e, più specificatamente, della suspense quale il regista britannico Alfred Hitchcock. Seguendo le vicende che ruotano attorno l’iconico Bates Motel, “Psyco” è un thriller-horror che ha fatto particolarmente breccia nella storia della Settima Arte, non solo di genere. L’importanza dello sguardo nella filmografia del cineasta britannico trova in questo film una valvola di sfogo, incasellando la psicologia nella figura del celebre Norman di Anthony Perkins, ma regalando cinema puro che passa dal montaggio, alla fotografia, passando per la grande colonna sonora di Bernard Herrmann. Un classico senza tempo che non riesce a sfiorire.

Occhi senza volto, di Georges Franju – 1960

Spostandosi in Francia, ma rimanendo nella concezione di “sguardo”, lo stesso anno di Psyco il regista Georges Franju con “Occhi senza volto” realizza il suo secondo lungometraggio. Un film dove la figura del mad-doctor torna ad abbracciare il cinema gotico e fortemente espressionista, nel quale un chirurgo – con il solo obiettivo di migliorare il volto sfigurato della figlia a seguito di un incidente – si fa carico, assieme alla sua assistente, di una serie di omicidi di giovani ragazze per poterne rimuovere la faccia impiantandone la pelle su quella della figlia. Una maschera minimalista e dannatamente inquietante, atmosfere lugubri ed asfissianti, una serie di omicidi ed un film che va di diritto nell’olimpo del cinema horror-fantascientifico.

Suspanse migliori film horror anni '60

Suspense, di Jack Clayton – 1961

Se l’atmosfera gotica è un elemento di mezzo più che di soggetto per l’opera francese, con il secondo lungometraggio prodotto e diretto dal regista inglese Jack Clyton diventa il fattore principale. Una pura ghost-story nella quale una donna viene assunta come istitutrice ai 2 giovani nipoti di un ricco uomo d’affari presso la propria magione. Quella che si presentava come una gran bella occasione lavorativa, tuttavia, si trasformerà in un vero e proprio incubo per la donna, alle prese con apparizioni spettrali ed un passato agghiacciante. Il regista gioca abilmente sul labilissimo confine tra allucinazioni dei protagonisti e cinema sovrannaturale, lasciando una certa ambiguità dal grande fascino, attraverso una messa in scena magnetica e risoluzioni in termini narrativi ed artistico-visivi di grande impatto. Un film considerevole anche per essere uno dei primi tentativi effettivi di portare in sala l’horror di possessione e di esorcismo, genere poi definitivamente sdoganato 12 anni dopo.

Gli invasati, di Robert Wise – 1963

Fresco dell’enorme successo di West Side Story, in termini soprattutto dei premi Oscar vinti nel 1962 (ben 10, contando appunto anche Miglior Film e Miglior Regia), l’anno seguente il grande cineasta statunitense Robert Wise realizza un altro grande gioiello per il cinema, non solo horror. Il regista partito infatti con “Il giardino delle streghe” del 1944 e “La Jena” dell’anno dopo, adatta il romanzo della scrittrice Shirley Jackson “L’incubo di Hill House” e realizza il suo 30° lungometraggio “Gli Invasati” (The Haunting), un horror psicologico dall’atmosfera fortemente lugubre e sinistra che gioca con l’ambiguità della mente. Nel raccontare le ricerche sull’esistenza del paranormale, il film si ammanta di un comparto grafico tetramente abbagliante nella gotica ricostruzione scenografica e nella prestigiosa fotografia in bianco e nero. Un livello di suspense perennemente elevato che rende il film un evergreen per il genere horror.

Carnival of Souls, di Herk Harvey – 1962

Rimanendo nel suggestivo clima spettrale, “Carnival of Souls” anticipa la grande opera di Wise di qualche mese, ma regala un film di quasi altrettanta valenza artistica destinato a diventare un vero e proprio cult soprattutto per il periodo di Halloween. Il film del 1962 è l’unica opera dello statunitense Herk Harvey, che scrive, dirige e produce un lungometraggio a bassissimo budget (circa 30.000$), ma che non presenta nemmeno per un momento difficoltà di rappresentazione per le scarse risorse finanziarie. Attraverso un comparto tecnico sbalorditivo, che va dalla magnetica fotografia all’incisiva colonna sonora, il film racconta della vita di una giovane organista in seguito ad un terribile incidente d’auto alla quale, a differenza dei suoi amici, riesce miracolosamente ad uscire viva. Una ballata macabra, tra le eteree stanze tra il mondo dei vivi e quello dei morti, che sarà grande fonte d’ispirazione per molti artisti del surreale.

Blood Feast, di Herschell Gordon Lewis – 1963

Tra i migliori film horror degli anni ’60 rientra anche a pieno titolo il sesto lungometraggio del regista statunitense Herschell Gordon Lewis, che produce, dirige, musica, dirige la fotografia e cura gli effetti speciali di un film passato alla storia. “Blood Feast” del 1963 non viene particolarmente ricordato per una visione in sé memorabile, dal punto di vista tecnico (comunque di gran fascino e di alta perizia) o da quello narrativo (la storia di un serial killer di origini egiziane che vuole riportare in vita la dea Ishtar sacrificando giovani donne), bensì per essere considerato il primo vero film splatter. Primo capitolo di quella che verrà definita la Trilogia del sangue, il film di Gordon Lewis attinge il fascino del serial killer alle suggestive tinte gotiche, ma carica la mano sulla visione di fiumi di sangue vivido e arti smembrati.

La maschera del demonio migliori film horror anni '60

La maschera del demonio, di Mario Bava – 1960

Dopo essere stato direttore della fotografia del primo film horror italiano “I vampiri” di Riccardo Freda e qualche co-regia non accreditata, il cineasta ligure Mario Bava inaugura la sua prestigiosa filmografia con un splendido gotico destinato ad entrare tra i migliori del genere nel panorama italiano. Considerato un vero e proprio artigiano del cinema, capace di trasformare gli scarsi mezzi a disposizione in prodotti di grandissima efficacia, Bava con “La maschera del demonio” narra della furiosa vendetta della strega Asa Vajda, tornata in vita dopo secoli da quando è stata bruciata sul rogo. L’iconica interpretazione di Barbara Steele e l’evocativa messa in scena ha lasciato di stucco i grandi cineasti dell’epoca e non solo, diventando una forte fonte d’ispirazione per Tim Burton (soprattutto ne “Il mistero di Sleepy Hollow”), Michael Reeves e Rob Zombie, oltre che essere generalmente apprezzato da registi del calibro di Quentin Tarantino o Francis Ford Coppola.

Rosemary’s Baby, di Roman Polański – 1968

Parlando dei migliori film horror degli anni ’60 e facendo principalmente riferimento, oltre che al gotico, soprattutto ai tormenti psicologici, impossibile non citarne uno dei migliori esempi della storia del cinema, “figlio” del vento rivoluzionario del Sessantotto. In quell’anno esce infatti il primo film negli Stati Uniti del regista di origini polacche Roman Polanski, fresco di un’altra opera horror quale “Per favore, non mordermi sul collo!”, in quanto però splendido omaggio ironico e parodistico del cinema vampiresco. In “Rosemary’s Baby” l’ironia è totalmente assente, con la maternità della protagonista interpretata da Mia Farrow vissuta dalla stessa come un incubo ad occhi aperti, implicata in vicende di satanismo. Asfissiante, terrificante, dalle intense interpretazioni, una mano registica d’alta scuola ed un rivoluzionario stile di ancoraggio dell’horror alla realtà quotidiana e concreta che fanno del film di Polanski una pietra miliare del genere.

La notte dei morti viventi, di George A. Romero – 1968

Tra le rivoluzioni degli anni ’60, da registrare è poi sicuramente l’inizio della carriera di uno dei maestri del genere. Combinando con abile creatività artistica la componente orrorifica ad una spiccata critica ed analisi della condizione sociale occidental-americana, il primo film di George A. Romero non mostra sullo schermo effettivamente per la prima volta la figura del “non morto” (già presente fin dal “White Zombie” del 1932), però sicuramente ne dà forma e sostanza così come la conosciamo nella contemporaneità, fino ad arrivare ad opere quali “Shaun of the Dead”, “Benvenuti a Zombieland” o “The Walking Dead”. “La notte dei morti viventi” del 1968 inaugura al cinema l’apocalisse zombie e, allo stesso tempo, la carriera artistica di Romero: cineasta che sfrutta il mezzo cinematografico del genere horror per ammorbare lo spettatore, facendogli aprire gli occhi sulla caotica e conflittuale realtà socio-politica che lo circonda.

Il villaggio dei dannati, di Wolf Rilla – 1960

Nel piccolo villaggio inglese di Midwich un fenomeno inspiegabile ha fatto nascere una generazione di bambini molto simili tra di loro, caratterialmente e fisicamente, dotati di particolari capacità dai risvolti inquietanti. Queste sarebbero le premesse per “Il villaggio dei dannati”, adattamento del romanzo del 1957 “I figli dell’invasione” (per il quale fu candidato al premio Hugo per la miglior rappresentazione drammatica), dal quale verrà successivamente sviluppato da John Carpenter l’omonimo remake del 1995. In bilico tra fantascienza e paranormale, il 14° lungometraggio scritto e diretto dal regista tedesco Wolf Rilla rapisce per la gran capacità di incutere angoscia e particolare timore, partendo da una calma ed una delicatezza snervante. Decisamente efficace l’unico effetto speciale vero e proprio negli occhi dei bambini, una straniante messa in scena ed un’aspra critica alla corsa agli armamenti e alla manipolazione mentale ed ideologica, fonte inesauribile della perdita di innocenza.