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I Migliori Film Horror degli anni ’30: l’Universal sguinzaglia i suoi Mostri

Dracula cinema horror anni '30

L’avvento del sonoro ha completamente riformulato i canoni del cinema, tanto a livello produttivo quanto artistico, con gli effetti che iniziarono ad essere particolarmente influenti con gli anni ’30, periodo nel quale molti produttori – soprattutto statunitensi – hanno reso particolarmente popolare il cinema horror, regalando pellicole passate alla storia. Di seguito i migliori film horror degli anni ’30.

I Migliori Film Horror degli anni 30′: i Mostri si prendono la scena

Se il cinema horror degli anni ’20 è stato caratterizzato soprattutto dal movimento espressionista, il decennio successivo prende nota degli insegnamenti dei grandi maestri per realizzare pellicole che poi saranno maggiormente fruibili dal grande pubblico, ma senza tralasciare l’imponente valenza artistica. Facendo i conti con i deflagranti effetti della Grande Depressione del 1929, anche le produzioni cinematografiche sono state anche costrette a puntare su progetti dal guadagno il più possibile assicurato. Fu così che iniziò ad essere sistematizzato al cinema il fenomeno della “serialità”, attraverso storie di personaggi già entrati nell’immaginario collettivo popolare per racconti di successo, folklore e casi mediatici, dal quale fenomeno fuoriuscirono i cosiddetti “Mostri dell’Universal”.

 

Nonostante molti dei suddetti personaggi furono già stati portati sul grande schermo nell’era del muto, è con gli anni ’30 che questo fenomeno ha preso maggiormente piede con un certo schema produttivo ed è entrato con maggior convinzione nell’immaginario popolare. Nella presente classifica però si farà riferimento solo ad uno di essi, sia perché altrimenti monopolizzerebbero la trattazione – per la stessa “strategia” per la quale si sceglierà una sola opera per ogni regista – e sia perché il cinema horror degli anni ’30 non vede come protagonisti unicamente i “Mostri dell’Universal”. Ecco di seguito i migliori film horror degli anni ’30.

Frankenstein James Whale cinema horror anni '30

Frankenstein, di James Whale – 1931

Come “testimonial” per i Mostri dell’Universal non poteva non venire scelto quello di Frankenstein, con il capolavoro espressionista diretto da James Whale nel 1931 che, non solo modernizza e infonde nuova vita al genere horror, ma pone anche basi solide per quello di fantascienza, con una fondamentale contaminazione tra i generi e che lancerà la carriera dell’attore Boris Karloff (assieme a Bela Lugosi due vere e proprie icone leggendarie del cinema horror). Se non si considera il cortometraggio del 1910, il “Frankenstein” di Whale è la prima trasposizione cinematografica del celebre romanzo di Mary Shelley, il quale però verrà necessariamente riadattato e modernizzato per poterne estrarre contenuti sociali, umani e fantascientifici in chiave orrorifica. Solo nel corso degli anni ’30 il film avrà infatti altri due seguiti, come “La sposa di Frankenstein” (considerato da molti superiore al primo capitolo) e “Il figlio di Frankenstein”, del quale solo il primo è stato diretto nuovamente da James Whale. Un regista quest’ultimo di particolare rilevanza per la storia del cinema, che nel decennio ha diretto anche altri incredibili film horror e fantascientifici, come “Il castello maledetto” e soprattutto “L’Uomo Invisibile” del 1933 (un altro sorprendente classico che fa parte del ciclo dei Mostri dell’Universal).

Amore Folle, di Karl Freund – 1935

Lo stesso anno in cui uscì un altro importante film Universal come “Il segreto del Tibet” (il primo sul personaggio dell’Uomo Lupo), il regista del film “La Mummia” del 1932 Karl Freund realizza un thriller-horror di mirabile fascino. Il film del 1935, tratto dal romanzo “Le mani di Orlac” di Maurice Renard, narra la storia del sinistro chirurgo Gogol che, ossessionato morbosamente dalla bella Yvonne, pianifica un modo per sottrarla dalla mano del marito. Quest’ultimo, celebre pianista, ha infatti perso l’uso delle mani in seguito ad un terribile incidente e Gogol, durante un’importante operazione chirurgica, innesterà al musicista le mani di uno spietato assassino insieme alla sua furia omicida. Dopo aver già recitato per Aflred Hitchcock nel 1934 con “L’uomo che sapeva troppo” e soprattutto dopo la sua prova da protagonista in “M – Il mostro di Düsseldorf” del 1931 di Fritz Lang, “Amore Folle” segna il debutto statunitense per l’attore Peter Lorre, che regala un’altra interpretazione di spessore con un personaggio squallido, psicologicamente fragile e paranoico, e dalla spiccata inquietudine. Il film non gode solo di un comparto di attori di altissimo profilo ed una sceneggiatura minuziosa che travalica simbolicamente il “semplice” intrattenimento, ma restituisce una visione anche onirica particolarmente influente soprattutto nel panorama surreale, anche attraverso la splendida fotografia in B/N di Gregg Toland che ne sfruttò molti espedienti tecnici anche nel futuro “Quarto Potere”.

King Kong cinema horror anni '30

King Kong, di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack – 1933

Se si citano i celebri Mostri dell’Universal, non si può certo non fare menzione anche di uno dei monster-movie per eccellenza, ovvero del “King Kong” del 1933. Il titanico film diretto dalla coppia di registi Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack è il secondo lungometraggio del filone artistico denominato “Mondo Perduto” – tema ricorrente nella letteratura avventurosa della tarda età vittoriana – che, nel cinema, era stato inaugurato dal film del 1925 “Il mondo perduto”. Quest’ultimo era tratto dal romanzo di Arthur Conan Doyle (che poi costituirà la fonte principale per “Jurassic Park” di Steven Spielberg) mentre, King Kong, rimane idea originale della coppia di registi, che hanno regalato alla storia del cinema un’icona imprescindibile. Oltre all’aspetto avventuristico e drammatico, il sonoro permise a King Kong di spiccare anche per quanto riguarda soprattutto il lato dell’orrore, con una colossale minaccia rappresentata su schermo e realizzata attraverso meravigliose strategie tecniche tra riprese ed effetti speciali. Il film ha avuto un rapido seguito nel 1933 con “Il figlio di King Kong” (diretto sempre da Ernest B. Schoedsack), ha inaugurato una serie di film che ne riconosce il capostipite (non solo tutti i sequel e remake sul personaggio di King Kong, ma anche fuoriuscendo dai confini statunitensi fino in Giappone) e rappresenta una delle pietre miliari della storia del grande cinema.

Pericolosa partita, Irving Pichel – 1932

Strettamente connesso a “King Kong” è poi il film da debutto del regista statunitense Irving Pichel, ovvero “Pericolosa partita”. La peculiarità di questo film è che, con quello che vede protagonista il mostruoso scimmione, condivide quasi totalmente gli aspetti produttivi: la location del set era infatti praticamente la stessa (uno veniva girato di giorno l’altro di notte), così come gran parte della troupe, nella quale lavorarono non solo il regista Ernest B. Schoedsack ma anche la protagonista di entrambi i film Fay Wray. “Pericolosa Partita” però ovviamente si discosta narrativamente da “King Kong”, con la storia del sadico Conte Zaroff – con l’ottima interpretazione di Leslie Banks – che apre una terribile battuta di caccia all’uomo, sulla sua isola, contro un gruppo di naufraghi. Ispirato al racconto breve “The Most Dangerous Game”, il film gode di un ritmo avventuristico e da cinema action che si pregia – soprattutto nelle sequenze all’interno della fortezza – di pregevoli ambientazioni gotiche, con il sadismo psicologico del suo protagonista particolarmente ispezionato e che seguirà altri 4 rifacimenti (da quello di Robert Wise nel 1945 a quello di John Woo nel 1993) e che segnerà fonte d’ispirazione di molte opere cinematografiche fondate sul gioco al massacro e per la sopravvivenza, quali potrebbero essere “Battle Royale” di Kinji Fukasaku o la saga di “Hunger Games”.

Il Dottor Jekyll, di Rouben Mamoulian – 1931

Presentato alla Prima edizione della Mostra cinematografica di Venezia – dove ottenne il riconoscimento per il film più originale e per il miglior attore protagonista a Fredric March, il quale vincerà anche il Premio Oscar, costituendo di fatto il primo ad essere assegnato ad un film horror – se con i precedenti due film si usciva dalla casa dell’Universal per approdare in quella della RKO, con “Il Dottor Jekyll” l’orrore passa anche per casa Paramount. Il terzo film del regista di origini armene Rouben Mamoulian è la prima trasposizione non muta del celebre racconto di Robert Louis Stevenson, sugli esperimenti dell’ossessionato Dottor Jekyll sulla scissione tra bene e male dell’essere umano. Complessità tematica unita alla tensione e all’inquietudine, mantenuta abilmente costante dal regista soprattutto attraverso il mostruoso personaggio messo in scena da un grandissimo Fredric March, reso al meglio dal mirabile lavoro sul trucco di Wally Westmore, e che può contare anche sulla lucente e tenebrosa direzione di fotografia di Karl Struss, che manifesta anche cromaticamente la stessa scissione tra bene e male.

L’isola degli zombies, di Victor Halperin – 1932

L’anno dopo il film di Mamoulian, esce nelle sale statunitensi il 9° lungometraggio diretto dal regista Victor Halperin che, nel narrare l’astio di un ricco signore contro il matrimonio dei giovani Neil e Madeleine, mostra sullo schermo per la prima volta nella storia del cinema la figura dello zombie. Si è ancora distanti però dalla figura “standardizzata” da Romero nel 1968, rappresentando infatti – più vicino alla tradizione culturale del voodoo haitiano – figure sospese tra la vita e la morte, sotto infatti l’effetto di ipnosi e rifacendosi maggiormente al capolavoro espressionista de “Il gabinetto del Dottor Caligari”. Fatto sta che “L’isola degli zombie”, tratto dal romanzo “Magic Island” di William Seabrook, deve essere considerato un vero e proprio classico del cinema horror, che ha contribuito a modernizzare l’assetto narrativo e gode di un impianto scenico gotico ed espressionista magnetico e fortemente degno di nota, oltre all’interpretazione del “Conte” Bela Lugosi nel ruolo del malefico negromante Dott. Legendre.

Vampyr: Il vampiro, di Carl Theodor Dreyer – 1932

Se si parla poi di migliori film horror degli anni ’30, non si può non menzionare chi fa parte dei maggiori esponenti della cinematografia mondiale, ovvero il regista danese Carl Theodor Dreyer. Come suggerisce il titolo, il lungometraggio del 1932 “Vampyr – Il vampiro” tratterebbe il tema del vampirismo e delle creature della notte, ma il regista di “La passione di Giovanna d’Arco” prende le distanze dalle classiche e nobili rappresentazioni su schermo di Murnau e Browning. Non avendo infatti come base letteraria di partenza la celebre opera di Bram Stoker, ma il folklore e le novelle di Joseph Sheridan Le Fanu – in particolare “Carmilla” e “The Room in the Dragon Volant” – Dreyer realizza una sorprendente e visionaria opera personale. Anche se il film è stato vittima di numerose censure – per alcune sequenze ritenute troppo cruente per l’epoca – il regista rinuncia all’orrore così come si stava standardizzando sul grande schermo, privilegiando un’esperienza angosciosa e da incubo per la suggestione offerta dall’atmosfera onirica che riveste l’intero film. Essendo il primo film sonoro di Dreyer, il regista decise infatti di ridurre al minimo i dialoghi per concentrarsi ancora alla costruzione dell’immagine, realizzando un’opera tecnica di inestimabile valore tecnico e non solo.

The Raven, di Lew Landers – 1935

Si torna in casa Universal con il sesto film del regista statunitense Lew Landers tratto dall’omonimo racconto di Edgar Allan Poe. Come il film “Amore Folle” uscito lo stesso anno, anche “The Raven” ha dovuto affrontare una gestazione produttiva e post-produttiva particolarmente astiosa: nel 1934 iniziò seriamente ad essere applicato il Codice Heys (dal quale ne uscì ridimensionato), l’interesse per il cinema horror nel pubblico stava via via iniziando a scemare e successivamente il film verrà messo al bando nel Regno Unito. Ciononostante “The Raven” mostra con efferata lucidità tematiche quali tortura, deturpamento e rabbiosa vendetta, per un racconto tra il giallo e il gotico che brilla soprattutto per le interpretazioni di Boris Karloff e Bela Lugosi. Il primo interpreterà anche una parte nel film di Roger Corman del 1963 “I maghi del terrore”, che sarà tratto dalla stessa opera di Edgar Allan Poe.

Freaks cinema horror anni '30

Freaks, di Tod Browning – 1932

Se si parla di film che hanno avuto una produzione e una post-produzione a dir poco complicata, non si può certo tralasciare forse il film maledetto per eccellenza, ovvero il “Freaks” del 1932 diretto da Tod Browing. Assieme a “Dracula” dell’anno precedente, si tratta dell’opera più famosa di un regista che ha coronato la sua decennale carriera con grandiosi lungometraggi nel suo ultimo decennio artistico (quello degli anni ’30), scrivendo una prestigiosa pagina nella storia del cinema e in particolare di quello dell’orrore, grazie anche a pellicole quali “I vampiri di Praga” e “La bambola del diavolo”. Il film di Browning narra le grottesche vicende ambientate in un circo tra i cosiddetti “freaks”, ovvero fenomeni da baraccone affetti da gravi malformazioni fisiche, trattando un’aspra allegoria sulla diversità e sulla mostruosità nascosta nella cosiddetta “normalità”. Attraverso uno speciale B/N e con le interpretazioni di reali “fenomeni da baraccone”, Browning realizza un’opera poetica e compassionale, ma attraverso immagini grottesche, orrorifiche e particolarmente cruente. Nonostante i numerosi tagli in sede di produzione, “Freaks” venne accolto in maniera impietosa dal pubblico facendo seguire numerose leggende a riguardo (oltre al fatto che molti spettatori si sentirono male alla visione, si narra come una donna sia arrivata all’aborto spontaneo): il film fu vietato dalla Germania Nazista, in Italia non uscì mai nelle sale e nel Regno Unito il film venne bandito per oltre 30 anni. Conservato ora dal NFR, il film è un classico del genere horror-grottesco nonché tra i più importanti della storia del cinema.

La maschera di cera, Michael Curtiz – 1933

Tra i migliori film horror degli anni ’30 non può non essere menzionato anche il film del regista Michael Curtiz (“Casablanca”) del 1933 “La maschera di cera”. Noto principalmente con il titolo di “Il mistero del museo delle cere”, per via del nome originale, il film tratto dall’opera di Charles Belden “The Wax Works” è – come suggerisce direttamente il titolo – un mystery-horror avvincente che ha saputo riscuotere un grande successo di critica e pubblico. Il principale motivo è anche dato dal fatto che il film di Curtiz è in technicolor bicromatico, rappresentando una pregevole novità (specialmente nel cinema horror) per l’epoca. Base per futuri e numerosi rifacimenti sia cinematografici che televisivi, “La maschera di cera” narra la storia dello scultore di Londra Ivan Igor che, in seguito ad un torto perpetuato dal suo collega, porta avanti un personale progetto nella ricerca del valore assoluto dell’Arte. Immortalità e creazione artistica si pongono al centro di un film intrigante dal punto di vista narrativo – grazie soprattutto al piglio thriller ed investigativo incalzante – e che, attraverso la sua imponente ricostruzione scenografica dagli spigoli squisitamente gotici, sa spaventare il pubblico con intelligenti trovate orrorifiche messe in scena da Curtiz e nel lavoro svolto (tra scrittura e trucco) sul malefico personaggio interpretato da Lionel Atwill.