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C’è ancora domani: perché il film ha avuto così tanto successo?

Perché C'è ancora domani ha avuto successo?

Paola Cortellesi con C’è ancora domani ha dimostrato nuovamente come lei e solo lei sia l’unica star (forse insieme a Pierfrancesco Favino) del cinema italiano contemporaneo. Già nell’estate 2021 in prossimità di ferragosto, in un panorama distributivo e al box office che non solo era deprimente per i film italiani ma anche per le produzioni internazionali, il sequel da lei interpretato di Come un gatto in tangenziale riuscì a ottenere dei numeri inusitati per le pellicole appartenenti al filone della commedia all’italiana di quei mesi che spesso e volentieri si doveva accontentare di concludere le loro cavalcate al box office con poche centinaia di euro (una miseria visti i budget di produzione). Quali sono state dunque le ragioni dietro all’incredibile e duraturo successo di C’è ancora domani?

Le ragioni del successo di C’è ancora domani

In questo articolo ci si propone di elencare alcuni dei motivi del successo della pellicola diretta e interpretata da Paola Cortellesi, nella speranza di mettere il luce degli elementi che si potrebbero rintracciare anche nella futura produzione audiovisiva dell’industria italiana.

Perché C'è ancora domani è un successo?

La tematica trattata

Le opere non andrebbero mai esaltate o bocciate soltanto in base alla tematica che trattano, tuttavia da un punto di vista commerciale sarebbe ingenuo non ammettere che in certi periodi storici determinati temi o un particolare registro narrativo e stilistico vengano percepiti come più interessanti da parte del pubblico generalista. Nel caso di C’è ancora domani, Paola Cortellesi si è inserita nel mai sopito dibattito femminista che, specialmente in Italia, ha ben ragione d’esistere. L’uscita estiva e il conseguente successo planetario di Barbie non sono stati altro che l’ultima dimostrazione di come anche argomenti socialmente rilevanti possano essere portati all’attenzione del grande pubblico, rendendoli accattivanti dunque anche da un punto di vista prettamente commerciale. Il film dell’attrice romana si è trovato a cavalcare l’onda lunga di questo fenomeno, trovandosi di fronte a un pubblico già più disposto a relazionarsi con pellicole di un certo tipo.

Il modo in cui l’autrice decide di trattare il rapporto tra la donna e la società e di firmare un film profondamente anti-nostalgico è la chiave del successo in questo caso. La Cortellesi infatti intraprende un percorso estetico assolutamente identitario che fa dell’etica visiva la sua pietra angolare. In tal senso è paradigmatica la maniera in cui la regista rilegge in chiave artistica le violenze domestiche subite dalla protagonista.

Il periodo storico 

L’Italia ha un enorme problema per quanto concerne la trattazione del proprio passato. Al contrario dei tedeschi infatti gli italiani non hanno mai fatto i conti fino in fondo con il fascismo e l’eredità di quella che è una delle ideologie più perniciose della storia umana. Pur non essendo ambientato esattamente nel corso del ventennio, C’è ancora domani, affronta le conseguenze sociali e quindi personali di quello che ha significato per le donne vivere sotto il regime di Mussolini. Tutte le angherie, i commenti sessisti e le ingiustizie a cui il personaggio interpretato dalla Cortellesi deve sottostare non possono non essere fatti risalire al ventennio appena trascorso nella realtà filmica. Basti pensare che negli Stati Uniti alle donne fu permesso di votare già dal 1920, quindi 25 anni prima di quanto sia accaduto in Italia. Questo ritardo culturale è sottolineato a più riprese dalla Cortellesi nella pellicola che compie quasi un processo di demistificazione nei confronti del dopoguerra che, in linea con quanto accadeva già nel neorealismo, viene rappresentato non più come un’era dell’oro in grado di risollevare in tutto e per tutto le sorti del Paese, quanto più un periodo nel quale si manifestarono in nuce tutte le storture che caratterizzano l’Italia tutt’ora.

La regista romana poi si sofferma nell’analizzare come la ripartenza italiana si sia basata principalmente sulla possibilità per gli uomini di conquistarsi un futuro migliore, mentre le donne rimanevano relegate a un ruolo di secondo ordine, private degli strumenti necessari per compiere una scalata sociale.

Il finale

Il finale di C’è ancora domani risulta essere senz’altro il momento di maggiore pathos dell’intera pellicola e riesce a mettere in gioco una padronanza del mezzo cinematografico affatto banale per una regista alla sua opera prima. Al di là tuttavia di un giudizio puramente qualitativo, è indubbio il fatto che da un punto di vista emotivo le ultime sequenze della pellicola siano fortemente impattanti ed è veramente interessante come questo effetto sia ottenuto stravolgendo i canoni che sarebbero quelli di una commedia di questo stampo. A emozionare infatti non è tanto la storia d’amore quanto più l’impegno civile, l’affermazione dei propri diritti prima di cittadina e poi di donna. Si può ben dire che sia contenutisticamente che stilisticamente l’epilogo del film sia una perfetta ciliegina sulla torta e non si fa fatica a credere che sia stato probabilmente l’elemento che più di tutti ha fatto scaturire l’impressionante passaparola di cui sta godendo il film e che lo ha proiettato nel novero delle opere più di successo in Italia dal post-pandemia a oggi.