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I film di Quentin Tarantino: dal peggiore al migliore

Ecco la classifica dei film di Quentin Tarantino dal peggiore al migliore

Quentin Tarantino è uno dei registi più amati dell’epoca moderna, e insieme a Christopher Nolan è tra i pochi amati dal pubblico generalista, dai cinefili e dalla critica, assicurando determina incassi al botteghino con un ormai collaudato “marchio”. Tarantino è egli stesso un cinefilo, e lo dimostra con il suo cinema postmoderno ricco di citazioni e di abile combinazione tra i generi, condito con quello che è la sua impronta personale, ovvero la spettacolarizzazione della violenza. Ma ridurre Tarantino a quest’ultima equivarrebbe a banalizzare la sua autorialità, la quale è contrassegnata dal trattamento e dell’elaborazione di temi come la gestione del tempo, la ricerca della vendetta, la rappresentazione della società americana e la riscrittura della Storia

 

Proprio il tempo visto da un punto di vista della (de)struttura della narrazione, Tarantino lo ha cambiato avvalendosi del linguaggio cinematografico per eccellenza, ossia tramite il montaggio, oltre che per l’impronta stilistica. D’altronde, si tratta di un regista che palesa il suo amore per le varie declinazioni e le deformazioni del western, così come del noir e del cinema d’azione orientale. Le sue sceneggiature, essendo Tarantino anche uno scrittore, sono segnate da una verbosità quasi sempre costante, e i dialoghi sono pieni di sfaccettature e dettagli legati al pulp. 

La classifica dei film di Quentin Tarantino: dal peggiore al migliore

E il regista statunitense ha vinto 2 premi Oscar proprio per le sue sceneggiature, in particolare di Pulp Fiction nel 1995 e di Django Unchained nel 2013; inoltre, si è anche aggiudicato una Palma d’Oro ed è stato presidente di giuria sia al festival di Cannes che a quello di Venezia. La sua filmografia è composta da nove film, con il decimo che a detta di Tarantino in persona chiuderà la carriera da regista. Per dare un ordine qualitativo alle opere di questo autore: ecco una classifica dei film di Quentin Tarantino dal peggiore al migliore.

9) The Hateful Eight (2015)

Quando si pensa a The Hateful Eight viene subito alla mente il western mescolato con il thriller, e la claustrofobia diventa protagonista insieme agli otto personaggi “odiosi”. Tuttavia, a mancare è la solita componente creativa che ha contraddistinto gli altri film di Tarantino, e la verbosità diventa un elemento riempitivo più che funzionale. Lo stesso dicasi per la gestione del tempo, in quanto la struttura della narrazione converge su di un finale raffazzonato e alla spasmodica ricerca dello stupore, obbligando lo spettatore a sobbalzare dalla sedie per un colpo di scena fin troppo truffaldino.

8) Grindhouse – A prova di morte (2007)

La riproduzione delle immagini appartenenti a quei doppi spettacoli proiettati in alcuni cinema in America durante gli anni Settanta, è un esercizio di stile interessante e anche piuttosto riuscito nei suoi intenti. Grindhouse – A prova di morte si spoglia di ogni possibile concetto teorico e non mostra delle intenzioni sociali, palesandosi come un gioco di intrattenimento persuasivo e grottesco. Il personaggio dello stuntman è sadico, e le sue perversioni lo rendono disgustoso; la vendetta messa in atto nella seconda parte del film raggiunge dei picchi di tensione notevoli.

7) Kill Bill (2003-2004)

Da considerare come opera unica, seppur il secondo volume per chi scrive risulti essere inferiore al primo, Kill Bill è appena il quarto film di Quentin Tarantino. A rendere particolarmente accattivante Kill Bill – Volume 1 è l’operazione svolta su Uma Thurman, il cui personaggio è un unicum: nessuno mai aveva scritturato una protagonista femminile in un film di arti marziali. La prima delle due parti del film è stilisticamente esaltante, piena di omaggi e citazioni al cinema d’azione orientale, e vengono mescolate addirittura le tecniche oltre che i generi. Infatti, tra il meglio da citare nel Volume 1 c’è sicuramente il flashback in tecnica d’animazione su O-Ren Ishii.


Con la seconda parte di un’opera unica, Tarantino riprende ciò che la prima non aveva: tornano i dialoghi che contraddistinguono il suo cinema. Tuttavia, l’impianto stilistico e il montaggio frenetico presenti nel volume 1, in Kill Bill – Volume 2 vengono ridimensionati proprio in favore di un maggior scambio di battute, il quale è piuttosto prolisso. Il western e il noir sono i generi dai quali prende le mosse il film, e anche se viene evidenziata l’importanza della maternità, il dialogo finale tra Bill e Beatrix risulta essere piuttosto didascalico e senza troppo mordente. Il meglio di Kill Bill – Volume 2 è la capacità di Tarantino di lavorare per ossimori, fondendo molto frequentemente il reale con l’irreale.

6) Le Iene (1992)

Tra i migliori film di Quentin Tarantino c’è il suo brillante esordio: Le Iene. Il cinema americano indipendente abbraccia un nuovo genio, e il cast stellare preserva con una certa costanza la tensione, mantenendo ben saldo e compatto il film ambientato in una sola location. Il noir psicologico viene macchiato dal sangue, ognuno può essere colpevole di quanto accaduto, e le sfumature insite nei vari personaggi rendono Le Iene un dramma sensorialeIn 85 minuti Tarantino mostra subito il suo animo cinefilo dettato dalle numerose citazioni, ma si denota già un marchio estetico dato dalla violenza e dal filo conduttore della exploitation. Il tempo qui non solo è tiranno, ma concede allo spettatore una maggiore consapevolezza poiché è attraverso i flashback che si conoscono meglio questi “cani rabbiosi”.

5) Django Unchained (2012)

Il primo western a tutti gli effetti di Tarantino è Django Unchained, e il regista statunitense svolge a tutti gli effetti un’operazione da remake partendo dal film originale di Sergio Corbucci, ovvero Django del 1966. Il bene e il male vengono perfettamente tracciati, e non c’è una reale necessità di sfumare le caratterizzazioni dei personaggi, i quali vengono confinati in dei ruoli ben precisi e arricchiti da dialoghi elaborati e incisivi

 

Per Tarantino questo film è un modo per descrivere la società americana del suo presente confrontandola con il periodo storico appena precedente alla Guerra di secessione, esaltando uno schiavo che diventa un eroe in cerca di vendetta per salvare la sua principessa dalle grinfie del ricco uomo bianco. Peccato per una seconda metà troppo teatrale ed eccessivamente gratuita.

4) C’era una volta a… Hollywood (2019)

L’approccio di Tarantino in C’era una volta a… Hollywood torna ad essere quello di Bastardi senza gloria, e il cinema diventa il mezzo artistico grazie a cui è possibile creare nuove realtà. La Storia viene riscritta con un finale memorabile e perfettamente “alla Tarantino”, con una linea comica grottesca e una violenza fisica accentuata. Il regista sembra essersi preso la sua vendetta personale per quello che è un periodo storico il quale ha cambiato definitivamente i sentimenti della popolazione statunitense: la Guerra del Vietnam e l’omicidio di Sharon Tate sono i connotati sociali e spettro costante che rendono sinistra l’atmosfera del film. Ma Tarantino in chiave fiabesca restituisce anche l’essenza del cinema stesso, e lo fa ricostruendo il passaggio tra la fine del periodo classico e la nascita della New Hollywood, dalla sicurezza all’insicurezza dell’America, dalla definizione di un genere alla combinazione di più generi cinematografici.

3) Jackie Brown (1997)

Tra i migliori film di Quentin Tarantino non può che esserci il suo neo-noir dalle sfumature derivanti dalla blaxploitation. Jackie Brown muove i fili sin dalla colonna sonora composta da famosi brani soul, e che decantano note malinconiche in quanto esteriorizzazione delle intimità della protagonista. Mai come in questa occasione, il regista restituisce perfettamente il senso dello sguardo in tutte le sue potenzialità, e cristallizzando il tempo permette allo spettatore di assistere ai cambi di percezione riguardo l’oggetto del desiderio. La violenza viene lasciata fuori campo con grande maturità, poiché è il tempo a evidenziare le molteplici sfaccettature dei personaggi: cos’è giusto e cos’è sbagliato? Il confine non è tracciato, e il giudizio non è così facile da elaborare.

2) Bastardi senza gloria (2009)

Una delle opere più importanti ed essenziali del cinema di Tarantino, che con Bastardi senza gloria usufruisce del potere del linguaggio cinematografico per riscrivere la Storia. Il cinema, tra l’altro, è il filo conduttore: viene citato più volte dai personaggi per parlare di film e registi francesi, tedeschi e americani; è il luogo nel quale i nazisti vengono bruciati vivi per conto di Shosanna. 


Quest’ultima è uno dei personaggi femminili più iconici tra quelli scritti da Tarantino, e il suo sentimento di vendetta viene covato per anni e risulta essere il motore d’azione per un finale ideologico. Come se non bastasse, i connotati demenziali e derivati dal cinema burlesque ampliano la vena tragicomica di Bastardi senza gloria, e l’interpretazione caricaturale dei “bastardi” (gli americani ebrei) e di Hitler sono l’ennesimo esempio di come il regista si faccia beffe del nazismo attraverso il cinema e le sue storie.

1) Pulp Fiction (1994)

La magia del cinema viene veicolata dal cult e capolavoro di Quentin Tarantino, e quindi dal suo miglior film: Pulp Fiction. Con appena il secondo lungometraggio, il regista riesce a costruire e decostruire il tempo tra episodi e flashback che riescono a conferire una certa circolarità alla narrazione. I connotati del fumetto e del pulp sono qui iconici, e il racconto fa sì che alcuni personaggi prendano vita per poi perderla, trovandola nuovamente più avanti. Il montaggio e la sceneggiatura di Pulp Fiction sono un raro esempio di bravura, una consapevolezza tale da restituire dettagliatamente il rapporto causa-effetto. Le personalità grezze dei personaggi e loro dialoghi, nonché monologhi, esprimono adeguatamente il concetto del pulp applicato alle storie convergenti.