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Recensione – Kill Bill − Volume 2: seconda parte più ridondante e con meno mordente

La recensione di Kill Bill − Volume 2, scritto e diretto da Quentin Tarantino, con Uma Thurman

Kill Bill − Volume 2 è la seconda delle due parti dirette da Quentin Tarantino, distribuita al cinema l’anno successivo, ovvero nel 2004. La durata del volume 2 è di circa 136 minuti, mentre nel cast ci sono Uma Thurman, David Carradine, Michael Madsen, Daryl Hannah, Chia Hui Liu, Michael Parks, Perla Haney-Jardine, Chris Nelson, Caitlin Keats, Laura Cayouette, Bo Svenson, Jeannie Epper, Samuel L. Jackson, Larry Bishop, Sid Haig, Michael Jai White, Claire Smithies, Reda Beebe, Shana Stein, Clark Middleton, Stevo Polyi, Vanessia Valentino. I due volumi sono considerabili come tutt’uno, tanto che i film di Tarantino attualmente sono contati come 9 complessivi, e non come 10, seppur burocraticamente quest’ultimo è il numero più indicato. Di seguito la trama e la recensione di Kill Bill − Volume 2, film scritto e diretto da Quentin Tarantino.

La trama di Kill Bill − Volume 2, film scritto e diretto da Quentin Tarantino

Di seguito la trama di Kill Bill − Volume 2, film diretto da Quentin Tarantino:

 

Beatrix Kiddo alias Black Mamba (Uma Thurman) racconta la sua incredibile storia, toccando i momenti più drammatici da lei vissuti: non ha dimenticato il massacro alla Chiesa dei Due Pini (apertura sesto capitolo), dove Bill (David Carradine), a capo della Deadly Viper Assassination Squad, uccide i presenti alle prove del suo matrimonio, lasciandola in coma, credendo fosse morta. Non ha neanche dimenticato la bambina che aveva in grembo. Nella sua lista di morte ci sono cinque nomi. Eliminate O-Ren Ishii e Vernita Green, la sua vendetta continua: i suoi prossimi bersagli sono Budd (Michael Madsen), caduto in rovina da quando è entrato in rotta con suo fratello Bill e la sadica Elle Driver (Daryl Hannah).

 

Allo scontro finale con Bill è ben preparata: anni prima era andata proprio con lui nelle giungle del Vietnam per incontrare Pai Mei, spietato e crudele maestro di arti marziali che entra in sintonia perfetta con Beatrix e le insegna le tecniche più letali dei combattimenti. Dopo tutte le lotte e il dolore che ha dovuto subire, Beatrix si sente pronta ad affrontare Bill, ma ciò che vede entrando in casa dell’odiato nemico è sconvolgente, così come le sue parole. Ma nonostante tutto, la protagonista vuole la sua vendetta.

La recensione di Kill Bill − Volume 2, scritto e diretto da Quentin Tarantino, con Uma Thurman

La recensione di Kill Bill − Volume 2: la seconda parte è una proposta più western-noir 

Dopo Kill Bill − Volume 1 distribuito nel 2003, a pochi mesi di distanza (nel 2004) viene rilasciata la seconda parte, ossia Kill Bill − Volume 2. Nonostante si possa affermare che lo sceneggiatore e regista Quentin Tarantino abbia concepito i due volumi come un’opera intera di oltre 4 ore, produttivamente gli è stata imposta la suddivisione in due film. Dopo i primi 110 minuti circa, è apparso lampante quanto sia stato divertente e stimolante per Tarantino dar vita a Kill Bill; tuttavia, è come se le critiche realizzate in occasione della prima parte, si siano riversate preoccupate nella seconda. Infatti, dal momento in cui mancavano i dialoghi in favore di una serie di citazioni di valore cinefilo e di sequenze d’azione spettacolari che hanno proposto il gusto delle arti marziali, in Kill Bill − Volume 2, a mancare sono proprio quei rimandi estetici ricchi di vitalità.

 

Una gran quantità di dialoghi sono però verbosi e ridondanti, senza un fine accrescitivo per lo sfondo psicologico dei personaggi, vanno alla ricerca di quel mero sensazionalismo che Tarantino ha brillantemente e, fino al 2004, costantemente evitato. Ne consegue che il ritmo di questo secondo volume risulti maggiormente spezzettato, donando anche un’aura più drammatica e tipicamente western, con tanto di sfumature noir, nostalgiche ed elegiache quando si parla di un passato ormai andato: l’addestramento con Pai Mei; la spada di Hattori Hanzo; il rapporto tra fratelli, ora incrinato; personaggi secondari che hanno perso la vita lasciando un senso di vuoto o di crescente clima vendicativo.

 

Il prologo spezzettato allo scopo di accrescere il desiderio di veder svelato il mistero celato dietro la sinistra e violenta figura di Bill, qui viene subito messo in moto come atto chiarificatore. Il sesto capitolo è dedicato al come Bill si sia presentato in Chiesa, facendo irruzione nel bel mezzo delle prove matrimoniali e uccidendo tutti i presenti, per una mera questione sentimentale: era geloso, come ammetterà durante il dialogo finale. La fotografia in bianco e nero accresce quanto descritto in precedenza, e Tarantino con le inquadrature mostra quanto ci sia più un senso da western alla Leone rispetto alla sua deriva da spaghetti-western; infatti, la porta di ingresso della chiesa acquisisce dei connotati negativi in quanto a presa di coscienza dello spettatore, conoscendo la violenza che verrà a compiersi all’interno. Non si lascia spazio a ciò che c’è fuori da quella porta, seppur si scorgano gli immensi paesaggi desertici di El Paso, e questo perché la protagonista una volta uscita non sarà più la stessa, mentre gli altri non riusciranno nemmeno ad uscirci.

 

Ciò che resta intrinseco al film stesso è il voler evidenziare i tratti puramente umani e psicologici rappresentati dai personaggi, i quali però non riescono ad espandersi al di fuori del contesto intimo, a differenza di quanto avviene nei grandi western. I dialoghi in tal senso non aiutano, perché didascalicamente sottolineano come la doppia personalità della protagonista, ovvero Arlene/Beatrix, risulti essere soltanto un mero espediente narrativo per affermare come l’essenza di una persona non possa cambiare nel tempo. La Sposa non sembra potersi distaccare da Black Bamba (usato concretamente come banale allegoria per uccidere Budd), ma nel finale trova la sua dimensione materna dopo aver realizzato la sua vendetta. 

Il meglio di Kill Bill − Volume 2: il reale con l’irreale

Kill Bill − Volume 2 mostra una forza considerevole nel fondere il reale con l’irreale. Tarantino sacrifica l’importanza della temporalità nella sua narrazione e alterna flashback e percezioni soggettive dei personaggi, a seconda dei rispettivi punti di vista. Se c’è un maggior senso di realtà quando in scena ci sono Budd e Bill, è Beatrix stessa e la sua storia in backgroud con Pai Mei a riportare letteralmente lo spettatore sulle nuvole. Nelle qui ridotte scene d’azione viene preservato quel senso dell’immagine fumettistica, che fusa con l’umana ubriachezza di Budd, prendere una forma da ossimoro. Ne sono un esempio la lotta fisica tra Beatrix e Elle, e anche il modo in cui Beatrix rompe la bara per risalire in superficie (così come tutto il suo flashback in Vietnam).

 

Il finale presenta ancor di più quest’accezione, quando quella che sembra una normale famigliola si muove in una cornice ideale: la casa con giardino, mamma e papà che giocano con la loro bimba, messa poi a letto. Ma è ciò che accade mentre la bambina dorme a rendere irreale e ossimorico quanto messo in scena. Bill e Beatrix si offendono verbalmente, ci sono spari, armi, un siero della verità e mosse di kung fu letali; il preludio alla vendetta è folle, ma è altrettanto sofferta una volta raggiunta. Beatrix ottiene quanto cercato durante il suo viaggio, e nel frattempo ha trasportato tutti con sé in un teatro dove ironia, cinismo e tenerezza hanno preso forma. 

Voto:
3.5/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
4/5
Gabriele Maccauro
5/5
Riccardo Marchese
5/5
Alessio Minorenti
4.5/5
Matteo Pelli
4/5
Paola Perri
4/5
Vittorio Pigini
4.5/5
Bruno Santini
3.5/5
Giovanni Urgnani
3.5/5
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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