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Recensione – The Hateful Eight: l’ottavo film di Quentin Tarantino

Ecco la trama e la recensione di The Hateful Eight, ottavo film scritto e diretto da Quentin Tarantino

The Hateful Eight è l’ottavo film scritto e diretto da Quentin Tarantino, il quale ci tiene a segnalare quest’evento sin dai titoli di testa, come a rimarcare che Kill Bill è un’opera unica da contare come un film soltanto seppur diviso in due volumi. The Hateful Eight appartiene al genere western e al thriller, e la sua durata è di 165 minuti; girato in Ultra Panavision 70 (35 mm), questo film di Tarantino è stato nominato a 3 diversi premi Oscar, di cui uno ha visto trionfare Ennio Morricone nella categoria miglior colonna sonora originale. Il cast è formato da Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Walton Goggins, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, Demian Bichir, Zoe Bell, Dana Gourrier, James Parks, Channing Tatum, Gene Jones, Keith Jefferson, Craig Stark, Belinda Owino, Quentin Tarantino. Di seguito la trama e la recensione di The Hateful Eight, film distribuito nel 2015.

La trama di The Hateful Eight, ottavo film scritto e diretto da Quentin Tarantino

Di seguito la trama di The Hateful Eight, l’ottavo film scritto e diretto da Quentin Tarantino: 

 

“Sono passati pochi anni dalla fine della Guerra di secessione americana. Immersa nel paesaggio gelido del Wyoming, la diligenza di O.B. Jackson (James Parks) si dirige verso la città Red Rocks. A bordo della carrozza ci sono il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell) e la famigerata latitante Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh), la cui taglia ammonta a 10.000 dollari. Ruth ha intenzione di consegnare la criminale e accaparrarsi il bottino, ma teme che i membri della banda di Daisy siano in agguato nell’ombra. Lungo la strada la diligenza incontra il maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), ex soldato di colore ora divenuto cacciatore di taglie.

 

Sebbene sia molto diffidente, Ruth permette a Warren di salire sulla carovana dal momento che anche l’uomo è diretto a Red Rocks per discutere delle taglie. Poco dopo il gruppo si imbatte nel rinnegato Chris Mannix (Walton Goggins), che scorta la carovana sostenendo di essere il nuovo sceriffo della città. Ruth e Warren non sembrano inclini a fidarsi di Mannix, ma le circostanze li obbligano a condividere il viaggio con il fantomatico sceriffo. Colti da un’improvvisa bufera di neve, i viaggiatori sono costretti a sostare presso l’emporio di Minnie.

 

Al posto della cordiale proprietaria, tuttavia, ci sono quattro uomini: il messicano Bob (Demian Bichir), il boia Oswaldo Mobray (Tim Roth), il cowboy Joe Gage (Michael Madsen) e il generale confederato Sanford Smithers (Bruce Dern). La presenza di nuovi possibili complici di Daisy irrita molto Ruth, che cerca l’appoggio di Warren. Quest’ultimo, tuttavia, ha un conto in sospeso con Smithers e inizia a provocarlo apertamente per avere la sua vendetta. Qualcuno, intanto, sta approfittando della tensione e del trambusto generato dal cacciatore per raggiungere il suo losco scopo.”

Ecco la trama e la recensione di The Hateful Eight, ottavo film scritto e diretto da Quentin Tarantino

La recensione di The Hateful Eight: l’ottavo film di Tarantino è un congegnato mix di western e thriller

Arrivato al suo ottavo film, ancora una volta scritto e diretto da Quentin Tarantino, il regista statunitense dà vita ad un’opera estremamente autoreferenziale e meno anarchica nel suo tentativo di mescolare generi e omaggi cinematografici qua e là per la Storia. Le immagini iperrealiste mosse dagli otto “odiosi” personaggi protagonisti di The Hateful Eight, cavalcano l’onda della spettacolarizzazione della violenza: il sangue, il sudore, il veleno, sono elementi prioritari in un racconto claustrofobico ma che manca di reale inventiva. Il cinema di Tarantino è anche verboso, oltre che spettacolare, e qui i dialoghi citano direttamente altri film passati dello stesso regista (tra cui l’appena precedente Django Unchained). Le parole diventano la chiave del grottesco, fungono da collante tra un gesto aggressivo e una minaccia fisica, fornendo il vero motore d’azione. C’è tanta tensione nell’aria, e sarà un crescendo dall’inizio fino alla fine; nessuno può fidarsi di altre persone, e questo inciso è chiaro sin dall’incipit. 

 

Tarantino sembra aver raggiunto qui una consapevolezza ormai consolidata, tanto da rivolgersi al suo pubblico sicuro di mostrare dei dettagli dedicati perlopiù ai fan − le caramelle a precedere uno scontro come in Kill Bill vol. 1 e Django Unchained − nonché la tanto attesa violenza come fulcro per un divertimento assicurato. Anche i temi tanto cari al regista sono presenti, ad esempio la vendetta e la destrutturazione del tempo per imprimere alla narrazione un percorso deviato ma allo stesso tempo ancor più ricco di sfaccettature e punti di vista. Se quest’ultimo però in Jackie Brown e in Pulp Fiction riesce ad avere un impatto funzionale e addirittura teorico, così come la suddivisione in capitoli in Bastardi senza gloria, in The Hateful Eight i sei capitoli con tanto di voice over dello stesso Tarantino non hanno gli stessi valori poiché mancano incisività e creatività, in favore di un’estetica e una narrazione truffaldina. Tra i pregi però non ci può esentare dall’elogiare l’incredibile lavoro svolto dal regista per dirigere gli otto attori qui presenti, delle stelle a tutti gli effetti in grado di ammaliare il pubblico come degli imbonitori esperti. Lo stesso dicasi per Tarantino, il quale riesce − anche nel peggiore dei casi − a valorizzare il comparto registico e fotografico affascinando e coinvolgendo lo spettatore, che perciò non potrà fare a meno di prestare attenzione al racconto. 

 

Che l’autore americano avesse dimostrato nel tempo di essere un amante del western “deformato” e delle sue declinazioni italiane è un dato di fatto, ma qui un’iniziale facciata classicista finisce con l’abbracciare delle fortissime sfumature da thriller, citando Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, e rendendo l’atmosfera cupa e claustrofobica. La durata di circa 165 minuti in una sola location è anch’essa frutto di un progetto volto all’eccesso in tutte le sue caratteristiche, dai dialoghi volutamente rozzi fino ad arrivare allo splatter in cui si mostrano testicoli colpiti da proiettili, del caffè avvelenato che uccide lentamente due uomini i quali vomitano sangue a più riprese, così come la costante attesa di una sparatoria. Nessuno è davvero chi dice di essere, e non è un caso che lo stesso Tarantino abbia rivelato di aver pensato a La Cosa (1982) di John Carpenter per dimostrare come un gruppo di uomini virili debba affrontare le ostilità di un organismo femminile il cui scopo è la sola sopravvivenza

Ecco la trama e la recensione di The Hateful Eight, ottavo film scritto e diretto da Quentin Tarantino

La gestione del tempo in The Hateful Eight

Uno degli elementi che penalizzano The Hateful Eight è la gestione del tempo della narrazione. Il film sembra lineare per circa 2 ore, dove i dubbi riguardo l’identità dei vari personaggi vengono discretamente immessi nella mente dello spettatore; il racconto sceglie di spogliarsi delle immagini facendo esclusivo affidamento sulle parole, donando un’aura più teatrale che cinematografica. Il montaggio, che ha fatto scuola in Pulp Fiction, qui viene meno per dar modo ai personaggi di simulare la realtà distorcendo quest’ultima attraverso la percezione individuale di chi è in scena, ragion per cui non si conoscerà la verità a riguardo. L’esempio più eclatante in tal senso, è la storia raccontata dal Maggiore Marquis sulla sua uccisione del figlio del generale Smithers. Ogni tanto escono fuori dalla bocca di qualcuno delle nuove informazioni, ma non se ne conosce l’effettivo realismo, ma lo scopo del regista è presto chiaro: sorprendere lo spettatore.

 

Successivamente agli eventi segnati da aggressioni, minacce e morte per persone le quali non hanno atteso altro che un effimero pretesto per premere il grilletto, prendendosi la soddisfazione della personale ragione e della crudeltà inflitta all’altro. La scena finale è un vero e proprio flashback la cui intenzione è spiegare accuratamente sia le motivazioni dei personaggi che le vicende precedenti all’ingresso nell’emporio. Tuttavia, è questa ricerca forzata del sensazionale a risultare stucchevole e affievolita, essendo anche una sequenza di circa 25 minuti, depotenziando un qualsivoglia senso politico (come vi era in Django Unchained), storico-artistico (come in Bastardi senza gloria) o spettacolare (come in Kill Bill).

 

L’epilogo di The Hateful Eight è fin troppo raffazzonato, studiato a tavolino e spoglio di motivazioni analitiche più profonde riguardanti, ad esempio, la figura della donna e il Maggiore di colore nel lontano west. Il grado di angoscia e tensione, nonché una giocosa spettacolarizzazione della violenza dedita all’intrattenimento, non servono a elevare un film eccessivo, autoreferenziale e senza reali intenzioni di (ri)scrivere la Storia.

Voto:
3.5/5
Andrea Barone
4.5/5
Andrea Boggione
5/5
Gabriele Maccauro
3.5/5
Alessio Minorenti
3.5/5
Matteo Pelli
4.5/5
Paola Perri
4/5
Vittorio Pigini
5/5
Bruno Santini
4/5
Giovanni Urgnani
4/5
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