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Recensione – The Munsters: un Rob Zombie totalmente anomalo, divertente e divertito

Si vive in un periodo cinematografico in cui inizia a diventare quasi obbligatorio per i vari registi ripercorrere la propria infanzia attraverso le loro pellicole. Ne fuoriescono prodotti che regalano grande cinema – come l’ultima recente fatica di Steven Spielberg con “The Fabelmans” – ed altri che invece, decisamente meno riusciti, risultano quasi esclusivamente come un personale ed egoistico modo di raccontare la propria storia. Poi c’è chi – come per l’ultimo film del regista, sceneggiatore e musicista statunitense Rob Zombie – si pone, per un motivo o nell’altro, nel mezzo. Distante anni luce dagli altri suoi film, “The Munsters” è il 10° lungometraggio prodotto, scritto e diretto da Zombie, ma è una vera e propria mosca bianca cadaverica all’interno della sua spietata, violenta e sanguinolenta filmografia. Il film è infatti una spassionata lettera d’amore all’omonima sitcom americana degli anni’60 che vede protagonista la famiglia Munster, molto popolare in patria e che ha accompagnato l’infanzia dello stesso regista. Di seguito la recensione di “The Munsters”, ultimo film di Rob Zombie disponibile su Amazon Prime Video a pagamento.

La trama di The Munsters, di Rob Zombie

Lo scienziato pazzo Dr. Wolfgang e il suo assistente gobbo Floop passano tomba tomba per cercare parti del corpo di personaggi illustri, al fine di poter assemblare una nuova mostruosa creazione.
Invece di quello di un noto astrofisico, considerato l’uomo più intelligente del mondo, accidentalmente Floop si impossessa del cervello del fratello comico e non tanto sveglio. Non accortosi dell’errore, il Dr. Wolfgang dà vita alla creatura, non riuscendo però a controllarla come vorrebbe. Ci riesce invece Floop che, avendo notato capacità nel mondo dello spettacolo della creatura, inizia a sfruttarla come cantante ed intrattenitore, dandogli il nome di “Herman Munster”.

 

Contemporaneamente, per vendicarsi del Conte ex marito, la cartomante Zoya ricatta il figlio lupo mannaro Lester: dato il suo ingente debito verso di lei, quest’ultimo dovrà costringere il Conte a vendere il suo castello in Transilvania, con l’obiettivo di costruire un parco a tema e poter mandare l’ex-marito per strada.
In questo castello vivono infatti il Conte vampiro e la sua figlia di 150 anni Lily, sofferente per la continua ricerca dell’amore dopo che, anche il suo ultimo appuntamento con il Conte Orlok, è stato un totale fallimento. Una sera, nel castello la famiglia assiste allo spettacolo televisivo “Good Morning Transylvania”, con il presentatore che annuncia al pubblico il nuovo showman Herman Munster. Mentre il Conte è infastidito dalla figura rozza e senza aristocratica eleganza, Lily è invece affascinata da Herman per la sua singolarità e decide di andare a conoscerlo. Tra i due sboccerà l’amore, ma dovranno affrontare anche diverse spiacevoli situazioni.

Recensione di The Munsters, di Rob Zombie: dall’odio e violenza tra gli umani, all’amore tra i mostri

Una love story tra un uomo dello spettacolo e una donna in cerca di un marito, i quali devono superare gli ostacoli dell’indignazione sociale ed addirittura questioni legali. Ma cosa c’entra il regista sanguinario di “La casa dei 1000 corpi” del 2003, “Halloween – The Beginning” del 2007 e “Le streghe di Salem” del 2012 in tutto questo? Assolutamente niente, o almeno non di primo approccio. “The Munsters” è infatti un’anarchica produzione che si allontana completamente da tutta la filmografia del regista americano, marchiata solitamente a sangue da violenza e spietatezza. Questo è sì un film gotico, ma che narra appunto una storia sentimentale, romantica e con spiccati toni umoristici, tanto da farne diventare quasi una parodia del genere. “The Munsters” è infatti una peculiare commedia fantasy-horror prodotta, scritta e diretta da Rob Zombie, che decide di riprendere ed omaggiare spassionatamente l’omonima sitcom per famiglie degli anni ’60 (molto amata in patria, ma anche e soprattutto dallo stesso regista, nonostante a vincere la gara di popolarità sarà la simile ed antecedente “Famiglia Addams”), con la narrazione che si svolge nel film prima degli eventi della serie. Il regista dell’Haverhill aveva idea di realizzare una vera e propria origin story della serie, a cui era particolarmente legato, già prima del suo esordio cinematografico nel 2003 e finalmente, dopo vari rimandi, il film ha potuto vedere la luce: una luce al neon che si alterna al ritmo di twist e glam rock.


Una mosca bianca cadaverica nella filmografia del regista americano, ma che comunque rimane all’interno della stessa. Nonostante infatti la base da commedia romantica, il surrealismo fiabesco e la palette cromatica particolarmente satura (il regista avrebbe voluto realizzare il film in B/N, ma la produzione negò la scelta, con Zombie che allora decise di strafare con il colore), “The Munsters” presenta molti tratti distintivi delle precedenti opere del regista. Pur continuando a schizzare ironiche gag visive e nei giochi di parole, raccontando un amore appassionato che nasce, torna come negli altri film una certa fascinazione verso i “mostri” e verso un Male seducente, soprattutto se questo fascino viene ulteriormente spinto da (citando le opere passate del regista) strategie politico-economiche dannose, centri di recupero inefficienti e false istituzioni religiose. Ciò che guasta qui la festa ai Munsters non è altro che l’istituzione del matrimonio stessa e l’infida burocrazia legale, che di fatto fanno perdere loro la propria casa (anche in senso metaforico) per renderli indifesi in un territorio ostile, con l’illusione che potesse essere accogliente giusto per una sera e con Zombie che ancora cerca riparo nella Notte di Halloween, dove tutti sono Munsters.

Recensione di The Munsters: l’esperimento e l’omaggio divertono, ma Zombie è chiamato a tornare all’orrore vero

Un film che presenta non pochi problemi soprattutto per quanto riguarda la scrittura di alcuni sviluppi narrativi (molti elementi trattati con troppa superficialità) e il montaggio che rende forse eccessivi i 110′ di durata, con Zombie che – ha voluto sì omaggiare la propria infanzia, concesso – dovrebbe tornare a far terrorizzare il suo pubblico.


Molti difetti, ma anche una produzione coraggiosa che gode di uno stile decisamente accattivante.
Nonostante i forti richiami anche al grande cinema di genere – specialmente nelle opere di James Whale e Werner Herzog – in “The Munsters” Zombie rimane ad omaggiare il prodotto e mezzo televisivo non solo dal punto di vista tecnico (tanto dal lato estetico, quanto nelle varie scelte di ripresa o di stacco), ma anche nello spirito. La sceneggiatura scritta di consueto dallo stesso regista incastra dialoghi bizzarri da sitcom in vicende ancor più surreali, riuscendo a ricreare uno humor volutamente e fortemente sopra le righe per far abbracciare la commedia horror romantica allo stampo parodistico. Passando dalla creazione di Herman – che strappa un gioioso sorriso per l’omaggio all’evergreen “Frankenstein Junior”- al Conte Orlok che, invece di mostrare foto di gatti, cerca di fare colpo su una donna con quelle dei propri ratti della Peste Nera, il surrealismo di determinate sequenze è infatti davvero comico. La messa in scena poi è particolarmente ricercata, attraverso un egregio lavoro in particolare su costumi e scenografie, le quali vengono enfatizzate dall’ottimo utilizzo della fotografia che accende – con colori particolarmente vivi e saturi – forti luci al neon dominate dal rosso, dal verde e dal blu.


Nella totale e personale produzione di una sua opera, Rob Zombie non manca ancora una volta di coinvolgere i propri fedeli collaboratori, uno su tutti l’inseparabile moglie Sheri Moon Zombie (Baby Firefly nella trilogia iniziata con “La casa dei 1000 corpi” e la Heidi protagonista in “Le streghe di Salem”), che con il personaggio di Lily regala un’altra prova affascinante e convincente. Accanto alla regina ruotano i personaggi del Conte – padre tanto affettuoso quanto irritabile e sarcastico – e quello del marito Herman – un grande cuore che bilancia un inesistente cervello – interpretati rispettivamente con dedizione da Daniel Roebuck (“Halloween II”) e Jeffrey Daniel Phillips (“31”). Tra i fedeli collaboratori di Rob Zombie, rientra in questo caso anche il mixer e compositore Zeuss (“3 From Hell”). Un processo creativo a due tra musicisti amici ed amanti del genere che è finito per realizzare una spassosa ed anarchica colonna sonora che varia dal twist al glem rock, con qualche stoccata techno e psichedelica: da “Dragula” a “It’s Zombo” il passo è breve.

Valutazione
3.5/5
Andrea Barone
3/5