Nel 1950 il maestro Billy Wilder firma uno dei primi e più bei film hollywoodiani sul divismo: “Viale del tramonto”, in originale “Sunset Boulevard”, con Gloria Swanson nell’iconico ruolo di Norma Desmond, e William Holden nel ruolo di Joe Gillis.
Nonostante la sua potente diffusione, l’immagine del divo è generalmente effimera. “Viale del tramonto” è ambientato in una villa del Sunset Boulevard (a cui si deve il titolo), il viale in cui i divi degli anni venti costruivano le loro ville sontuose e immense. In questa dimora splendida, immensa ma fatiscente, tanto che sembra abbandonata, vive sepolto un relitto dei giorni grandiosi del cinema muto, ovvero di soli trent’anni prima, ma sepolto lì come se fosse dimenticato da molti secoli. Si tratta di Norma Desmond, l’attrice in declino, magnificamente interpretata da Gloria Swanson, la più famosa diva degli anni venti, che realmente, come Norma, era sopravvissuta al suo mito, abbandonata e dimenticata. Norma Desmond è tuttavia così affascinante che un giovane sceneggiatore disoccupato e pieno di debiti non può sottrarsi al suo potere sublime e funereo. Scappato per nascondersi ai creditori e nascosto nella villa, Joe Gillis diventa il mantenuto della vecchia signora e perde ogni contatto con il mondo del lavoro e con la realtà esterna. In questa discesa nel regno dei morti incontra però i grandi relitti di un glorioso passato, come Buster Keaton, che viene la sera per giocare a carte, ed Erich von Stroheim, che fa da maggiordomo alla “grande” Norma. E soprattutto scopre la grandezza del cinema muto e del primo piano, l’infinità possibilità di espressione, al contrario del cinema sonoro, invaso dalle più banali parole, e lo spettatore la scopre con lui: “Non avevamo bisogno di parole, avevamo dei volti!” gli dirà Norma, durante una proiezione del suo leggendario film, “Queen Kelly” (di Erich von Stroheim, 1928), un capolavoro che Joe neppure conosce. In aggiunta possiamo notare come da buona diva quale è, Norma, avrà anche la compagnia di una scimmietta solo per ostentazione e per il gusto di possedere qualcosa di esclusivo, caratteristica da capricciosa.
“Viale del tramonto” è quindi un film di affascinante ambiguità, che mostra gli orrori del divismo e nello stesso tempo della sua grandezza. Emblematica in tal senso la scena in cui Norma/Gloria sta sul divano circondata dalle sue fotografie di un tempo: la diva vede e conosce sé stessa, e per lei il tempo non passa. E da questa discesa agli inferi, Joe non uscirà vivo. Norma ucciderà il giovane che la vuole abbandonare per ritornare nel mondo dei vivi e, divenuta pazza, viene portata via dagli infermieri, mentre crede invece di andare in studio a girare il suo primo piano. E il film termina appunto sul primissimo piano del suo volto orribilmente disfatto. La narrazione ha anche una struttura del tutto insolita, con una prospettiva temporale assurda poiché inizia con un racconto in prima persona fatto da morto. Ma in questo caso il paradosso del morto che parla aveva una sua giustificazione poetica poiché il film era un grande monumento al cinema del passato, un viaggio con il cinema che parla di cinema, un cast d’eccezione scelto appositamente per parlare di una realtà attraverso un flusso di coscienza partito da un personaggio inventato (e morto), succube delle manie di grandezza. Inoltre questo capolavoro wilderiano sarà la base dalla quale partirà il nostro amato David Lynch per sviluppare il suo personalissimo punto su Hollywood con “Mulholland Drive”.
In conclusione, possiamo affermare che il divo è un personaggio che ricorre sempre uguale, un’immagine; l’attore invece mette in gioco tutta la sua professione, lo studio e la ricerca espressiva, crea personaggi sempre nuovi e diversi. Spesso tuttavia alcuni attori furono divinizzati, indipendentemente dalle loro interpretazioni, con accantonamento delle loro reali capacità a vantaggio della sola immagine. Una conseguenza è che i divi sopravvivono molto spesso al crollo della loro immagine, e rimangono abbandonati, autentiche reliquie. “Viale del tramonto”, per questa ragione, resta nella storia del cinema per come riesce a dipingere uno spaccato di cinema e di umanità… non a caso è di Billy Wilder!