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Recensione – Hellboy – The Golden Army: un brillante cinecomic d’autore per Del Toro

Il settimo film scritto e diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro è sorprendente cinecomic capace di amalgamare a pieno l’autorialità del suo regista e la spettacolarizzazione “commerciale”, diventando uno dei migliori esempi per il genere.
La recensione del cinecomic di Del Toro Hellboy The Golden Army

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Hellboy: The Golden Army
Genere: azione, fantascienza, fantastico, avventura
Anno: 2008
Durata: 119 minuti
Regia: Guillermo Del Toro
Sceneggiatura: Guillermo Del Toro
Cast: Ron Perlman, Selma Blair, Doug Jones, John Alexander, Luke Goss, Anna Walton, John Hurt, Jeffrey Tambor
Fotografia: Guillermo Navarro
Montaggio: Bernat Vilaplana
Colonna Sonora: Danny Elfman
Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Riprendendo l’iconico personaggio apparso per la prima volta su schermo con il precedente film del 2004, “Hellboy: The Golden Army” è il 7° lungometraggio scritto e diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro, che torna dietro la macchina da presa subito dopo il grande successo riscontrato per “Il Labirinto del Fauno”. Ecco di seguito la recensione di Hellboy: The Golden Army.

Ron Perlman e Doug JOnes in Hellboy The Golden Army recensione

Hellboy – The Golden Army: la trama del film di Del Toro

Il film di Guillermo Del Toro che riporta su schermo il Red di Ron Perlman si apre nel passato, precisamente la notte di Natale del 1955, quando un Hellboy ancora ragazzo ascolta con meraviglia i racconti del padre in merito ad una leggendaria guerra tra umani e creature mitologiche, conclusa infine con la pace tra i due mondi. Tuttavia, questa in realtà non è frutto di fantasia. Il Principe Nuada infatti, figlio del re degli elfi che stipulò la pace con gli umani (alla quale, lo stesso principe, fu fortemente contrario e costretto all’esilio), ha fatto ritorno nel presente, determinato a risvegliare quel potere che, nell’antica guerra, annientò l’esercito degli umani.

 

Tuttavia, per riuscire nel suo intento il Principe ha bisogno di trovare i frammenti che compongono la Corona Reale, essenziale per attivare la leggendaria Golden Army: uno è stato infatti donato agli uomini, mentre gli altri due sono in possesso di suo regale padre e di sua sorella, la Principessa Nuala. Addentrandosi in un mondo leggendario, Hellboy dovrà combattere Nuada ed impedire che il suo piano raggiunga il suo scopo, ovvero eliminare la razza degli umani.

Hellboy – The Golden Army, la Recensione: cos’è che fa di un uomo un uomo?

Hai più cose in comune con noi che con loro, potresti essere un re. Ma se non sai comandare… allora devi obbedire!
Il cuore di questa sentenza scagliata dal villain all’eroe tormentato del film, al termine di una spettacolare esecuzione, potrebbe in sé racchiudere l’ambiguità che viene infusa nel settimo film di Guillermo Del Toro, se non della sua intera filmografia. Quel “hai più cose in comune con noi che con loro” afferma l’anima scissa in due di Red, metà creatura demoniaca e metà bambinone che ama i gattini e la birra; una scissione forse mai così incisiva in un personaggio di una filmografia, come quella del regista messicano, che in via prioritaria scandaglia l’anima profonda di mostri ed umani, finendo inevitabilmente per confondere di quale guscio vuoto si tratti. In “Hellboy: The Golden Army” Del Toro riversa, nel personaggio interpretato da Ron Perlman, la sua introspettiva e mostruosa umanità, portando avanti la sua personale filosofia artistica quasi interamente immerso in un mondo esteticamente distante da quello reale ma, in fin dei conti, non così tanto: e allora occorre rispondere, ora più che mai, alla domanda “cos’è che fa di un uomo un uomo?”.

 

Sempre più difficile per Red trovare una delucidazione a questo interrogativo, soprattutto se si ritrova a combattere un villain di questo calibro. Per uno dei migliori cinecomic mai realizzati, il nemico dell’eroe non poteva che essere infatti altrettanto importante, causa ed effetto della grandiosa riuscita del film. Interpretato da Luke Gross (già collaboratore con Del Toro per “Blade 2”), il personaggio del Principe Nuada ha una potenza espositiva a dir poco ammaliante che, nel suo essere principe mitologico, si mostra particolarmente umano nel venire mosso orgogliosamente dal proprio ideale di una guerra giusta e necessaria per il proprio popolo. Determinato e spietato ma, soprattutto, sofferente ed amorevole verso la propria famiglia, tanto nella fondamentale carezza concessa al padre subito dopo avergli piantato una spada nel cuore quanto nel rapporto con la sorella Nuala. Davanti ad un personaggio imperiale del genere, tra abilità di combattimento e carisma da vendere, Hellboy è quasi intento ad arrendersi alla propria natura di Demone… ma cos’è che fa di un uomo un uomo? Alla fine sono proprio le sue scelte, gli affetti che decide di custodire verso i propri cari, la consapevolezza che c’è qualcuno da proteggere e a cui volere bene, un padre, una sorella, un’amante, degli amici: il Ragazzo Infernale in fondo è umano, così come lo stesso Principe elfico, è umano l’orco che per bambino ha un adorabile tumore, è umano lo spettrale professor Johann Krauss che manda “al diavolo le regole” per salvare la propria squadra; mentre, ad essere i veri mostri, sono sempre quegli umani razzisti verso la diversità, guerrafondai, avari e nascosti dietro le loro corrotte istituzioni.

Hellboy – The Golden Army, la Recensione: un immaginifico Del Toro costruttore di mondi

Benvenuti al Mercato dei Troll!
Se l’idea balenò già in testa con il film del 2004, con la riproposizione di Hellboy sul grande schermo si ha definitivamente la certezza di come il personaggio rappresenti la mascotte perfetta della filmografia di Guillermo Del Toro. Un personaggio comunque nato dall’immaginario fumettistico di Mike Mignola e allora, oltre alla profonda e sconquassante poetica d’autore del suo regista, la visione non può certamente fallire anche sul piano dell’intrattenimento ed estetica del cinecomic. Partendo dal primo fattore, l’avventura in salsa fantasy-action viaggia spedita non solo grazie all’elaborato montaggio di Bernat Vilaplana (che impartisce al racconto una fluida consequenzialità scenica), ma anche per l’intelligente sceneggiatura che cura tanto le sequenze action quanto, soprattutto, la travolgente ironia.

 

Portando avanti le acrobazie a suo tempo già provate durante lo sviluppo di “Blade 2”, Del Toro infatti incrementa sì la dose di azione e combattimenti nel suo film, ma appunto riesce a coinvolgere grazie ad una sfrenata comicità, soprattutto nel sbeffeggiare il proprio protagonista. Con la complicità del grande caratterista Jeffrey Tambor e con la new entry del professore tedesco, i siparietti tra Red e la sua squadra riescono sempre a strappare molte risate, ma dove la spalla predefinita rimane sempre l’anfibio Abe interpretato da Doug Jones, per una mescolanza fraterna tra rosso e blu, fuoco ed acqua o, meglio, birra. Una sequenza in particolare di “Hellboy: The Golden Army” è in tal senso infatti pura magia espositiva su schermo. Questo quando, presi dai crampi del cuore, Red e il suo viscido amico si abbandonano a cantare “Can’t smile without you” di Barry Manilow (che si unisce alla spettacolare colonna sonora composta da Danny Elfman), tanto emozionati quanto ubriachi ed eccezionale come, la scena in questione patetica nel vero senso della parola, anticipi una fondamentale sequenza di rottura narrativa del film.

 

Azione e divertimento, ma il costruttore di mondi Guillermo Del Toro non manca mai di mostrare su schermo il suo visionario cinema, specialmente dal punto di vista fotografico e scenografico. Attingendo infatti dalla passione per Tolkien e Lovecraft, il regista dà libero sfogo al suo genio creativo attraverso la costruzione di mastodontiche e magniloquenti scenografie che respirano fantasy a pieni polmoni: su tutti ovviamente il Mercato dei Troll, ma anche la sala dove riposa l’Armata e l’incontro con l’Angelo della Morte rimangono visivamente sensazionali. Una complessità tecnica, nella realizzazione del comparto estetico-visivo, che può contare sempre sul leale collaboratore del regista e direttore della fotografia Guillermo Navarro, fresco vincitore del premio Oscar con “Il Labirinto del Fauno”. Una collaborazione necessaria tra i due che, anche in questo film, riversa un gusto espositivo artisticamente riconoscibile e (al solito) funzionale al narrato, con le manipolazioni della scienza che si scontrano con la magia in un valzer cromatico di tonalità bluastre e dorate, tenute insieme da un rosseggiante legame sanguigno.

 

Insomma, il settimo lungometraggio scritto e diretto rappresenta, per il regista messicano, l’opera perfetta per la sua filmografia, punto di congiunzione tra umani e mostri, mondo fantastico e reale, cinema hollywoodiano d’intrattenimento e d’autore. Una messa in scena formidabile che esalta l’intelligente sceneggiatura capace di far divertire lo spettatore e scandagliare la profondità d’animo dei suoi personaggi finemente caratterizzati, tra i quali spicca l’epica tanto del suo antieroe protagonista quanto di un villain potente come il Principe Nuada. Un’opera che, purtroppo, presenta il (solo) grande ed imperdonabile difetto di costituire il secondo tassello di una trilogia (ancora) incompiuta.

Voto:
5/5
Andrea Barone
4.5/5
Andrea Boggione
5/5
Christian D'Avanzo
4/5
Emanuela Di Pinto
4/5
Matteo Farina
4.5/5
Matteo Pelli
5/5
Giovanni Urgnani
4.5/5
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