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Hellboy – la Recensione: un cinecomic spettacolare, profondo e divertente

Quella che può essere tranquillamente individuata come la mascotte dell’intero cinema del cineasta messicano è protagonista del suo quinto film, nonché uno dei migliori cinecomic non solo del suo periodo storico.
La recensione del film del 2004 Hellboy diretto da Guillermo Del Toro

In attesa del nuovo reboot del personaggio, ispirato all’omonima opera fumettistica di Mike Mignola “Hellboy” del 2004 è il quinto lungometraggio del regista messicano Guillermo Del Toro, nonché suo secondo cinecomic dopo “Blade 2“, che porta per la prima volta sul grande schermo l’iconico personaggio di Red, interpretato qui da Ron Perlman.

Hellboy del 2004 interpretato da Ron Perlman

Hellboy: la trama del cinecomic di Guillermo Del Toro

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i servizi segreti nazisti attraverso il loro alleato russo, il malefico stregone Grigorij Rasputin, stanno portando avanti un misterioso rituale col fine di dominare il mondo. Da questo si aprirà infatti un portale verso l’aldilà, ma gli Alleati irrompono ed impediscono che il procedimento possa compiersi nella sua totalità, facendo risucchiare Rasputin nel portale e facendo fuggire i suoi compagni. Il soldato Trevor “Broom” Bruttenholm, tuttavia, intuisce che dal portale possa essere uscito qualcosa, e così viene trovato un mostruoso cucciolo, una creatura simile ad un diavolo che il plotone battezzerà col nome di Hellboy.

 

Decenni dopo, Broom diviene un noto professore per il B.P.R.D., un istituto di ricerca al quale interno operano paranormale ed occultismo. Il giovane agente dell’FBI John T. Myers viene incaricato proprio dal professore di essere il nuovo assistente di Hellboy, nel frattempo cresciuto e diventato un agente di spicco per l’Istituto, nonostante il suo carattere estraniante. L’improbabile squadra di eroi, alla quale si aggiunge anche la creatura anfibia Abe, dovrà fronteggiare il ritorno di Rasputin, intenzionato a portare a termine la sua vendetta ed il suo piano di dominio del mondo.

Hellboy – la Recensione: la mascotte del cinema di Del Toro entra gloriosamente in scena

<<Cos’è che fa di un uomo un uomo? Forse le sue origini? Il modo in cui nasce alla vita? Io non credo. Sono le scelte che fa.>>

 

Dopo il grande successo registrato per il suo “Blade 2”, Guillermo Del Toro torna al mondo dei cinecomics per un progetto più personale per la sua filmografia autoriale e prende contatti con il noto fumettista Mike Mignola. Questo è infatti autore per la casa editrice Dark Horse Comics del celebre personaggio di “Hellboy”, creato proprio nel 1993, ovvero l’anno di uscita dell’opera prima del regista messicano per un delizioso scherzo del destino che accompagnerà la carriera del cineasta di Guadalajara. Il demoniaco personaggio di Red è infatti perfetto per rappresentare al meglio l’intera filmografia del regista de “La forma dell’acqua” e “Il labirinto del fauno”: direttamente dall’Inferno, il regista mostra un bambinone eroe ed infantile, divertente e divertito, dal cuore grande ma pur sempre l’incarnazione di Satana sulla Terra.


A conti fatti, il Red di Ron Perlman è una delle rappresentazioni più pure e complete della figura dell’antieroe che si possano vedere sul grande schermo, un diavolo dalle vesti umane che, in attesa di distruggere il mondo, si impegna e concede tutto sé stesso per poterlo salvare, impersonificando i vizi di una razza (quella umana) che, forse, nemmeno gli appartiene fino in fondo. Del Toro infatti riprende in “Hellboy” i temi drammatici ed intimisti assaporati nel precedente lungometraggio sul Diurno cacciatore di vampiri interpretato da Wesley Snipes, con la logorante lotta dell’eroe contro le forze del male e, soprattutto, contro sé stesso, per un viaggio interiore del protagonista nel scoprire chi è davvero. L’ambiguità del quinto film di Guillermo Del Toro mostra un Red che è Satana, sporco, maleducato, ubriacone, ma anche impacciato con la ragazza per cui ha una cotta, amante dei gattini ed eterno ragazzino nell’affrontare le proprie avventure, non perdendo la sua peculiare magia anche davanti al mostro più spaventoso. Red si sforza di essere umano a tutti i costi, anche se gli altri della sua “nuova razza” lo emarginano a causa della sua mostruosa diversità: ma cos’è che fa di un uomo un uomo?


Rinfoltendo la dose esistenziale del suo precedente film (che sarà ulteriormente amplificata all’ennesima potenza nel prossimo capitolo di Hellboy), Del Toro realizza a tavolino una sceneggiatura concisa, perfettamente equilibrata e sentita specialmente nella caratterizzazione non solo del suo diavolo eroe protagonista, ma riesce anche abilmente ad incasellare un tono ironico ed al limite del parodistico davvero di altissimo livello, soprattutto per il ritmo della narrazione. Portando infatti su schermo nuovamente il suo tema della mostruosità umana e dall’umanizzazione del mostro, il regista messicano realizza un cincecomic con la C, mixando con mirabile capacità la componente action e del divertimento fumettistico alla profondità della sua autoriale filmografia, regalando un personaggio iconico che perfettamente ne incarna anima e spirito.

Hellboy – la Recensione: un cinecomic divertente, profondo e spettacolare

Portando nuovamente su schermo la sua peculiare autorialità cinematografica, Del Toro realizza quindi un cinecomic che potrebbe andare ben oltre la “semplice” spettacolarità su schermo, con una profondità tematica ed uno sviluppo narrativo che, tuttavia, non vanno a segno fino alla fine, fermandosi comunque decisamente a buon punto. Lo “scolaresco” rapporto sentimentale tra Red e Liz, il tormentato conflittualismo interiore del Diavolo rosso e gli snodi di trama – spesso fin troppo a livelli – tengono il livello di guardia di “Hellboy” di medio alto livello, ma senza convincere ed emozionare nella sua completezza. Un risultato, tuttavia, che viene solo rimandato a qualche anno.


Se appunto l’anima di questo cinecomic, in termini analitici e di trama, presenta caratteri quasi di equiparazione con altri (non molti) colleghi del genere, la sua veste e la sua dinamicità è intrattenimento puro ed esaltante. Il ritmo di montaggio perennemente incalzante e la splendida colonna sonora di Marco Beltrami (“Logan – The Wolverine”, “Snowpiercer”) danno slancio alla falcata del Diavolo protagonista nell’epica guerra contro le forze del male. Un male questo profondamente esoterico, dall’altissima energia lovecraftiana e dal fantasy essenziale, sprigionato da una visionaria messa in scena tanto nella ricostruzione scenografica quanto soprattutto nell’ideazione del character design. La mano del regista messicano dietro la macchina da presa permette di mettere a segno sequenze anche dalla forte componente orrorifica, quel fantasy-horror inscindibile nella filmografia dell’autore, accompagnando la tensione all’adrenalinica suggestione degli svariati momenti action dal grande impatto.

 

Ma al di là della spettacolarità e delle fiabesche tinte del brivido fantastico, il quinto lungometraggio di Guillermo Del Toro colpisce e conquista specialmente con la sua proverbiale ironia che, sostanzialmente, ruota quasi sempre appunto attorno al suo ambiguo ed improbabile antieroe protagonista. Quasi magnetica la capacità del regista messicano di descrivere la sua irresistibile squadra, ammantando i nostri eroi di una chimica travolgente di amore e odio, nella quale anche e soprattutto la sinergia tra le prove attoriali trova qui libero sfogo. I battibecchi tra il Red di Ron Perlman e il burbero Manning di Jeffrey Tambor sono praticamente degni dei migliori buddy-movie, così come il rapporto simbiontico più che fraterno con lo stesso Abe di Doug Jones o il suo nuovo rivale in amore del giovane John Myers.


Insomma, cercando di portare sul grande schermo nuovamente la sua poetica d’autore, Del Toro con il film del 2004 pone le basi per uno delle sue opere migliori, presentando e descrivendo a dovere personaggi capitanati da una grande mascotte per il suo cinema. Un cinecomic che non perde la sua natura fumettistica dietro eccessive rielaborazioni autoriali (seppur fortemente incisive), ma restituisce appunto una visione fortemente spettacolare, dalle tinte dark del fantasy-horror e carico di travolgente ironia, un mix dannatamente efficace che lo rende un prodotto di alto prestigio soprattutto per il genere.

Valutazione
4/5
Andrea Boggione
4.5/5
Giovanni Urgnani
4/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Riccardo Marchese
3.5/5
Gabriele Maccauro
3.5/5
Matteo Pelli
3.5/5