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Recensione – Mimic: la fantascientifica trappola di Hollywood per Guillermo Del Toro

Il secondo film scritto e diretto dal regista messicano resta un horror-fantascientifico di degno interesse, ma intrappolato dalla gabbia di una produzione turbolenta.
Mimic recensione film Guillermo Del Toro

Quattro anni dopo il suo debutto cinematografico, il regista messicano Guillermo Del Toro torna dietro la macchina da presa con “Mimic”, quale horror fantascientifico che, dopo la figura del vampiro di “Cronos”, si avvicina – nello stile del suo regista – ad un altro Mostro Universal, ovvero quello di Frankenstein. Il primo film di Del Toro in terra hollywoodiana tuttavia si rivelerà una trappola produttiva. Ecco di seguito la recensione di “Mimic”, secondo lungometraggio di Guillermo Del Toro.

Mimic secondo film di Del Toro

Mimic: la trama del secondo film di Guillermo Del Toro

Gli scarafaggi di New York stanno diffondendo una letale epidemia che sta pian piano uccidendo i bambini della città. Gli scienziati non riescono a trovare un vaccino o una cura per poter debellare il virus, ma una coppia di loro (Susan e Peter) riescono a combinare il DNA di varie specie e creare una nuova razza, “Judas”, per uccidere direttamente gli scarafaggi della città il più velocemente possibile. Il piano riesce perfettamente e il virus viene sconfitto dalla coppia di scienziati che decidono anche di sposarsi.

 

Tuttavia, tre anni dopo Susan ritrova in metropolitana uno strano insetto che, una volta eseguiti i test, riconduce alla razza Judas, nell’incredulità della scienziata. La specie creata tramite l’ingegneria genetica venne infatti formata da soli esemplari femmina, prevedendo che la razza si estinguesse dopo la prima generazione e non potendo dunque essere, dopo 3 anni, ancora viva.
Ma questa nuova razza non solo risulta essere viva, ma risulterebbe essere anche particolarmente numerosa e sviluppata nelle zone suburbane della Grande Mela, nelle quali avrebbe dato vita a vere e proprie colonie. Come se non bastasse, lo sviluppo genetico sembrerebbe aver dato la capacità agli esemplari più adulti di prendere sembianze umane.

Mimic, la Recensione: un mostro di Frankenstein si aggira tra immigrati e senzatetto

Parzialmente ispirato all’omonimo racconto di Donald A. Wollheim, “Mimic” del 1997 è il secondo lungometraggio diretto da Guillermo Del Toro ed è sceneggiato da Matthew Robbins e dallo stesso regista messicano che, seguendo lo storico romanzo di Mary Shelley, dà vita alla sua Creatura assemblando omaggi al grande cinema di genere, l’attrazione di Del Toro verso il mostro e i reietti ed una critica socio-politica spiccata. Una Creatura che, inevitabilmente, finirà per “sfuggire” al suo creatore. Dopo infatti la sua prima esperienza con un lungometraggio, Del Toro ha ora un budget più che sufficiente per poter raccontare una storia di mostri sempre nel suo stile e, seppur continuando ad abbracciare il filone dei Mostri Universal, si concentra maggiormente sulla fantascienza omaggiando i grandi film di genere, passando da “L’invasione degli ultracorpi” ad “Alien”.

 

Il monster-movie del regista messicano esplicitamente affronta il tema della manipolazione genetica, della Creazione che sfugge al suo creatore, con il Judas che tradisce, si ribella, in una nuova versione del mostro di Frankenstein che si aggira nelle fogne e nella metropolitana di New York. Un’ombra che corre tra i cunicoli e i sottopassaggi di xenomorfa memoria, dopo essersi schiusa ovviamente dalla sua mostruosa covata e dopo aver indossato il suo mantello da Nosferatu per mimetizzarsi tra gli esseri umani, dei quali può rubarne le fattezze per ricoprire i propri baccelli alieni. Un mostro cinematografico quello messo in scena da Del Toro che, come sempre nella filmografia del regista, si arma e si compone di un’infinita e spassionata serie di omaggi e citazioni particolarmente attinenti al racconto che il regista vuole portare sullo schermo, quale decorazione per portare avanti la propria poetica d’autore e non il contrario.

 

Oltre infatti all’intrattenimento action, fantascientifico ed orrorifico di “Mimic”, che passa attraverso mostri insettoidi, indagini misteriose, splatter e tensione, il cinema di Del Toro va sempre dritto verso il sociale, portando in scena la sua sensibilità nel raccontare un determinato tema. Superando ancora una volta gli accostamenti nell’amore/odio verso la religione cattolica nel riproporre una nuova versione del Judas, Del Toro innanzitutto pone un occhio di riguardo all’emancipazione femminile, anche e soprattutto per omaggiare la forte personalità proprio di Mary Shelley. La donna che nel cinema di Del Toro si pone al centro del racconto è un elemento caratteristico della sua filmografia, presentandosi in diverse occasioni con forti prese di posizione, dove “Mimic” ne è proprio un esempio: la narrazione del film va infatti sviscerandosi verso un peculiare concetto di maternità e di procreazione, con la protagonista Susan chiamata a fronteggiare una figura maschile dominante (una chiave che, soprattutto nella contemporaneità, può benissimo far suscitare qualche pensiero in più verso la metafora allo starsystem hollywoodiano ed ovviamente non solo).

 

Se il primo occhio del regista guarda alla figura femminile, l’altro si guarda anche allo specchio, a quella figura di immigrato (messicano) nella grande terra degli Stati Uniti d’America e, in particolare, in quella della Grande Mela. In “Mimic” infatti non molto fraintendibili le frecciate al veleno verso la società benestante newyorkese che considera immigrati e senzatetto appunto dei semplici scarafaggi da dover scacciare, eliminare e, in ogni caso, segretare negli angoli più poveri ed oscuri della città, anche sottoterra. Un fenomeno – quello della lotta alla povertà, alle situazioni disagiate e della sovrappopolazione clandestina – che ovviamente deve trovare altre soluzioni per vedere risolto il problema, proprio per non rischiare di far nascere guai socio-politici ed economici ancora più seri ed “evoluti”.

Mimic secondo film Guillermo Del Toro

Mimic, la Recensione: il mostruoso scarafaggio deltoriano schiacciato dalla produzione

<<Io ho una sorta di feticismo per gli insetti, i meccanismi ad orologeria, i mostri e i luoghi oscuri. […] La cosa più interessante in natura è che esistono due specie, solo due specie, che sono espansioniste: l’uomo e gli insetti. Tutte le altre specie sono territoriali. L’insetto è un divoratore, continua ad espandersi tanto e non se ne cura nemmeno. E anche l’umanità è così… Le due specie che finiranno per lottare per il mondo saranno gli insetti e gli esseri umani.>>

 

La seconda regia di Guillermo Del Toro aveva infatti tutto il potenziale narrativo e immaginifico per essere una nuova pietra miliare per il genere horror-fantascientifico. Purtroppo però la produzione del film ha vissuto momenti più che tesi, finendo in modo davvero burrascoso. Ci si può riferire a “Mimic” infatti come una creazione uscita fuori a metà, soprattutto a causa delle continue ingerenze dei fratelli Weinstein (Miramax) nello sviluppo della pellicola, che vanno dalle rigide scelte sullo staff di stampo più prettamente hollywoodiano (ad esempio Del Toro avrebbe voluto ancora con sé il direttore della fotografia Guillermo Navarro e l’attore Federico Luppi) ad eliminare direttamente il regista dalla fase del montaggio finale del film, portando Del Toro a disconoscere e non approvare l’uscita di “Mimic” nelle sale.

 

Scontri produttivi (arrivati anche ad accesi confronti) che però non hanno nascosto totalmente le abilità tecnico-registiche del suo regista. Strisciando su corde hitchcockiane, Del Toro instaura l’approccio narrativo mistery con una buona dose di tensione e rivelazioni più o meno attese. La componente effettistica rimane di alto livello nella realizzazione prevalentemente artigianale delle mostruose creature, che trasudano orrore anche e soprattutto nel mostrare il disgusto di fluidi ed organi, ma che riescono anche a far salire il livello di terrore attraverso lo scorrere di semplici ombre. Aggirandosi poi in una messa in scena particolarmente umida ed oscura, Del Toro continua ad accrescere la propria tecnica registica nel perfezionare i suoi movimenti di macchina attraverso dolly, montaggi interni e fluidissime intersezioni.

Sebbene anche il cast non spicchi di particolari prove recitative, nella squadra attoriale di “Mimic” rimangono presenti nomi di altissimo profilo, come i protagonisti Mira Sorvino (premio Oscar alla Miglior Attrice non Protagonista con “La dea dell’amore” di Woody Allen) e Jeremy Northam, nonché l’attore italiano Giancarlo Giannini, Charles S. Dutton (“Alien 3”) e Josh Brolin nei ruoli secondari.


In conclusione, sebbene “Mimic” risulti particolarmente acerbo in molti suoi snodi sia tecnici che narrativi (specialmente per un finale che sembrerebbe lontano dalla poetica d’autore del suo regista), dovuto principalmente ai vari scontri produttivi avvenuti in sede di sviluppo, la seconda regia di Guillermo Del Toro riesce tuttavia a regalare un prodotto d’intrattenimento horror-fantascientifico di alto profilo. Un’occasione persa ed un potenziale sprecato che non oscurano un’abilità ed una crescita costante del suo regista, sia nella componente tecnica, sia nel portare sul grande schermo la sua sensibilità nel trattare particolari tematiche, rimanendo perfettamente personale nell’omaggiare e “rubare” dal grande cinema.

Valutazione
3.5/5