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Civil War: la spiegazione del finale e il senso dell’ultima scena del film

L’ultimo film di Alex Garland ha stupito soprattutto per il suo incredibile finale, che chiama in causa tutto il senso della pellicola e della ricerca del regista: ma che cosa significano le ultime scene?
Civil War: la spiegazione del finale e il senso dell'ultima scena del film

Uscito al cinema in occasione del 18 aprile 2024, Civil War è l’ultimo film di Alex Garland che ha sicuramente stupito per una serie di aspetti. La cura dell’immagine, la rappresentazione dello sguardo – con tutte le sue addizioni e sottrazioni – in unione ad un cast sicuramente esemplare nella resa sono, tutti, elementi che rendono sicuramente Civil War uno dei migliori film dell’anno. A stupire, su tutti, è sicuramente il finale del film in questione, che necessita di una spiegazione: ma qual è il senso dell’ultima scena di Civil War?

Il finale di Civil War e l’ultima scena del film di Alex Garland

Prima di proseguire con la spiegazione e il senso del finale di Civil War, vale la pena soffermarsi sulle ultime scene del film. L’attacco a Washington giunge verso le sue fasi finali e il Presidente è nascosto nella Casa Bianca, dove è ormai sicuro che morirà: Lee, Joel e Jessie tentano di giungere velocemente insieme ai soldati che abbattono le ultime difese nemiche; Lee, che inizia ad avere un attacco di panico, non è più lucida come in tutta la sua carriera, mentre Jessie continua a realizzare scatti memorabili: i soldati del Presidente tentano di realizzare un diversivo con delle auto che abbandonano la Casa Bianca, ma Lee sa che il Presidente non è all’interno di queste e i tre si addentrano nell’edificio. Per salvare Jessie, Lee viene uccisa, con la prima che fotografa il momento della sua morte, mentre Joel chiederà una dichiarazione prima che il Presidente venga ucciso.

La spiegazione del finale e il senso dell’ultima scena

Combattere così tanto, soffrire fino a trovare la morte soltanto per un’immagine, probabilmente per la più importante delle immagini: è questo, in fondo, il senso e la spiegazione del finale di Civil War di Alex Garland, un film che porta a termine, fino alla sua ultima scena, un suo proposito fondamentale; l’obiettivo del regista di Ex Machina e Annientamento non è schierarsi, mostrare la guerra, quanto più “accontentarsi” di portare sullo schermo la sua rappresentazione, fatta di addizioni e sottrazioni, di momenti catturati e altri persi, di scelte sbagliate che potrebbero compromettere una sola immagine e, di riflesso, la propria intera vita. Quando Jessie compie il suo passo falso, equivocando un segnale dei soldati e ponendosi a tiro dei nemici, Lee ha due possibili scelte: perseguire il suo lavoro fino alla fine, esattamente come dice di voler fare, o dar fede a quella propria coscienza che le impone di intervenire e salvare la ragazza.

Non è dello stesso avviso Jessie che, subito dopo essere salvata da Lee, fotografa l’esatto momento in cui muore: la storia, fatta di immagini, è propria di scelte di questo genere, che in un certo senso mettono in secondo piano l’umanità e che scelgono il perseguimento della (propria) storia. In questa costante ricerca del racconto, sacrificando la volontà di una verità che non esiste nella guerra, il film di Alex Garland termina in questo modo, e quell’intervista impossibile a cui avrebbe fatto seguito il primo scatto del presidente si traduce in una ridicolizzazione dell’atto: come gli aveva già anticipato Sammy, Joel si rende conto che non esistono uomini così tanto eminenti da rispecchiare l’immagine che si ha di loro, e anche il Presidente degli Stati Uniti d’America, prima di morire, chiede soltanto di essere risparmiato. Nella scena finale del film la foto – scattata con pellicola da Jessie – si sviluppa lentamente in chiara contrapposizione con l’inizio del film: in quel caso era Lee a scattare in digitale, attraverso lo schermo televisivo, mentre sul finale del prodotto l’immagine del presidente avanza, non più filtrata, lentamente verso lo spettatore.