Cerca
Close this search box.

Recensione – King Kong: il capolavoro di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack

L’ambizioso kolossal della RKO ha fatto conoscere agli spettatori Kong, l’ottava meraviglia del mondo.
Recensione - King Kong: il film originale

Nelle sale è recentemente approdato Godzilla E Kong: Il Nuovo Impero, il quale non solo segna i 10 anni del Monsterverse, ma anche i 91 anni di King Kong. Per questo, dietro all’evoluzione che il celebre gorilla gigante ha avuto nei decenni, bisognerebbe dare un’occhiata a dove è iniziato tutto. Nel 1933, l’originale King Kong diretto da Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack sconvolse gli spettatori, ma a cosa è dovuto il grande fascino che tale classico suscita ancora oggi?

La trama di King Kong

Il primo film su King Kong è un’opera d’avventura, la quale mostra terre inesplorate che portano alla scoperta di creature completamente nuove. Il lungometraggio infatti presenta la seguente trama:

“Agli inizi della Grande Depressione, Carl Denham, un grande regista di successo, è deciso a realizzare la sua opera più ambiziosa, andando a girare un film a Skull Island, l’unica isola mai scoperta dall’uomo. All’ultimo momento, Carl Denham ingaggia Ann Darrow nel ruolo della protagonista: la donna, durante il viaggio, si innamora del primo ufficiale Jack Driscoll. Quando finalmente approdano a Skull Island, i nativi, attratti dall’insolita chioma bionda di Ann, decidono di rapire quest’ultima per offrirla in sposa a King Kong, un gigantesco gorilla che venerano come una divinità. L’enorme scimmione si invaghisce di Ann e decide di portarla con sé nel suo habitat, così Jack e Carl, insieme alla troupe ed ai marinai, si addentrano nella giungla per salvarla ma, oltre a Kong, gli avventurieri dovranno vedersela anche con numerosi dinosauri che renderanno il viaggio ancora più difficile e pericoloso.”

Recensione - King Kong: il capolavoro di Merian C Cooper e Ernest B Schoedsack

La recensione di King Kong

King Kong è uno dei film fondamentali che hanno dato vita al fascino dell’ignoto nel cinema. I registi Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack erano noti all’epoca per aver girato gli importanti documentari Grass: A Nation’s Battle for Life e Chang: La Giungla Misteriosa. Con il debutto al loro primo lungometraggio di finzione (fatta eccezione per Schoedsack che diresse già l’horror Pericolosa Partita), decidono di costruirsi una terra inedita rispetto a quelle che avevano esplorato di persona per realizzare le loro precedenti opere. Tuttavia, nonostante l’approccio diverso, è proprio la loro esperienza negli ambienti più esotici e lontani dall’America ad esortare loro nell’utilizzare l’impostazione più realistica possibile. I due cineasti infatti ricreano una giungla sconosciuta, popolata da creature feroci e fantastiche, nei dettagli più maniacali: panoramiche che mostrano l’isola avvolta dalla nebbia e dai gabbiani, la varietà delle piante esotiche che crescono nella flora, l’imprevedibilità degli animali che compaiono da ogni angolo, la cultura dei nativi al di fuori di qualsiasi civiltà contemporanea.

La scelta di rendere il personaggio di Carl un regista non è casuale, poiché anche lui è conosciuto per aver ripreso dei documentari prima di intraprendere la sua nuova strada, quasi come se la coppia di cineasti volesse avere degli intenti autobiografici. Grazie ai mezzi cinematografici, che negli anni 30 erano ancora pieni di tecniche sperimentali e non ancora esplorate fino in fondo, la settima arte continuava ad essere un mistero non solo per gli spettatori, ma anche per gli stessi autori. Carl Denham parte con lo scopo di girare un film d’avventura ambizioso, ma la sua idea di cinema tradizionale viene completamente sfidata da quello che vede a Skull Island, perché nei suoi intenti registici si ritrova a che fare con cose che vanno oltre la sua immaginazione. Questa è l’idea che Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack trasmettono al pubblico: grazie all’innovativa stop motion con cui Willis O’Brien ricrea la fauna dell’Isola, il duo di cineasti dimostrano che il cinema è pronto a percorrere nuove vie per mostrare terre e personaggi sconosciuti, superando qualsiasi limite mai raggiunto prima. Cooper e Schoedsack non vogliono più solo riprendere, bensì vogliono creare qualcosa di nuovo che però deve essere credibile e realistico. Concependo l’isola in ogni dettaglio per farla scoprire ed esplorare non solo ai loro personaggi, ma al pubblico stesso, i due autori lanciano definitivamente il worldbuilding, ovvero la costruzione di un mondo inedito che solo il realismo del cinema può manifestare nella sua più completa illusione ed immersione.

King Kong: la recensione del classico originale

La potenza visiva di King Kong

La grande introduzione del worldbuilding non potrebbe essere tale senza la profonda innovazione degli effetti speciali di Willis O’Brien, un artigiano d’avanguardia a cui si deve un nuovo lato che la settima arte ha potuto sbloccare nella sua rappresentazione delle cose. La stop motion, conosciuta anche come tecnica d’animazione a passo uno, usava degli esoscheletri che, spostati al millimetro in ogni frame, davano l’illusione del movimento. Willis O’Brien l’aveva già utilizzata precedentemente nel film Il Mondo Perduto, diretto da Harry Hoyt e uscito nel 1925, il quale era diventato il primo lungometraggio della storia del cinema a fare apparire i dinosauri. Dopo Il Mondo Perduto, lo stupore sarebbe potuto quindi sembrare già vecchio in King Kong, ma il perfezionamento di O’Brien dato dal suo ingegno porta invece a nuovi orizzonti che sconvolgono il pubblico. King Kong è la prima creatura umanoide ad essere concepita esclusivamente dagli effetti speciali: non c’è un attore truccato come Boris Karloff in Frankenstein, eppure il gorilla di 7 metri appare espressivo, rivaleggiando con le star in carne ed ossa. La cosa è anche aiutata da un’enorme testa meccanica a grandezza naturale, usata per i primi piani così ambiziosi da non aver paura di mostrare il gigante mentre quest’ultimo mastica i poveri indigeni.

L’apparizione di King Kong non presenta soltanto la resurrezione dei dinosauri già avvvenuta in Il Regno Perduto, bensì mostra per la prima volta una creatura che non è possibile ritrovare in nessun libro di paleontologia. King Kong è il primo mostro inedito della settima arte, una bestia unica e originale che soltanto il cinema può ricreare. E questa creatura, per la prima volta mostrata al pubblico, è inarrestabile: nessun dinosauro, nemmeno il T-Rex, fino ad allora conosciuto come il predatore più grande e feroce della Terra, è in grado di battere questo re di una terra fantastica ed immensa partorita direttamente dall’immaginazione, la quale viene espressa attraverso la macchina da presa. I combattimenti tra King Kong e gli altri dinosauri appaiono colossali per gli spettatori dell’epoca, senza contare la violenza con cui vengono ripresi i poveri avventurieri che vengono assaliti dalle creature in scene horror, con i denti che quasi si sentono perforare la carne degli uomini. Oltretutto il modo in cui vengono mischiati gli animali in post produzione con gli attori ripresi dal vivo raggiunge una credibilità straordinaria, tanto che si può ammirare King Kong strappare i vestiti di Ann ed annusarli, con il suo volto che cambia espressione mentre Ann, interpretata da una magnetica Fay Wray, è presente nella stessa inquadratura. Ovviamente oggi si notano gli scatti dell’animazione, anche perché la stop motion verrà perfezionata ancora di più negli anni a venire, ma è impossibile non notare il fascino di questa realistica immersione.

King Kong: la recensione del primo film

King Kong e il mito della Bella e la Bestia

Attenzione: il resto della recensione contiene spoiler.

Diversamente da qualsiasi futura incarnazione del personaggio, il King Kong originale è una creatura affascinante nella sua potenza e nelle sue dimensioni, ma è anche una bestia feroce. La sua furia non risparmia né gli indigeni e né gli abitanti della città di New York, che King Kong schiaccia e mastica senza pietà. Le scene sono estremamente crude per l’epoca e vanno ben oltre un sedativo iniettato nella pelle della creatura del mostro di Frankenstein nel leggendario film omonimo di James Whale, che all’epoca era già una cosa fastidiosa e disturbante. Addirittura una sequenza con insetti giganti è stata rimossa dal montaggio finale dopo che il primo test screening ha causato urla e vomito agli spettatori. Nonostante oggi le scene appaiano molto più digeribili, la violenza è comunque percepibile ed impressionante. Lo shock di tale violenza rappresenta la paura dell’America di fronte a ciò che si trova al di fuori del loro continente, così come la presenza di King Kong a New York rappresenta la paura di una minaccia esterna che possa raggiungere i cittadini e fare loro del male, un sentimento coltivato molto nella società americana degli anni 30. Quando King Kong strappa i vestiti ad Ann, lasciandola seminuda, si tratta di un’allusione alla violenza carnale: ogni persona americana di quei tempi ha il terrore di essere resa impotente, di essere afferrata da qualcosa di sconosciuto e di essere denudata di tutte le sue fragilità.

Eppure, nonostante l’espressione perfetta della paura dell’ignoto, Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack sottintendono che è comunque l’America ad andarsi a cercare tali minacce, poiché è lo stesso Carl Denham (interpretato da un magnifico Robert Armstrong) a portare King Kong in città per poter guadagnare grandi somme. L’America è ossessionata dal voler controllare l’incontrollabile ed ha quindi l’istinto di voler sperimentare tale controllo su tutto ciò che appare potente ai suoi occhi, ma non per questo può riuscirci sempre ed è infatti solo questione di tempo prima che King Kong riesca a liberarsi dalle catene di una civiltà presuntuosa. Eppure l’unico errore del gorilla è stato quello di cercare il contatto con un’umana, una donna bellissima e completamente diversa da lui, un animale appartenente ad un’altra epoca. Ann non cerca mai di osservarlo a fondo, ma sviene sempre alla sua vista ogni volta che King Kong la afferra. Si tratta della tragedia della Bella e la Bestia, perché quest’ultima è condannata ad essere ignorata. L’incompatibilità tra King Kong e Ann riflette l’incompatibilità di quei tempi tra l’America e le culture esterne (o per lo più si spera che l’incompatibilità oggi sia scomparsa almeno in parte). Nel finale, King Kong si arrampica sull’Empire State Building, il grattacielo più alto della città. Si tratta dell’ultima sfida dell’animale per dimostrare la sua potenza sulla civiltà, ma alla fine anche questa creatura magnifica proveniente da un altro mondo deve soccombere alla modernità rappresentata dagli aereoplani con le mitragliatrici, perché l’America non può essere battuta da qualcosa di esterno che non sia sé stessa. La bella ha ucciso la bestia… e questa bellezza mortale è l’America.

King Kong di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack non è soltanto una magnifica avventura che rappresenta la tragedia della Bella e la Bestia, ma è anche l’esplorazione di un cinema che ha superato i propri limiti, portando qualcosa di nuovo alle persone e lasciando impronte indelebili per quello che è e sarà sempre un capolavoro immortale.

0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
King Kong: la recensione del capolavoro originale
King Kong
King Kong

King Kong è il primo film sull'omonimo gorilla gigante che vede ambiziosi avventurieri esplorare Skull Island.

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

02/03/1933

Regia:

Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack

Cast:

Fay Wray, Robert Armstrong, Bruce Cabot, Frank Reicher, Sam Hardy, Noble Johnson, Victor Wong

Genere:

Monster movie, avventura, fantasy

PRO

Gli effeti speciali in stop motion innovativi e avveniristici
La creazione di King Kong e la sua simbologia
Il worldbuilding perfetto
L’espressione della paura americana
Nessuno