Cerca
Close this search box.

Recensione – Pacific Rim: l’ottavo film di Guillermo Del Toro

L’ottavo film diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro rende spassionato omaggio alla cultura pop-nerd orientale, in particolare ai kaiju e ai mecha.
La recensione di Pacific Rim, l'ottavo film di Guillermo Del Toro

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Pacific Rim
Genere: fantascienza, azione, avventura
Anno: 2013
Durata: 131 minuti
Regia: Guillermo Del Toro
Sceneggiatura: Travis Beacham, Guillermo del Toro
Cast: Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman, Burn Gorman
Fotografia: Guillermo Navarro
Montaggio: Peter Amundson, John Gilroy
Colonna Sonora: Ramin Djawadi
Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Successivamente a “Hellboy: The Golden Army”, “Pacific Rim” è l’ottavo lungometraggio co-prodotto, co-scritto e diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro, con Charlie Hunnam, Idris Elba e Rinko Kikuchi. Ecco di seguito la recensione di “Pacific Rim”.

La recensione del film di Guillermo Del Toro Pacific Rim

Pacific Rim: la trama del film di Guillermo Del Toro

Per la recensione del film di Guillermo Del Toro “Pacific Rim” occorre anzitutto parlare della trama ambientata nel 2013. Una misteriosa breccia si è infatti aperta sul fondale dell’Oceano Pacifico: è un varco dimensionale dal quale fuoriescono giganteschi mostri alieni che minacciano di cancellare l’umanità. Questi vengono definiti Kaiju e, incapaci di combatterli attraverso armi convenzionali, le nazioni dell’anello del Pacifico si coalizzano per elaborare il programma Jaeger: questi sono enormi mecha che si muovono grazie alla collaborazione interneurale tra due piloti, la quale connessione viene definita drift. Inizialmente, gli Jaeger riescono ad avere la meglio sui Kaiju, i quali però sono capaci di adattarsi alla guerra, migliorare ed espandere le proprie capacità. Cinque anni dopo l’inizio dello scontro fra le due fazioni, i Kaiju prevalgono e mandano l’umanità sull’orlo dell’estinzione, con le nazioni che decidono di non puntare più sul progetto Jaeger (iniziano a mancare i fondi e i risultati sono sempre più scarsi) per costruire un muro difensivo circumnavigando il Pacifico. Gli ultimi Jaeger rimasti vengono inviati in una base militare ad Hong Kong: un’ultima missione per sconfiggere le mostruose creature.

Pacific Rim, la Recensione: il roseo scontro tra Mazinga e Godzilla

Inaugurando la recensione di “Pacific Rim” si necessita, innanzitutto, la contestualizzazione della situazione di pre-produzione del film. In questo periodo, infatti, dopo il secondo capitolo sulla trilogia incompiuta di Hellboy il regista Guillermo Del Toro stava bussando alla porta delle majors per poter adattare il tanto agognato “Alle montagne della follia” di H. P. Lovecraft. Un sogno ancora una volta infranto, sebbene Legendary e Warner Bros. abbiano affidato al cineasta messicano un sostanzioso budget (il più alto della sua carriera), concedendogli in un certo modo l’occasione di sperimentare e mettere per la prima volta le mani sul concetto dello stesso Lovecraft legato alla figura degli Antichi. Quello che infatti trasuda più di tutto il resto nell’ottavo lungometraggio di Del Toro è proprio il suo divertimento nel poter realizzare sul grande schermo una summa della cultura pop/nerd legata al Sol Levante, della quale è appassionato fin da piccolo. “Pacific Rim” si mostra così un fanta-action dalle dimensioni titaniche nel far scontrare le fantasiose produzioni artigianali della scuola nipponica di Go Nagai (Mazinga Z, UFO Robot Goldrake) e quelle portate sullo schermo dalla Toho nel franchise di Godzilla, con i Kaiju che giganteggiano in scena.

 

Con il film del 2013, quindi, Del Toro prevalentemente si diverte a “giocare” con i propri robottoni di plastica sgargiante, sebbene rimanga inevitabilmente traccia del suo cinema artistico, visionario e sagacemente politico. Non solo infatti creature mastodontiche che si scontrano, ma il regista sembra divertirsi anche nel prendere in giro il macchinoso e poco lubrificato mezzo produttivo del genere di riferimento e lo fa, come ormai di consuetudine nel cinema dell’autore di “Il labirinto del fauno”, attraverso il peso conferito ad un personaggio femminile. Interpretata da Rinko Kikuchi, la pilota giapponese Mako Mori si impone a rappresentare un personaggio fondamentale per la narrazione al fine anche di abbattere il machismo del cinema “muscolare” hollywoodiano molto forte durante gli anni ’80 ma che, sostanzialmente, non se n’è ancora andato. Ormai il movimento femminista sta iniziando a raccogliere frutti e successi sempre più importanti ma, nel 2013, “Pacific Rim” proviene sostanzialmente da un filone di film action – pensando soprattutto ad altri franchise basati su altri “robottoni” – dove la donna viene ancora relegata ai soliti stereotipi, ponendosi in questo senso come un precursore del movimento femminista (sebbene non manchino sicuramente esempi prestigiosi, su tutti il personaggio di Ripley in “Alien”).

 

La grande nota di fascino del cinema di Guillermo Del Toro sta poi nella sua ambiguità, presente anche in questo suo 8° film. Attraverso un war-movie il regista riesce a raccontare anche una silenziosa storia d’amore, ma tende maggiormente ad infondere un sentito messaggio pacifista ed antimilitarista, mai così attuale. Sfruttando i suoi immancabili mostri, Del Toro spinge sulla necessità di umanità e solidarietà, arrivando addirittura quasi a mostrando ancora una volta una certa empatia verso il mostro (in questo caso la razza dei possenti Kaiju) – anche e soprattutto attraverso una semplice sequenza di rara bellezza nell’atto finale – nell’abbattimento degli ideali di razzismo ed isolazionismo. Mascherando il suo film da blockbuster si esalta nel manovrare i suoi lussuosi robottoni ed il grande budget per criticare e ridicolizzare in un certo senso i figli di quella stessa famiglia, aggiungendo il richiamo ecologista. Un’ambiguità che riesce ancora una volta a fare centro nel cinema di Del Toro, con i suoi inevitabili alti e bassi.

La recensione di Pacific Rim, il film di Guillermo Del Toro

Pacific Rim, la Recensione: una mente divertita, un cuore macchinoso e muscoli d’acciaio

<<Ai limiti della speranza ed alla fine del nostro tempo, oggi abbiamo scelto non solo di credere in noi stessi, ma l’uno nell’altro! Oggi non esisterà uomo o donna qui che verranno lasciati soli! Non oggi…>>

 

Ad oggi “Pacific Rim” viene considerato tra la cerchia dei film ingloriosamente definiti “minori”: vuoi per i cliché rappresentati su schermo, l’effettiva mancanza di una vera originalità di realizzazione e per la debolezza del marchio d’autore dello stesso Del Toro (comunque ancorato al fatto di dover condividere la sceneggiatura e di rispettare i cardini della produzione come compromesso del sostanzioso budget). Manovrando la propria creatura, condividendo appunto la sceneggiatura con il Travis Beacham autore del soggetto, Del Toro torna comunque a riproporre il suo peculiare cinema dell’umanizzazione del mostro e della mostruosità dell’essere umano rispettando, ancora una volta, tutte le regole di un blockbuster d’azione. “Pacific Rim” va prevalentemente oltre i suoi vari messaggi politici e metacinematografici ed offre un prodotto spettacolare, dove il divertimento ed un intrattenimento decisamente avvincente viene spinto da un ritmo spedito e da idee estetico visive degno frutto di un costruttore (e distruttore) di mondi come Guillermo Del Toro.

 

Autore della fotografia del film si ritrova infatti il premio Oscar Guillermo Navarro, stretto collaboratore del regista anche dei due film di Hellboy, che restituisce un accattivante senso estetico nella costruzione dell’immagine, potendo poggiarsi su un grandissimo e pregiato lavoro in sede di realizzazione pratica degli oggetti in scena. Nuovamente in un film di Del Toro ad essere aggiunto tra i protagonisti rimane la scenografia che, in questo caso, si mostra particolarmente esaustiva attraverso una maniacale cura nei dettagli: facendo un semplice esempio, dare prova visiva di come vengano costruiti, lubrificati ed aggiustati i vari Jaeger riesce a renderli più reali e pratici all’occhio dello spettatore, e non semplice frutto dell’ingente uso degli effetti speciali. Quest’ultimi vengono infatti sfruttati alla grande per rispettare una certa spettacolarizzazione sullo schermo, con l’abilità registica di Del Toro capace di conferirgli ampio respiro, sapendo divertire con scene d’azione sempre pulite e mai caotiche.

Voto:
4/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
4/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Matteo Farina
4/5
Alessio Minorenti
3.5/5
Matteo Pelli
5/5
Bruno Santini
3.5/5
Giovanni Urgnani
3.5/5