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“Un dollaro d’onore”: il western di H. Hawks

“Un dollaro d’onore” (“Rio Bravo”) è un film western del 1959 diretto da Howard Hawks, con John Wayne, Dean Martin, Ricky Nelson ed Angie Dickinson.

Dopo aver messo mano alla fantascienza con “La cosa venuta dall’altro mondo” (1951), Howard Hawks, uno dei più grandi autori del cinema classico hollywoodiano, impregna del suo cinema anche un altro genere tipico del periodo: il western. Non sarà l’unica occasione in cui lo farà, ma ci sentiamo di dire che il suo capolavoro in assoluto, in quanto fondatore di un particolare schema narrativo (ripreso anche da Carpenter con “Distretto 13: le brigate della morte”, 1976), è proprio il film di cui stiamo parlando. Successivamente lo stesso regista ci tornerà con la proposta di situazioni simili in “El Dorado” (1967) e nel suo ultimo film, “Rio Lobo” (1970). Segnaliamo i bellissimi precedenti western “Il fiume rosso” (1948) e “Il grande cielo” (1952).

Lo sceriffo John T. Chance (John Wayne) arresta per omicidio un membro della famiglia di latifondisti che spadroneggia in città, Joe Burdette. È guerra aperta. L’uomo con la stella ha un anziano aiutante, Stumpy, cui si aggiungono poi l’ex vice, Dude, recuperato all’alcolismo, e il giovane pistolero Colorado, ma non mancherà il gioco della seduzione con la bella Feathers (Angie Dickinson). La lotta contro la famiglia Burdette, capeggiata dal ricco Nathan, e i loro scagnozzi, è ancora lunga e aspra.

“Un dollaro d’onore”, conosciuto con questo nome in Italia, è un titolo estremamente evocativo per quello che sarà il percorso dei personaggi mossi dal regista. Se da una parte lo sceriffo è una persona molto rigida che rifiuta l’aiuto di chiunque pur di non soffrire e far soffrire a sua volta, dall’altra c’è un gruppo di essere umani tormentati dal passato, con i loro demoni sempre pronti a tornare. E allora come si fa ad affrontare i pericoli interni (i fantasmi del passato) ed esterni (la famiglia Burdette e i loro scagnozzi)? La risposta di Hakws è chiara: l’unione fa la forza! Il gruppo da lui presentatoci non è altro che simbolo di umanità e di amorevole convivenza all’interno di una comunità in cui è necessario pensare al bene dell’altro piuttosto che al proprio tornaconto. Se con il noir (“Il Grande Sonno”) l’importanza era centrata sulla psicologia, sul rapporto causa-effetto e sulla ragnatela di eventi, con il western si narra di piccole cittadine\comunità inserite in un contesto più ampio (come la guerra di Secessione), spesso analizzando il complesso rapporto individuo-gruppo. Ed Howard Hawks lo fa alla sua maniera, inserendo all’interno dei 141 minuti dell’opera, squarci comici, tra sguardi ed equivoci, con lo stesso effetto di “Susanna!” ed “Ero uno sposo di guerra”. Ciò è evidente nella scena del primo incontro tra Angie Dickinson e John Wayne mentre Chance sta vedendo un paio di mutandoni rossi femminili che il proprietario dell’hotel, Carlos, vuole regalare alla moglie. La lotta tra i sessi e la seduzione appartengono al cinema del regista. Non mancano nemmeno il cameratismo tipico del regista, dilettatosi nel girare scene potenti per la loro geometria visiva all’interno di scenografie claustrofobiche e simboleggianti sempre cose differenti (ad esempio la prigione è la legge, l’hotel è l’intimità), l’integrità morale messa in discussione dal dollaro lanciato dagli uomini per offrire da bere al Borrachòn (ubriacone) e la conseguente ricerca di riscatto (la purificazione finale). La poca azione presente è ricca di tensione e di scambio di sguardi, pensando al fuggitivo fiutato da Dude per del sangue colato nella birra, oppure all’abilità da pistolero di Colorado, intento a salvare lo sceriffo, anche con l’aiuto di Feathers.

Il finale, splendido, è il fulcro del contenuto portato avanti da Hawks; tutti i personaggi, come in qualsiasi comunità, hanno chiaro il proprio ruolo a dispetto dei vari battibecchi e dei diversi svarioni. C’è sempre la strada del riscatto da poter imboccare, non importa quanto cadi in basso, e c’è sempre qualcuno di cui prendersi cura. Solo così il bene potrà trionfare sul male. E non scriviamo questo a caso, ma il film fu realizzato da Howard Hawks e John Wayne come una sorta di risposta a “Mezzogiorno di fuoco”, film giudicato in maniera negativa e anti-americana da entrambi, proprio per l’esaltazione dell’individuo che agisce in solitudine per conto di un bene superiore. C’è molto di americano in “Un dollaro d’onore”, anche per le canzoni che hanno funzionalità narrative: il villain, qui un ricco che paga gli altri per agire piuttosto che sporcarsi lui le mani, si serve del “Deguello” (letteralmente significa macellare) per incutere timore alla cittadina fin quando non riavrà suo fratello Joe; al contrario ci sono attimi di leggerezza con il cantato, un pezzo eseguito da Dude, Colorado e Stumpy è una popolare ballata folk americana, intitolato “Cindy”. Di brani così e di figure come il cowboy singing, il western ne è pieno proprio perchè associato all’hillbilly (folk, country) americano, genere sviluppatosi nel primo novecento con particolare riferimento alle zone montuose degli Stati sud-orientali.

Ci sono film che diventano opere portanti e rappresentazione massima di un qualcosa, e ad oggi, è impossibile pensare al western senza che venga in mente il capolavoro “Un dollaro d’onore”…

Christian D’Avanzo