Articolo pubblicato il 28 Dicembre 2023 da Gabriele Maccauro
SCHEDA DELLA SERIE TV
Titolo della serie: Vita da Carlo
Genere: Commedia, Biografico
Anno: 2023
Durata: 10 episodi da 30 minuti
Regia: Carlo Verdone, Arnaldo Catinari
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Nicola Guaglianone, Menotti, Pasquale Plastino, Ciro Zecca, Luca Mastrogiovanni
Cast: Carlo Verdone, Sangiovanni, Max Tortora, Ludovica Martino, Monica Guerritore, Stefania Rocca, Anita Caprioli, Antonio Bannò, Pietro Ragusa, Stefano Ambrogi, Andrea Pennacchi, Fabio Traversa, Claudia Potenza
Fotografia: Arnaldo Catinari
Paese di produzione: Italia
La recensione della seconda stagione di Vita da Carlo, la serie tv di Carlo Verdone e distribuita settimanalmente in esclusiva su Paramount Plus a partire dallo scorso 15 settembre. Di seguito, ecco dunque trama e recensione di Vita da Carlo.
La trama della seconda stagione di Vita da Carlo, di Carlo Verdone
Prima di passare alla recensione ed analisi, è bene parlare innanzitutto della trama di Vita da Carlo: questa seconda stagione riprende ovviamente il filone narrativo e le atmosfere della stagione precedente: Carlo Verdone ha scritto un romanzo autobiografico intitolato La Carezza della Memoria e proprio da quest’opera ha tratto l’ispirazione per un nuovo film che nasce con l’obiettivo di dare una svolta alla carriera del regista romano, visto che si tratta non più di una commedia ma di un vero e proprio film d’autore. Sembra tutto pronto dunque, con il produttore Cantalupo che dà l’ok ed il cast che inizia a formarsi, a partire dall’attore che dovrà interpretare un giovane Carlo Verdone: il cantante Sangiovanni. La genesi del film sarà però a dir poco difficoltosa, con più di un imprevisto e tanti dubbi che colpiranno il nostro protagonista, fino ad un finale pieno che starà a voi scoprire.

La recensione della seconda stagione di Vita da Carlo, la serie tv di Carlo Verdone
È un anno strano, questo 2023. Un anno in cui hanno fatto ritorno dietro la macchina da presa tanti grandi autori – si rifletteva meglio su questo punto qui – alcuni con opere di pregevole fattura, altri sottolineando come il tempo passi, inevitabilmente, per tutti. Carlo Verdone fa ovviamente parte di questa schiera di artisti, avendo avuto un impatto importante nel cinema italiano sin dal suo debutto con Un Sacco Bello del 1980. Torna dietro la macchina da presa non più per il cinema ma per la televisione con Vita da Carlo che, dopo una prima stagione distribuita da Amazon Prime Video, passa ora a Paramount Plus. In un certo senso, purtroppo, già questo è un segnale di come l’interesse per questo prodotto sia scemato piuttosto in fretta.
La seconda stagione di Vita da Carlo riprende la precedente sotto tantissimi punti di vista, in primis quello tecnico: la serie resta diretta in maniera piatta, senza spunti di alcun tipo e con una fotografia che è esattamente quella da prodotto RAI cui siamo ormai tutti abituati da anni. Certo, era anche difficile aspettarsi qualcosa di diverso, ma la scrittura stessa – sceneggiatura scritta da ben sei persone – è a dir poco claudicante e non ci si riesce ad affezionare ed interessare a nessun personaggio se non a quello di Verdone cosicché, nei momenti in cui non è in scena, la noia assale lo spettatore. Il problema più grande è che non si riesce a comprendere quale possa essere il target di questo prodotto, perché sembra indirizzato ad un pubblico di adulti che conosce Carlo Verdone da anni ma, allo stesso tempo, prova anche ad essere più al passo con i tempi, più giovanile, senza però riuscirci. Questo è forse il punto fondamentale della riflessione che si può fare dopo aver visto la seconda stagione di Vita da Carlo: non è al passo con i tempi, non è una serie vecchia ma neanche attuale, non parla ai grandi e non parla ai piccoli, vuole rimanere nella propria comfort zone ma anche di aprirsi ad un nuovo tipo di pubblico che, però, non c’è.
Proprio da questa idea possiamo però partire per tentare di scavare più in profondità. Il tempo, come si diceva in precedenza. Ne Il Cielo Sopra Berlino si dice che il tempo guarirà tutto ma ci si interroga anche su cosa possa accadere nel momento in cui è il tempo stesso ad essere la malattia. La sensazione è che questo tipo di male abbia colpito anche Carlo Verdone. Le tante apparizioni dei suoi cari amici e colleghi sono superficiali, buttate lì tanto per far sorridere e per ricordare i tempi che furono – dal ballo di Borotalco con Christian De Sica al personaggio di Fabio “Fabris” Traversa, dalla scena del ristorante di Viaggi di Nozze con Claudia Gerini alla presenza di amici come Max Tortora, per non parlare poi delle tante citazioni a La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino – oltre al fatto che l’inserimento di personaggi della cultura pop appare totalmente casuale e giustificata dalla sola volontà di tentare di abbracciare un numero più grande possibile di giovani spettatori, che però non potrà mai avvenire per il solo inserimento di Zlatan Ibrahimovic, Maria De Filippi o lo stesso Sangiovanni. Tutto appare approssimativo, vago e la scena in cui tutti ballano ubriachi in casa – oltre a ricordare in maniera fin troppo chiara L’ordine del Tempo di Liliana Cavani – sembra un po’ esemplificativa della confusione presente in scena.
Ciò che spinge lo spettatore a non odiare questa serie tv è però proprio Carlo Verdone. Non per la sua interpretazione o per le sue battute, bensì perché si riesce a comprendere – soprattutto negli ultimissimi episodi – il disagio artistico che vive ormai da anni. Reduce da alcuni flop di pubblico e critica, Verdone si è spostato nel mondo della televisione ma la forza e l’energia non sono più quelle di una volta, e lui lo sa benissimo. C’è grande dolcezza insita nelle sue parole, parole di un uomo che sa che la sua carriera è ormai agli sgoccioli ma che vorrebbe continuare a lavorare, a cercare lo spunto per raccontare la storia giusta, per esserci. Carlo Verdone però c’è e tutte le evidenti seccature che subisce per via della sua grande fama – in primis a Roma – sono oggi ciò a cui dovrebbe invece aggrapparsi per comprendere quanto di buono abbia fatto nella sua decennale carriera e quanto bene il pubblico gli voglia. Ciò non significa che debba smettere di lavorare o che non possa non infastidirsi se un suo fan lo ferma per strada, ma è anche quello che succede a chi ha lasciato il segno e Carlo Verdone, un segno, l’ha lasciato.