Articolo pubblicato il 5 Maggio 2025 da Bruno Santini
A partire dal 30 aprile 2025, ha fatto il suo esordio – sulla piattaforma di streaming Netflix e in tutti i paesi in cui è attualmente attivo il servizio – L’Eternauta, nuova serie argentina creata e diretta Bruno Stagnaro (Okupas, Vientos de Agua) e basata sull’omonima graphic novel di grandissimo successo nella cultura sudamericana, realizzata da Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López. Nei suoi 6 episodi totali, che portano la serie televisiva a terminare in cliffhanger in attesa della già ufficiale seconda stagione del prodotto, L‘Eternauta mostra tutti gli elementi di una grande potenzialità derivante da un fumetto assurdamente anticipatore di quelle tendenze politiche e ideologiche che avrebbero riguardato l’Argentina (e non solo) negli anni successivi, pur tuttavia risultato appiattita e banalizzata per effetto del “tocco Netflix” che rende patinato e accessibile tutto ciò che tocca: tentiamo di comprendere nello specifico a che cosa ci riferiamo di seguito, con la recensione di L’Eternauta.
Ciò che è caotico non merita caos
Nella storia dell’Argentina ci sono state soltanto tre nevicate: ognuna di esse è stata accolta con una certa fatalità, che unisse l’euforia per un evento straordinariamente raro e la preoccupazione per una deriva del pianeta Terra che incontra tutti gli effetti di un cambiamento climatico inevitabile; a partire da questa consapevolezza, la celebre graphic novel di Oesterheld e López muove dall’interrogativo che funge da espediente di tutta la rappresentazione: che cosa succederebbe se una quarta nevicata fosse fatale per tutta la popolazione del paese? È qui che si distingue la figura dell’Eternauta, un uomo che fa parte del gruppo di pochi sopravvissuti in un paese profondamente devastato e a cui si affida il compito non di salvare la sua specie o di trovare una soluzione per il disastro ambientale che il paese affronta, ma semplicemente di viaggiare. Nella sua Storia Vera Luciano scriveva che “Motivo e scopo del mio viaggio, la curiosità intellettuale, il desiderio di novità, la voglia di scoprire dove finisca l’Oceano, e quali siano le popolazioni che vivono da quelle parti“, richiamando un tema che sarebbe stato incredibilmente importante in tutta la letteratura e l’arte successiva: il vagabondaggio, il viaggio come emblema dello spostamento e della scoperta, il movimento orizzontale come unica forma di conoscenza del mondo che ci è precluso.
Tutto il cinema Occidentale e Orientale, del resto, affronta il tema del viaggio a partire dai disastri sociali e politici delle due guerre mondiali: ispirandosi a vicenda, le due grandi scuole cinematografiche si affidano al tema del vagabondaggio con alcuni capolavori della settima arte, tra cui anche i nostri Ladri di biciclette o 8½, in cui – parafrasando Fabrizio De André – la ragione stessa del viaggio è viaggiare. Nel celebre fumetto che dà vita all’Eternauta il protagonista Juan diventa, così, non un uomo fedelmente ancorato agli aspetti del reale (come la serie intende mostrare), ma un essere quasi metafisico, che viaggia attraverso il tempo e lo spazio, ricreando quasi l’esperienza dei 50 Argonauti che vanno alla ricerca del vello d’oro, trascendendo tutti gli aspetti concreti dell’esistenza. Una grande confusione, un estremo caos attraversa l’Argentina nella sua discesa agli inferi della dittatura: in fondo, l’Eternauta vuole raccontare proprio questo. Che cosa succederebbe se una strana nevicata (una nuova classe politica) si imponesse con forza all’interno di un paese (conquistasse il potere) sterminando tutto ciò che tocca (abbattendo ogni forza dissidente) e decimasse la popolazione? Ne sovviene un racconto che, nelle sue intenzioni fondamentali, evidentemente si affida al caotico, al meta-umano, ad una dimensione altra di alieni che non sono alieni, ma solo rappresentazioni caricaturali e stereotipate di una nuova forma di sub-umanità (il dittatore) che uccide e deturpa l’umano.

La recensione di L’Eternauta e perché (al netto dei suoi pregi) è un prodotto fallimentare
Netflix ha già dimostrato troppo, e troppo spesso, di avere ben chiara una considerazione pregiudizievole dello spettatore che si rapporta ai suoi prodotti: non è un caso che serie come Black Mirror abbiano incontrato una forma di declino a partire dall’acquisizione della piattaforma di streaming. Il non-detto e il non-visto, in fondo, non sono proprio temi all’ordine del giorno per Netflix che impone una ferrea regola di spiegazione a tutti i costi e di concretizzazione di qualsiasi aspetto tratti, pur se in prodotti che non ne richiederebbero tale cura: L’Eternauta, così, finisce per diventare un prodotto estremamente piatto e banale, che incontra il fallimento nonostante i suoi aspetti positivi e i suoi pregi. È curioso osservare che la prima scena della serie TV fa riferimento alle proteste per la corrente elettrica, proprio nei giorni in cui un blackout ha attraversato Portogallo, Spagna e Argentina: questa casuale immedesimazione nel reale, però, lascia subito spazio ad un racconto che tenta di avvinghiare in qualsiasi modo la concretezza del survival movie, con tutti i meccanismi del caso. Nell’osservare esseri umani barricati in una casa, che non sanno cosa c’è fuori ma che sanno di non poter uscire, difendendosi da tutto ciò che è esterno, sembra di ritrovare le medesime caratterizzazioni di un film come Bird Box, che in effetti è lo specchietto per le allodole di Netflix, che addirittura considera quel lungometraggio come primo accesso al suo servizio (rendendolo gratuito anche a chi non ha un abbondamento).
E quando c’è necessità di mostrare l’alieno, pur in una cornice scenografica sicuramente convincente e con una cura degli effetti speciali mai banale – che conferiscono al comparto tecnico di L’Eternauta una buona dose qualitativa -, iniziano i problemi reali della serie che perde la sua classica dimensione comoda. Oscillando tra prodotto che vorrebbe rappresentare la difficile condizione degli esseri umani nella tragedia e rappresentazione metafisica che si scarna dal reale (per mezzo dei, seppur brevi e reiterati, sogni/premonizioni di Juan), L’Eternauta perde completamente il suo focus; complice anche una sceneggiatura non esattamente ideale, con una regia che spesso tenta di affidarsi a soluzioni estemporanee non riuscendo mai a ottenere una direzione ben precisa, la serie TV si pone in un centro che non riesce a far sua nessuna caratterizzazione ben precisa. Che cos’è, allora, L’Eternauta? Una serie di sopravvivenza e di cittadini che tentano di affrontare la tragedia? Un prodotto sulle vite che Juan ha già vissuto e che sta rivivendo, con dei déjà vu alla Dune che raggiungono un piano metafisico? Un racconto sugli alieni e sul loro controllo del pianeta Terra? Una profonda satira sulla dittatura? Si potrebbe dire: è tutto questo, ma questi 6 episodi non restituiscono alcun equilibrio nell’insieme di temi e rappresentazioni che si accavallano e alternano male tra loro, accompagnati da una – seppur straordinaria – interpretazione di Ricardo Darín il cui personaggio è l’unico sapientemente sviluppato. Il futuro sarà dirci se L’Eternauta ha le possibilità di andare oltre il suo stato di appiattimento banalizzante ma, per ora, il presente non è tanto lieto.