Articolo pubblicato il 9 Novembre 2022 da Bruno Santini
Presentato in anteprima alla diciassettesima edizione del Festival del Cinema di Roma, distribuito nelle sale cinematografiche a partire dal 3 novembre 2022. Co-scritto e diretto da Michele Placido mentre il cast è composto da: Riccardo Scamarcio, Louis Garrel, Micaela Ramazzotti, Michele Placido, Vinicio Marchioni ed Isabelle Huppert.

La trama di L’ombra di Caravaggio, diretto da Michele Placido
Papa Paolo V nel 1610, 5 anni dopo l’elezione a Pontefice, dà disposizione di indagare su Caravaggio condannato a morte per omicidio. Per ogni epoca, per ogni arte esiste sempre almeno una figura istrionica e tormentata, è destino che il dono della genialità sia racchiuso dentro un uomo ricco di controversie, destinato a scatenare le più feroci divisioni.
L’eterno dibattito non avrà fine, non ci sarà mai una soluzione definitiva che sappia veramente separare il giudizio delle sole opere con l’eco delle faccende personali, proprio perché quando si diventa artisti le situazioni private cessano di essere tali.
Michelangelo Merisi trasmette tutto il suo carattere rissoso e vulcanico nei dipinti che realizza, la sua ricerca costante del “Vero” scoperchia tutti i sentimenti, le passioni più nascoste e represse di ogni singolo individuo che si presta ad osservare i suoi capolavori. La sua potenza risulta totalmente destabilizzante, scatena un terremoto emotivo da cui non si può scappare, fa esplodere nel bene e nel male tutto ciò che abbiamo dentro: piacere, desiderio, violenza, ossessione.

La recensione di L’ombra di Caravaggio, con Riccardo Scamarcio e Isabelle Huppert
Chi lo ama si lascia ammaliare e controllare dal suo essere genio e sregolatezza, si lascia guidare da quello che le sue opere comunicano, tutto è cambiato e mai sarà più come prima, la conoscenza dei suoi quadri risulta a tutti gli effetti una folgorazione, un’epifania.
Chi lo odia invece ingaggia una lotta serrata e sfiancante contro la fragilità del proprio animo. La sua arte è irrefrenabile come un fiume in piena, i suoi lavori sono uno specchio capace di mettere in crisi l’ipocrisia dell’apparenza. La sua bravura è innegabile, non può non piacere ma fa paura perché scandalizza, anzi: incute terrore esattamente perché il piacere è generato dallo scandalo.
Il suo convivere apertamente con i suoi vizi e peccati mette in luce una gigantesca contraddittorietà e ambiguità tipica dell’essere umano. Espone alla luce del sole quello che i signori di palazzo consumano nelle segrete stanze, per poi armarsi di moralismo e rigore a discapito della gente comune. Una contraddizione manifestata dalla stessa Roma: capitale della cristianità, dentro di sé coesistono sacralità e mondanità, ricchezza sfrenata e povertà assoluta.
Un’ambiguità che possiamo riscontrare anche nel titolo: l’ombra di Caravaggio ci insegue dappertutto, ha raggiunto la nostra contemporaneità, si fa sentire in ogni artista che causa lotte dialettiche o che suscita dubbio e destabilizzazione nell’ordine in cui fondiamo la nostra mentalità. Allo stesso tempo noi siamo l’ombra di Caravaggio, una volta avuto a che fare con lui e la sua arte non ci è più possibile mollarlo, turbati e allo stesso tempo ricchi di meraviglia. Accade così al personaggio interpretato da Louis Garrel: mediante una struttura molto simile a Quarto Potere di Orson Welles, il suo percorso di inseguimento del pittore accresce in lui una feroce lotta tra la completa ammirazione e un’aggressiva repulsione che ha come risultato una morbosa gelosia impossibile da soffocare.
Una repulsione scatenata dalla consapevolezza che un uomo di strada, frequentatore di ambienti lascivi abbia capito più di tutti il significato evangelico. Nella scelta dei suoi soggetti ha dimostrato il vero significato del messaggio cristologico, rendendo protagonisti gli umili, i poveri, i dimenticati. Esattamente come nella nostra contemporaneità ha fatto Pier Paolo Pasolini con il suo Vangelo secondo Matteo.
Una vera rivelazione!