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La Zona d’Interesse: Jonathan Glazer spiega come ha gestito gli attori sul set

La gestione degli attori sul set di La Zona d’Interesse rappresenta sicuramente un tratto distintivo della pellicola di Jonathan Glazer, che ha spiegato come ha lavorato con Christian Friedel e Sandra Huller.
La Zona d'Interesse: Jonathan Glazer spiega come ha gestito gli attori sul set

Uno dei tratti distintivi del film La Zona d’Interesse è relativo sicuramente alla gestione degli attori e al loro movimento sulle set. Mentre, nel campo di concentramento di Auschwitz, si consuma il massacro e l’orrore, i protagonisti del film sembrano essere assolutamente impassibile: compiono azioni quotidiane, come dare l’acqua alle piante, bere il thè o farsi regali a vicenda, senza mai sentire l’inquietudine, non volgendo mai lo sguardo verso il campo, salvo rari casi che sono presentati all’interno della pellicola per un determinato motivo. Ciò è frutto di un duro lavoro da parte di Jonathan Glazer, che ha spiegato come ha gestito gli attori sul set.

Jonathan Glazer e la gestione degli attori sul set di La Zona d’Interesse

Si può dire che l’approccio di Jonathan Glazer sia stato “poco” cinematografico, se intendiamo come cinematografica la gestione di un set in cui è necessaria la drammatizzazione degli eventi e dei personaggi raccontati. Il regista britannico ha deciso di gestire i due attori protagonisti della pellicola, Christian Friedel e Sandra Hüller, in modo da lasciarli sostanzialmente liberi di compiere le loro azioni quotidiane. Il movimento della macchina da presa è pressoché assente, con camere fisse che sono nascoste negli angoli della casa, quasi a non interferire con le azioni dei personaggi, nell’evidente volontà di non sovraccaricare mai di intensità e di tensione le azioni dei personaggi. Queste le parole del regista:

L’approccio cambia a seconda del progetto: ogni film ha la sua corretta metodologia. Non c’era bisogno di drammatizzare i personaggi interpretati da Christian Friedel e Sandra Hüller. Il cinema con camera, luce e primi piani crea dramma. Ma io non volevo il dramma. Volevo osservare questi personaggi nella vita quotidiana: mentre mangiano in casa, prendono il caffè con gli amici. Attività di famiglia molto semplici. Quindi volevo eliminare la camera da questa atmosfera, in modo da non alterarla. Per questo film in particolare volevo vedere le loro azioni, i loro comportamenti, più che entrare nella loro psicologia. Quindi li ho ripresi a distanza, in posizioni neutre. Dovevamo semplicemente vederli. Gli attori non vedevano la telecamera, ogni parete era vera. Il meccanismo cinematografico non ha interferito con le loro interpretazioni. Li ho lasciati molto liberi e non dovevano ripetere sempre le stesse cose perché tutte le telecamere li riprendevano da ogni angolazione in ogni momento. Non si sono dovuti preoccupare di ricordare i gesti precisi. Poi non volevo feticizzare i nazisti. Volevo mostrarli per come sono. È stato un processo più simile al teatro.