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Recensione: Frankenstein, di James Whale con Boris Karloff

Recensione: Frankenstein, Diretto da James Whale con Boris Karloff

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Frankenstein
Genere: Horror, Fantascienza
Anno: 1931
Durata: 71′
Regia: James Whale
Sceneggiatura: Garrett Fort
Cast: Boris Karloff, Colin Clive, Mae Clarke, John Boles, Edward Van Sloan, Dwight Frye, Frederick Kerr
Fotografia: Arthur Edeson
Montaggio: Maurice Pivar
Colonna Sonora: Bernhard Kaun
Paese di produzione: USA

Dopo il successo del formidabile Dracula diretto da Tod Browning, in casa Universal inizia una corsa a quello che potrebbe essere il prossimo film di questo filone. Si decise di rimanere nell’ambito del sovrannaturale riproponendo uno dei romanzi di culto della cultura dell’orrore. Un film che avrebbe ridefinito completamente l’immaginario collettivo di questo personaggio. Stiamo ovviamente parlando di Frankenstein scritto da Mary Shelley e della sua controparte cinematografica del 1931 diretto da un poco più che esordiente James Whale. Questa è la recensione del Frankenstein di James Whale, il film che segnerà il successo dei mostri targati universal.

La trama di Frankenstein, diretto da James Whale

Henry Frankenstein (Colin Clive) è uno scienziato ossessionato dal tema della vita; assieme al suo assistente Fritz (Dwight Frye) decidono di donare vita ad una creatura unendo assieme parti di cadaveri e un cervello rubato che si rivelerà essere “guasto”. Ultimati i preparativi alla presenza della fidanzata del dottore Elizabeth Lavenza (Mae Clarke), del loro amico Victor Mortiz (John Boles) e del dottor Waldman (Edward Van Sloan) si solleva il tavolo operatorio. Un telo copre la mostruosa creazione (Boris Karloff) in questa notte tempestosa. Il tavolo scende e le dita si muovono. Il dottore urla una delle frasi più iconiche della storia del cinema “È vivo! È vivo! È vivo!”.

Recensione: Frankenstein, Diretto da James Whale con Boris Karloff

La recensione di Frankenstein, adattamento del romanzo di Mary Shelley

Risulta difficile ad oggi parlare di un film come Frankenstein. Il motivo? Per quanto il romanzo di Mary Shelley sia una vera propria pietra miliare della letteratura d’orrore, e forse uno dei primi albori di letteratura fantascientifica, il nostro immaginario collettivo ha riscritto il libro stesso con la versione del film. Momenti emozionanti come la notte tempestosa, completamente assente nel romanzo originale. L’iconico aspetto di Boris Karloff realizzato dal truccatore Jack Pierce (vero padre dei mostri universal) rimane subito stampato nella mente del pubblico. Eppure la differenza principale fra il film è il romanzo è anche il punto di forza della pellicola stessa. Se nel romanzo il mostro diviene crudele per gli abusi subiti, il film inserisce subito un elemento che permette di suggerire la natura deviata della creatura. 

Un cervello difettoso, un presagio di sventura. Un elemento che diventerà cardine in quasi tutti i mostri universal: la svolta inaspettata che porta alla luce la creatura malvagia. Creatura che nel film, nonostante dei momenti rilassati, dimostra sempre la sua natura in scene per l’epoca di forte impatto come la morte della bambina in acqua. Eppure il film non vive solo di una sceneggiatura divergente ed estremamente innovativa per il neonato genere horror. Charles D. Hall forte del suo operato nelle pellicole di Chaplin (in particolare “tempi moderni”) e dei primi lavori in casa universal come “l’uomo che ride” e “Dracula” crea una serie di scenografie che influenzeranno la storia del cinema. L’iconico laboratorio del dottore e il mulino infuocato, sono solo le più citate. Sfrutta inoltre per la prima volta la verticalità dell’immagine. Dimensione presente nel film con regia e gestualità dei personaggi che sembrano sempre volersi allungare verso l’alto, come alla ricerca di Dio. Lo stesso Dio che hanno sfidato e rinnegato.

Iconica l’apertura del film, che segna un vero e proprio spartiacque nella storia del cinema. SE in “Dracula” avevamo una conclusione  dove Van Helsing pronunciava la famosa frase “and remember that after all, there are such things as vampires! ”, qui la storia cambia. Il film si apre con un monologo interpretato da Van Sloan che ci ricorda di come assisteremo ad un’opera di pura fantasia. Invitando la sala a prepararsi ad emozioni contrastanti. Pensando ai gusti moderni ovviamente ci risulta ironico immaginare come una pellicola del genere potesse spaventare il pubblico. Come citato in precedenza il punto di forza delle prime 2 pellicole universal è stato proprio il potere orrorifico che riuscivano a generare nel pubblico. Un potere che ricordiamo, prima di allora non aveva mai turbato il pubblico americano con storie di questa portata.

Recensione: Frankenstein, Diretto da James Whale con Boris Karloff

Frankenstein: considerazioni finali sul film con Boris Karloff

Principale esponente del cinema espressionista americano e vero erede del cinema espressionista tedesco, Frankenstein è un vero e proprio capolavoro. Un film che vive di atmosfera e personaggi iconici, tali da fondersi con l’opera originale. Il film rifiuta tagli di luce virtuosistici come nelle versioni di Dracula, in favore di un respiro più ampio e di una tensione maggiore. Una vera pietra miliare della storia del cinema che mai sarà dimenticata (grazie anche ai numerosi sequel e parodie altrettanto iconiche). Non è la creatura ad essere viva ma il film intero. Pulsante, vibrante, mastodontico e a tratti profetico.

Voto:
4.5/5
Andrea Barone
5/5
Andrea Boggione
5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Matteo Pelli
5/5
Vittorio Pigini
5/5
0,0
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Voto del redattore:
Data di rilascio:
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Cast:
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