Articolo pubblicato il 22 Maggio 2023 da Bruno Santini
30 anni fa, nel 1993, nelle sale messicane uscì il lungometraggio “Cronos”, opera prima per il regista di Guadalajara Guillermo Del Toro che dà il via ad una filmografia imponente e tassello imprescindibile soprattutto per il cinema fantasy, contribuendo a riflettere il genere sotto prestigiose luci. Di seguito la recensione di “Cronos”, primo film diretto da Guillermo Del Toro.

Cronos: la trama dell’opera prima di Guillermo Del Toro
1500. Dopo essere scampato all’Inquisizione, un abile alchimista riesce a rifugiarsi a Veracruz, dove riesce a creare un misterioso marchingegno che sembrerebbe conferirgli la vita eterna. A seguito di un evento nefasto – verificatosi però secoli dopo – l’alchimista rimane ucciso, portando con sé nella tomba i segreti di quel singolare dispositivo.
Al tempo attuale, Jesus Gris gestisce un negozio di antiquariato ed un giorno, fortuitamente, ritrova all’interno di una statua di un arcangelo uno strano strumento dorato che stima possa essere antico di oltre 400 anni. Il marchingegno è infatti lo stesso creato dall’alchimista ed un giorno Jesus lo attiva: il dispositivo aziona così degli aculei che iniziano a succhiare il sangue dall’antiquario ma, in compenso, gli iniettano uno strano e misterioso liquido. Questa sostanza fa sentire Jesus vivo, giovane e pieno di forze, ma scoprirà di aver fatto nascere dentro di lui un’insaziabile sete di sangue: il prezzo della vita eterna sembrerebbe essere molto altro. Anche altre persone sono però alla ricerca dello stesso dispositivo creato dall’alchimista.
Cronos, la Recensione: una storia di vampirismo inaugura la filmografia di Guillermo Del Toro
Al momento “Cronos” del 1993 costituisce il primo ed unico lungometraggio, scritto e diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro in Terra natia, ma con i legami alla propria storia e alle proprie passioni che non terminano certo qui. Soprattutto i rapporti familiari da parte materna, portano infatti l’infanzia del regista verso un’impostazione educativa cattolica, al quale dogmatismo Del Toro è rimasto sempre scettico. Le passioni personale si ricollegano, tra le altre, inevitabilmente ai cosiddetti Mostri dell’Universal, ai vari Dracula, Frankenstein e tutti gli altri, anche e soprattutto il Mostro della Laguna Nera che lo porterà al futuro successo cinematografico. Con il suo primo film Del Toro prende con mano l’aspetto religioso – sempre presente nella sua filmografia, più o meno affrontato di petto (non è prettamente questo il caso) – e realizza un’ardita opera di vampirismo, con la “Passione” del suo Jesus che conduce a morte e resurrezione nel segno del sangue.
Proprio all’inizio degli anni ’90, il cinema horror stava vedendo – più che negli altri decenni – una spiccata rinnovazione e modernizzazione della folkloristica figura del vampiro sul grande schermo (solo l’anno prima dell’uscita di “Cronos”, il regista Francis Ford Coppola meravigliava il pubblico con il suo “Dracula, di Bram Stoker”), ed in questo processo filmico Del Toro si presenta a modo suo, omaggiando ed onorando i classici ma pur sempre improntando una propria cifra stilistica. Questo è possibile notarlo già in “Cronos”, quando il regista e sceneggiatore racconta, nella sua storia di vampirismo, una vera e propria fiaba dark, affrontando temi spiccatamente drammatici – come l’inesorabile scorrere del tempo e la possibilità di vita eterna che si presenta alle porte di un uomo ormai anziano – ma con un tocco proverbialmente delicato e sognante, senza rinunciare al sangue del genere. Lo spettatore entra così in empatia con il mostro succhiasangue, con il diverso, con l’alieno/estraneo, provando anche un forte sdegno per una bella fetta viziosa del genere umano nella continua ed avara ricerca caccia al potere.
Un biglietto da visita coinvolgente e comunque funzionale a presentare il suo cinema, attraverso il quale lo “sconosciuto” Del Toro inizia a costruirsi un proprio nome, riscuotendo anche un considerevole successo di critica nella presentazione al Festival di Cannes, durante il quale vinse il premio Mercedes-Benz per il miglior film e con “Cronos” che venne designato (poi scartato dalla shortlist) come rappresentante messicano per l’edizione degli Academy Awards.

Cronos, la Recensione: il debutto cinematografico di Del Toro tra sangue ed ingranaggi
Una certa ricercatezza nel tratto distintivo autoriale di Guillermo Del Toro che non fuoriesce in “Cronos” solo ed esclusivamente dalla sceneggiatura e dalla peculiare ed inconfondibile trattazione del “mostro”, ma anche e soprattutto dal gusto gotico, fiabesco e di dark-fantasy che ammanta l’opera prima del regista messicano. La pellicola del 1993 segna infatti il primo episodio della storica collaborazione tra il regista e il direttore della fotografia Guillermo Navarro, il quale inizia ad imprimere affascinanti dualismi anche nell’aspetto cromatico e non solo nella scissione e sviluppo narrativo. I colori più caldi del rosso sangue e dell’ambra dorata si trovano in contrasto e al contempo si mescolano con quelli più freddi del blu tenebra e dell’umido verde muschio, dando solo un assaggio dell’esperienza visiva che verrà poi premiata successivamente col premio Oscar.
A trainare l’intrigante direzione della fotografia di Navarro, rimane comunque la regia già di alto livello di Del Toro soprattutto nei movimenti di camera, per trainare una storia horror che vive più per tensione e mistero che di orrore puro. Altro elemento degno di nota è poi il saper esaltare nella messa in scena ingranaggi e parti meccaniche degli oggetti/soggetti a disposizione del regista, in questo caso ricollegandosi specialmente alla ripresa interna del dispositivo “aracnoide”. Nella sua semplicità infatti, quella di mettere ben in evidenza le componenti della sua scenografia costituisce per Del Toro una tecnica di ripresa volta ad arricchire fortemente la visione di una maggior tenuta fisica, tattile e quanto più fantasmagoricamente veritiera (un “tocco d’artista” che sarà poi ripreso praticamente in tutte le prossime opere del cineasta messicano, specialmente Hellboy e Pacific Rim).
Oltre però alla collaborazione con Navarro, “Cronos” del 1993 segna l’inizio anche di un’altra prolifica collaborazione di successo, ovvero quella tanto abbracciata soprattutto dai fan tra lo stesso regista e l’attore statunitense Ron Perlman, uno degli interpreti feticcio principali della filmografia di Guillermo Del Toro. Anche dal punto di vista delle prove recictative, il film sa regalare le sue performance degne di spessore, dove Perlman però viene relegato a personaggio secondario a favore di un convincente Federico Luppi nel ruolo del vero protagonista tormentato, sognante, mostro ed umano. Non si parla ovviamente di un’opera magna ed assolutamente completa dato che, come tutte (o quasi) le opere prime, anche “Cronos” difetta dell’inevitabile mancata maturazione artistica, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto tecnico, da ricondurre specialmente alla natura “indipendente” della produzione. Sebbene il film sia infatti di alquanto grezza realizzazione in quasi tutte le sue componenti, “Cronos” rimane notevolmente affascinante e, cosa più importante, ha inaugurato la filmografia di un grande cineasta come Guillermo Del Toro a livello mondiale.