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Master & Commander: La vita in mare come non la si era mai vista

Erano i primi anni 2000, Peter Weir, regista tra i tanti de l’attimo fuggente e fresco del successo per The Truman Show, decide di lavorare su di un’opera ben diversa dalle ambientazioni a cui ci aveva abituato. Adatta due romanzi della saga avventurosa di Patrick O’Brian “Master & Commander” e “Far Side of the world” sul capitano Jack Aubrey alla guida della Surprise, nave della Marina britannica al servizio nelle acque americane durante le guerre napoleoniche. Nel 2003 esce così “Master & Commander: Sfida ai confini del mare”, titolo nato dalla fusione dei due romanzi adattati, un film che ha senza dubbio detto la sua in una annata decisamente particolare elogiato sia dalla critica sia da buoni incassi al botteghino, sebbene forse non abbia raggiunto a pieno il successo sperato nè la fama che avrebbe meritato. Saranno ben dieci le nomination agli Oscar guadagnate con ben due statuette portate a casa: Fotografia e Montaggio sonoro. Un bottino di certo non misero se si pensa al peso da novanta che monopolizzò (giustamente) quella edizione: “Il signore degli anelli – Il ritorno del re” di Peter Jackson.

Weir mette in scena un film di due ore e mezza belle piene, interamente (o quasi) ambientato sulla Surprise. Impeccabile la cura nei dettagli, dai costumi alla scenografia, un vero e proprio documentario, con le dovute licenze, sulla vita marinaresca dei primi dell’Ottocento. Grande cura anche nella scelta del cast, dei caratteristi e delle comparse, con un eccellente lavoro di trucco ad amalgamare il tutto. Una regia pulita, senza troppi fronzoli, ma che sa muoversi agilmente tra gli spazi angusti della nave per poi ampliare il campo quando si scende a terra e nelle scene di battaglia in mare. Proprio quest’ultime, non onnipresenti ma decisamente incisive, sono senza dubbio le migliori mai viste al cinema per costruzione e per sapiente gestione della tensione. È simpatico notare come il suo precedente “The Truman Show”, film profondamente diverso in ogni aspetto, avesse però una sequenza finale in mare che, per più di un’affinità in ambito tecnico, sembra quasi essere stata un piccolo banco di prova per Peter Weir. Grande plauso va fatto alla colonna sonora, sia quella originale che da ritmo alle sequenze più adrenaliniche sia alla scelta raffinata di brani di musica classica, da Bach a Boccherini, per i momenti più riflessivi e significativi.

La sceneggiatura, dello stesso Weir, sembra essere un perfetto bignami sia descrittivo di quella che era la vita sulle navi di allora sia di tutti gli stilemi narrativi tipici del genere. Evidenti i rimandi ad un classico immortale come “Moby Dick”. La caccia senza fine alla Acheron, misteriosa nave rivale battente bandiera francese, che spingerà l’equipaggio e il suo capitano al limite, nel solcare mari tempestosi, a fare i conti con il freddo del polo sud e il caldo dei tropici, altro non è che in fondo la caccia alla altrettanto misteriosa balena bianca del romanzo di Herman Melville. E così come in Moby Dick il nemico più grande sarà quello dentro gli animi degli uomini posti in situazioni estreme. Le superstizioni dilaganti tra i marinai, un capitano che rischia di perdere la cognizione di dove finiscano i suoi doveri per la patria e dove inizia la sua crescente ossessione personale. Al viaggio avventuroso ai confini del mondo della Surpise si affiancherà un viaggio ben più oscuro nell’animo umano. Molto interessante anche l’aver inserito nell’equipaggio della nave la figura del medico di bordo e biologo Stephen Maturin, un Charles Darwin che impersona un altro aspetto affascinate del periodo, le scoperte naturalistiche generate dall’aver raggiunto luoghi così remoti. Le dinamiche tra lui e il capitano Aubrey, i loro incontri e scontri, tra l’amicizia che li unisce e i diversi interessi, tra l’importanza della scienza e le priorità della guerra, sono senza dubbio uno degli aspetti più belli della pellicola. A sorreggere ancor di più il tutto una coppia di attori in stato di grazia, un Russell Crowe (capitano Aubrey) all’apice della sua carriera, carismatico e nato per il ruolo e una spalla come Paul Bettany (dott. Stephen Maturin) in perfetta sinergia, forte probabilmente della precedente e recente collaborazione in A Beautiful mind, oltre al già citato cast di caratteristi e comparse decisamente ben assortito.

Master & Commander è una grande perla dei primi anni 2000, un film di cui oggi non se ne parla abbastanza rispetto a quanto meriterebbe. Un ambizioso progetto di Peter Weir che ha dato decisamente i suoi frutti. Peccato che non possa essere stato il primo capitolo di una saga, i presupposti c’erano tutti e anche le intenzioni. Oggi probabilmente il secondo capitolo sarebbe stato scontato ma allora i tempi non erano ancora maturi e la sovrapposizione con un altro film, dai toni e dal target ben diverso, ma sempre di ambientazione marinaresca, come “La maledizione della prima luna” con il suo successo disarmante ha portato il mercato di Hollywood su di un altra strada. Non resta per noi che continuare a scoprire, riscoprire e goderci questo primo perfetto capitolo.

– Carlo Iarossi