Il crossover tra King Kong e Godzilla ebbe incassi senza precedenti, per questo la Toho decise di proseguire facendo combattere il kaiju con un altro mostro proveniente da un film di successo. Così, nel 1964, sempre con il ritorno di Ishirō Honda alla regia, arrivò Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri, quarto film della saga di Godzilla ed il primo in cui appare Mothra.
La trama di Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri
Il film, intitolato in originale Mothra Vs Godzilla, è sia il sequel di Mothra di Ishirō Honda che il sequel di Il Trionfo Di King Kong dello stesso regista: pur essendo il crossover tra lo stand-alone del 1961 e la saga di Godzilla, il lungometraggio è perfettamente comprensibile anche al pubblico che non si è mai approcciato ai film precedenti. Inoltre l’uscita di Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri coincide con il decimo anniversario di Godzilla. A causa del discutibilissimo adattamento italiano, nel film Mothra viene chiamata Watang. Il lungometraggio presenta la seguente trama:
“A causa di un furioso maremoto, su una spiaggia della costa giapponese viene trovato un gigantesco uovo. Quando gli scienziati provano ad esaminarlo, l’uovo viene sequestrato da Kumayama, vicepresidente della Happy Enterprises. Le Cosmos, le due piccole sacerdotesse provenienti da Infant Island, avvisano che l’uovo appartiene a Mothra e che, nel caso si schiudesse, potrebbe creare un sacco di danni alle città vicine. Per questo motivo le Cosmos chiedono la restituzione dell’uovo affidandosi all’aiuto dei giornalisti Ichiro Sakai e Junko Nakanishi, ma gli uomini della Happy Enterprises non sono disposti ad accogliere tale richiesta. Nel frattempo le cose peggiorano poiché, improvvisamente, Godzilla ritorna.”
La recensione di Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri
Ormai sembra quasi banale lodare la straordinaria tecnica degli effetti speciali di Eiji Tsuburaya, che continua a sperimentare con delle innovazioni analogiche impressionanti per l’epoca: per la prima volta Godzilla si confronta con un personaggio non concepito attraverso la suitmation, ma attraverso marionette animate con straordinaria abilità. Lo sbattito delle ali di Mothra durante il combattimento con il sauro atomico è estremamente realistico grazie all’utilizzo di ventilatori molto potenti che permettono alla falena di ottenere i movimenti di un insetto vero. Sono incredibili i primi piani del volto di Godzilla che viene colpito dalle zampe del suo avversario, con la testa che si dimena mentre il tatto degli arti del kaiju femminile vengono mossi da fili invisibili che scioccavano gli spettatori degli anni 60. Non si può inoltre evitare di citare il momento in cui la coda di Godzilla viene trascinata da Mothra, ultima volta in cui Eiji Tsuburaya decide di utilizzare la stop motion prima di affidarsi definitivamente alle tecniche che lo hanno reso un maestro intoccabile in tutto il mondo. Ma gli splendidi effetti non si limitano soltanto al combattimento tra i due mostri: è impossibile non citare la scena in cui Godzilla emerge dal sottosuolo, aprendo una voragine nel territorio e venendo sommerso dal terriccio della pianura sulla sua pelle, risultando fino ad oggi uno dei momenti più iconici del personaggio.
Ancora una volta la grandezza degli effetti di Tsuburaya viene valorizzata dalla splendida messinscena di Ishirō Honda, a cominciare dalle possenti inquadrature dell’uovo di Mothra, il quale viene mostrato dall’alto come se fosse una grande statua che si distingue dalla spiaggia circostante, ispirando anni dopo Denis Villeneuve per le riprese dell’astronave di Arrival che si erge nelle pianure. Meravigliose anche le inquadrature degli antagonisti, evidenziati in tutta la loro povertà d’animo, in particolare nel momento in cui aprono la cassaforte e le banconote degli yen appaiono posizionate poco sotto i loro volti pieni di avidità, come se il fruscio di quei pezzi di carta fosse l’unica cosa che riesce a mettere insieme i loro corpi. Indimenticabili le scene di Mothra, ritratta da Honda come la dea di un tempio nello straordinario piano in cui è posizionata su una roccia, osservando gli uomini come se fosse un’entità ancestrale irraggiungibile ma non per questo meno compassionevole.
Il momento in cui però l’autore si supera definitivamente è nelle scene di Godzilla: quando il mostro distrugge, spesso non lo fa in modo convenzionale, perché Honda, per la prima volta, si focalizza nelle parti del corpo del kaiju facendole apparire semplicemente troppo ingombranti per il contesto che lo circonda. La coda di Godzilla rimane impigliata in una torre ed il dinosauro, infastidito, tenta di liberarsi distruggendo ciò che c’è attorno, così come i danni che provoca inciampando in un quartiere che si trova in un piano più basso, disorientando il kaiju che non è abituato a stare in un mondo urbano. Pur rimanendo ancora l’antagonista, quasi tutte le scene di Godzilla mostrano un animale ritratto come un pesce fuor d’acqua, un dinosauro la cui tragedia è quella di essere arrivato in un tempo che è troppo avanti per lui. Non ci sono discorsi su Godzilla che approfondiscono la condizione esistenziale problematica del kaiju, ma Honda sa che non ce ne è bisogno e lascia parlare le immagini della distruzione che si alternano con il disagio di Godzilla che viene espresso nei suoi ruggiti. Raramente un altro film di mostri giganti, compresi i prossimi capitoli della saga di Godzilla, evidenzierà così tanto le problematiche delle dimensioni dei kaiju con così tanta personalità: Honda anticipa molti anni prima il cinema di Tim Burton e di Guillermo Del Toro in cui il dolore dei mostri e la compassione verso di loro sono avvertiti nelle loro manifestazioni. Mothra stessa, pur essendo una falena gigante, diviene in questo film il primo mostro gigante della storia del cinema a non essere mai portatore di distruzione, diversamente da King Kong che, nonostante fosse l’eroe della storia del film precedente, aveva comunque delle scene in cui risultava un pericolo di cui aver paura. Su questo elemento non si era spinto nemmeno l’originale Mothra, dove il kaiju omonimo, pur divenendo uno dei personaggi capisaldi del cinema fantasy, era comunque involontariamente responsabile di numerosi disastri, mentre nel crossover non fa mai del male a nessuno.
L’avidità di Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri
In Il Trionfo Di King Kong veniva attaccata l’ossessione per il consumismo attraverso una satira bizzarra. Stavolta l’autore toglie qualsiasi contesto comico, ma continua con il suo attacco all’eccessiva alienazione della crescita economica del Giappone. Il regista non condanna il bisogno di aiuto dei piccoli proprietari terrieri, i quali si ritrovano con le loro risorse devastate dal maremoto e quindi osservano immediatamente l’uovo di Mothra come un’occasione per poter avere un ritorno economico che li aiuti a mandare avanti le loro baracche. Honda infatti non da questa voce ad un solo pescatore del luogo, ma ritrae sempre un gruppo che richiede quanto pattuito come una comunità compatta e decisa, pronta a ricostruire il loro quartiere. Le vere persone su cui Honda punta il dito sono i ricchi industriali, i quali approfittano dell’occasione per accumulare guadagni e costruire un gigantesco villaggio turistico attraverso l’uovo di Mothra. Non sono interessati all’importanza culturale di una scoperta scientifica così grandiosa, ma soltanto ai soldi dei biglietti venduti, ritornando quindi alla profonda critica del consumismo già mostrata nel film precedente, ma con una dose raddoppiata di disgusto nei confronti dell’avidità umana. Quest’ultima infatti non conosce ragioni: non importa quanto lo sfruttamento dell’uovo potrebbe attirare calamità naturali, perché i milionari non rinunceranno mai al guadagno.
Le Cosmos, guardiane di Mothra, rappresentano una voce che è piccola come le loro dimensioni (il loro aspetto ricorda quello di Trilli nel libro Peter Pan) in quanto diversa dagli scopi che la società è abituata ad inseguire: perché dovrebbe essere una cosa prioritaria il preoccuparsi della Terra? Eppure questa voce è così profonda e sincera, ma sembra condannata ad essere inascoltata. Tuttavia Honda evidenzia la grandezza dei giornalisti e degli scienziati, gli unici che danno importanza alle parole delle Cosmos, mostrando anche quanto una campagna mediatica può attirare l’attenzione delle persone. L’autore mette in primo piano le fondamenta della comunicazione, anche se, allo stesso tempo, mostra quanto la perseveranza dell’avidità umana sia così forte da risultare inamovibile anche di fronte alla forza dell’opinione pubblica. All’uomo non importa essere giudicato male nel caso possa arricchirsi: persino l’avanzata di Godzilla appare in secondo piano, nonostante la gravità dei danni del kaiju. L’avidità tuttavia non è l’unica cosa criticata da Honda, perché ancora una volta viene mostrato il grande pericolo della bomba atomica: Infant Island non è più la splendida isola rigogliosa che era in Mothra, ma è diventata una landa desolata, la stessa trasformazione che subirà anni dopo la Rupe dei Re in Il Re Leone con la venuta di Scar. Un luogo triste, grigio e cupo, lontano dal verde di un tempo, con attorno gli scheletri degli animali, unici testimoni degli esperimenti atomici che hanno devastato le meraviglie della natura.
Eppure, davanti all’apparente morte del luogo, l’isola ha ancora un piccolo pezzo di terra rigoglioso con piante ed acqua, il luogo in cui viene adorata Mothra. Nonostante la distruzione dell’atomica, la vita è riuscita a trionfare ed andare avanti in qualche modo, segno che ci può sempre essere speranza. Mothra, dea della natura, è l’unico essere che può tenere testa a Godzilla, simbolo dell’atomica che lo ha risvegliato. Godzilla è immune alle sempre più dispendiose e disperate trappole degli umani, quindi l’unica cosa che può rimediare ai disastri contro la natura è la natura stessa. Ad ostacolare però tale cammino potrebbero essere l’odio ed il risentimento: gli indigeni, che avevano chiesto la restituzione dell’uovo (cosa non concessa a causa della decisione testarda dei proprietari milionari), sono arrabbiati con la civiltà moderna sia per i test atomici che per la loro ultima egoistica azione. Per questo, a causa della crudeltà umana, rifiutano di aiutare le persone in pericolo. Eppure che cosa può portare questo odio se non ulteriore sofferenza? Perché rimanere ancora divisi? Honda riflette su questo interrogativo, continuando la sua poetica riguardante l’idea che l’unione tra popoli e l’apertura tra le varie culture sono l’unica cosa che può mandare avanti il destino della terra, altrimenti perduta. Nonostante quindi si attacchi soprattutto il Giappone moderno, l’autore mostra che in qualsiasi popolo ci può essere il passo sbagliato, che sia quest’ultimo causato da avidità oppure da risentimento. La chiave è sempre la stessa: saper ascoltare.
La donna in Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri
Nel film Junko Nakanishi è una giornalista come Ichiro Sakai, ma quest’ultimo la riprende costantemente in quanto dilettante ed impulsiva. Eppure è proprio lei l’unica a notare i primi residui radioattivi mentre ispeziona il luogo con la macchina fotografica, il cui obiettivo inquadra immediatamente l’oggetto che sarà fondamentale per prevedere il disastro di Godzilla. Junko, in quanto donna, è maggiormente sensibile e quindi più attenta e più consapevole di ciò che accade intorno. Quando gli indigeni si rifiutano di esortare Mothra ad aiutare la civiltà giapponese, lei è quella che commuove tutti, evidenziando la morte delle vittime innocenti con l’avanzata di Godzilla e criticando i modi di fare delle persone che continuano a litigare tra loro anche nel caso delle disgrazie. Junko (interpretata da una bravissima Yuriko Hoshi) è una donna ignorata costantemente dai protagonisti all’inizio del film, ma è il personaggio che ha l’occhio più attento ed è quella realmente capace di fare ascoltare. La donna, abituata ad essere notata poco per quello che vorrebbe realmente essere nella società moderna, è qui fonte di salvezza.
Questo aspetto Honda lo prosegue anche attraverso altri elementi: le Cosmos (interpretate nuovamente dalle magnifiche cantanti Peanuts) sono le sacerdotesse di Mothra e le uniche che capiscono quello che il gigantesco kaiju sta provando, nonché le messaggere della sua volontà. Mothra stessa è una femmina e, quando comprende che deve proteggere il mondo da Godzilla, lo fa senza l’approvazione degli indigeni: ci arriva da sola perché lei è una dea, è un essere che va al di là delle stoltezze degli uomini e comprende nell’immediato ciò che è giusto fare. Mothra, il cui nome gioca anche sulla parola “mother” (simbologia che è stata associata al personaggio nelle opere successive), è l’essere per eccellenza che crede nel bene e nella compassione. Mothra è una femmina perché la donna è la natura stessa, la natura da cui ha inizio tutta la creazione dell’umanità. Per Honda la sensibilità della donna salverà il mondo, perché questa sensibilità gli permette di essere sempre avanti, cosa già mostrata, attraverso scene differenti, nel film originale del 1954. Alla sensibilità della donna si unisce l’importanza della fede, ricalcata costantemente in tutto il film e che porta a credere che ci sarà sempre qualcosa che potrà permettere agli uomini di prosperare.
La versione americana di Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri
La Toho, conscia del fatto che i distributori americani avrebbero potuto nuovamente realizzare un montaggio esclusivo rigirando nuove scene (cosa avvenuta sia con Godzilla che con Il Trionfo Di King Kong), decise di anticipare le decisioni del mercato estero e chiese a Ishirō Honda di girare una scena in cui Godzilla combatte contro l’esercito degli Stati Uniti appositamente per la release americana. Nella scena, realizzata con maestria, i missili americani sono gli unici che riescono a far atterrare, seppur temporaneamente, Godzilla. La cosa potrebbe sembrare eccessivamente ruffiana, ma Honda sfrutta la situazione a suo vantaggio: oltre agli effetti speciali, vengono aggiunti anche dei dialoghi tra i governatori giapponesi e quelli americani, i quali decidono di collaborare. In questo modo Honda inserisce un altro lato che mostra l’importanza dell’unione tra le culture, cosa che non solo aveva già approfondito bene in I Misteriani (film dove tutti i generali della Terra collaborano per combattere gli alieni), ma che rafforza la poetica di questo crossover.
Tuttavia, nonostante la furbizia di Honda, la versione americana taglia alcuni momenti in cui i villain si dimostrano particolarmente feroci, togliendo un po’ di potenza all’opera. Nonostante ciò, la differenza appare come quella tra le varie versioni di Blade Runner di Ridley Scott: anche se una versione può avere delle scelte più discutibili, si sta parlando sempre di un film immenso. Curiosa la scelta del titolo americano che è viene adattato come Godzilla Vs The Thing. Il marketing del lungometraggio puntò infatti su una creatura misteriosa di cui il volto non veniva mai rivelato, anche se i poster che anticipavano una creatura spaventosa con tentacoli e denti intravisti potevano essere definiti estremamente ingannatori. Il distributore Henry G. Saperstein giustificò la scelta pensando che la figura di Mothra potesse essere vista come un colpo di scena dal grande pubblico, il quale non si aspettava certo un mostro benefico. Questa operazione, fortunatamente, rappresenta l’ultima volta in cui i film di Godzilla sono stati modificati per il mercato estero nell’era Showa. In Italia fu distribuito direttamente il montaggio originale giapponese.
La nuova generazione di Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri
Attenzione: il resto della recensione contiene spoiler.
Nell’ultimo terzo del film, i due milionari della Happy Enterprises che sono stati mostrati sempre impassibili e insensibili nelle loro fredde decisioni, rivelano le bestie che sono davvero: nonostante Godzilla stia distruggendo tutto davanti ai loro occhi, entrambi pensano a litigare per le somme di denaro che hanno perso, azzuffandosi fino a spararsi a sangue freddo mentre uno di loro tenta di derubare l’altro. Così Kumayama muore tra le braccia delle sue banconote che non sono riuscite a salvarlo dai proiettili… ed anche Torahata, che è riuscito ad uccidere il suo avversario, soccombe al tetto che cade su di lui quando Godzilla abbatte l’hotel, subendo la punizione delle sue malefatte. Nessun uomo è immune a ciò che deve alla natura e prima o poi deve scontare la pena. Che sia per mano di un altro uomo o per mano della divina provvedenza, il capitalismo prima o poi crolla su sé stesso. Con la morte del capitalismo, si potrebbe pensare al trionfo di Mothra, che si avventa su Godzilla per mandarlo via, eppure, con uno straordinario colpo di scena, la falena muore e non riesce a sconfiggere il mostro pur utilizzando qualsiasi carta. La bomba atomica sembra aver vinto, annientando la parte più buona della natura che forse si è sacrificata invano per l’umanità.
Dopo la vittoria, Godzilla si avventa su un altro villaggio, ma il futuro appare ancora più spaventoso, perché nonostante la popolazione sia stata evacuata, è rimasta ancora una scolaresca che non è riuscita a fuggire: le prime vittime innocenti che potrebbero pagare sono quindi dei bambini, mostrando forse un’umanità che non ha un futuro. Eppure, alle scene di tensione in cui Godzilla si avvicina sempre di più, si alternano i primi piani delle Cosmos che pregano cantando e invocando la schiusa dell’uovo di Mothra. Mentre il pericolo è sempre più forte, la fede lo è altrettanto e si rivela essere l’unica arma quando tutto è perduto. I protagonisti umani stanno accanto alle cosmos e sembrano sperare mentre anche i nativi pregano in una danza rituale: Honda ancora una volta sottolinea l’importanza della fiducia e della speranza… ed alla fine questo accade. L’uovo si schiude, rivelando due gemelli. La speranza dell’umanità si basa su due nascituri, due cuccioli che, nonostante siano appena nati, hanno la forza per affrontare Godzilla. Le larve gemelle rappresentano due grandi simbologie: la prima è la vita che trionfa sulla morte, con la natura che continua quindi a riformarsi anche dopo che l’atomica l’ha uccisa. La seconda, forse ancora più forte, è la nuova generazione che nasce e che può rappresentare il futuro del mondo. Infatti qui avvengono i parallelismi: come la nuova generazione di bambini viene salvata dai protagonisti e sfugge alla furia di Godzilla, così la nuova generazione dei cuccioli di Mothra riesce a sconfiggere quest’ultimo.
Due cuccioli che sembrano essere niente di fronte ad un gigantesco sauro radioattivo che ha sconfitto la loro madre che sembrava più forte, producono una seta talmente potente da riuscire a intrappolarlo ed a mandarlo via, sconfiggendo ogni scetticismo sull’apparenza (le dimensioni non contano), così come Junko ha sconfitto lo scetticismo dell’uomo moderno sulla donna. C’è speranza per un futuro nuovo per tutti e la fede trionfa: infatti Mothra ha fede nell’umanità, l’umanità ha fede in Mothra e Ishirō Honda ha fede nella nuova generazione che verrà. Si tratta di uno dei più grandi finali che la mano dell’autore abbia mai concepito in tutta la sua carriera.
Watang! Nel Favoloso Impero Dei Mostri non è soltanto un kolossal girato divinamente con una profonda rappresentazione del rapporto tra l’uomo e la natura, ma è un film che anticipa i tempi sulla figura della donna e sull’importanza della nuova generazione. L’opera è uno dei più grandi capolavori della carriera del maestro Ishirō Honda, cambiando per sempre la rappresentazione dei mostri giganti e risultando, ancora oggi, il più grande crossover mai realizzato nel cinema.