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Come ha fatto la A24 ad ottenere così tanto successo

Un successo che è sotto gli occhi di tutti e che porta la A24 ad essere una delle case di produzione più ambite del momento: ma come ha fatto a riuscirci? Tutte le tappe e le ragioni del grandissimo successo della realtà indipendente.
A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III

Che piacciano o meno, negli ultimi anni alcuni dei film che sono stati più discussi, apprezzati, detestati, premiati e oggetto delle attenzioni globali vedono la firma in sede di produzione della A24: il caso esemplare è quello del pluripremiato Everything Everywhere All At Once, ma il solo triennio 2022-2024 include anche titoli come The Whale, Past Lives, Pearl, Beau Ha Paura e Civil War; questo, ovviamente, se si parla di produzione: il discorso si amplia in quello che è il vero e proprio capolavoro degli ultimi anni della A24, la distribuzione, e nel già citato triennio si aggiungono anche prodotti come Men e Talk To Me. I soli titoli indicati in sede introduttiva sono in grado di ricostruire parte di quel fil rouge che alimenta la storia della casa di produzione e distribuzione cinematografica indipendente statunitense, il cui successo è tutt’altro che scontato e casuale.

La nascita della A24 e il caso Spring Breakers

La A24 nasce nel 2012 ad opera di Daniel Katz e David Fenkel, rispettivamente impegnati alla Guggenheim Partners (per la ricerca di finanziamenti) e alla Oscilloscope Laboratories, di cui Fenkel era presidente e fondatore. A questi si aggiunge John Hudges della Big Beach; Katz, che stava viaggiando in Italia quando si concretizzò l’idea di dar vita alla futura casa di produzione e distribuzione, omaggiò il tratto stradale della Roma-Teramo, la A24 per l’appunto, che a posteriori può dirsi una delle strade più fortunose in campo cinematografico.

Passa soltanto un anno e, dopo due film distribuiti, Ginger & Rosa e A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, arriva la prima intuizione, che sarà poi fattor comune del grandissimo successo della A24. Con Harmony Korine e un cast che accoglie alcune delle star più discusse in ambito social e mediatico – Vanessa Hudgens, James Franco, Selena Gomez e Gucci Mane – la A24 si pone alle spalle della distribuzione di Spring Breakers, un film che non ha certamente accolto i favori della critica (per alcuni è un di rara bruttezza) ma che, inevitabilmente, ha ottenuto ciò che ci si aspettava: rappresentare quel clima di rottura che la cinematografia contemporanea impone, servendosi di star che portano il pubblico giovane in sala e facendo parlare di sé. Ad un anno dalla sua creazione, la A24 guadagna più di 8 milioni di dollari in un solo anno, derivanti per la maggior parte dalla distribuzione di Spring Breakers.

La strategia della A24 e una distribuzione tutt’altro che casuale

Bling Ring di Sofia Coppola, Under the Skin di Jonathan Glazer, Locke di Steven Knight, Enemy di Denis Villeneuve, The Rover di David Michôd, Giovani si diventa di Noah Baumbach, Ex Machina di Alex Garland, The Lobster di Yorgos Lanthimos, The Witch di Robert Eggers, Swiss Army Man dei Daniels: sono soltanto alcuni dei titoli che la A24 si è occupata di distribuire prima di ottenere la sua prima grande produzione, premiata agli Oscar niente meno che con la statuetta per il miglior film, di Moonlinght. Questi titoli vengono indicati non soltanto per un fattore prettamente numerico, ma per offrire una visione d’insieme di quella che è la grande strategia della A24 che, prima di diventare una casa di produzione ormai sulla bocca di tutti, è stata un’eccellente realtà distributiva.

Alcuni degli autori che oggi vengono riconosciuti come universalmente validi, in alcuni casi addirittura i migliori del momento, sono stati scoperti proprio grazie alla strategia di una casa di distribuzione indipendente che ha promosso – fin dalla sua nascita – una visione di cinema mai banale, improntata sul rifiuto di un’estetica classica e sul superamento di un sistema tradizionale tanto nella concezione, quanto nella fruizione di un film. I lavori proposti dalla A24 non sono mai, salvo alcuni casi, dei successi al botteghino, ma si ascrivono ad una nuova tradizione cinematografica che inizia ad essere riconosciuta anche dagli addetti ai lavori: l’Oscar ottenuto da Ex Machina per gli effetti speciali, del resto, può essere ritenuto come uno spartiacque importante nella storia della manifestazione a premi che inizia a cambiare totalmente il suo sistema di valutazione e riconoscimento delle opere. Al di là di ciò, la A24 è promotrice di un cinema che si abbandoni al piacere del mostruoso, dell’alieno, per certi versi dello sconosciuto: dal paesaggio post-apocalittico di The Rover fino alle streghe di The Witch, passando per la non-morte di Swiss Army Man e uomini che si trasformano in animali in The Lobster di Yorgos Lanthimos: la visione, ben chiara, della A24 è prediligere opere che non soltanto siano al di fuori degli schemi, ma che al contempo sappiano crearne anche degli altri.

Il successo e la smodata smania creativa in un periodo che richiede una nuova arte

Ad oggi, definire i confini del cinema indipendente è sempre più difficile, se non altro in campo prettamente economico. Un’opera come Beau Ha Paura, che costituisce uno dei flop più grandi del 2023, è stata finanziata con 35 milioni di dollari e ad Ari Aster – che sembra aver colto la palla al balzo per dar vita, in maniera sbilenca, a sogni, impressioni, terrori e repressioni esistenziali – la piena libertà creativa nella sua opera. È, se vogliamo, la deriva o comunque il marchio distintivo della A24, una casa di produzione a cui sempre più autori si affidano per trovare terreno fertile e carta bianca nella disciplina creativa.

Il successo della A24 è altissimo negli anni che vanno dal 2015 in poi, e ben presto la copiosa libertà creativa richiesta dagli autori sembra tramutarsi nel genere horror, non necessariamente da etichetta, che coinvolge anche opere come Il sacrificio del cervo sacro, Men, The Lighthouse o It Comes A Night; accanto a questi prodotti, però, c’è spazio anche per tanto altro attraverso i vari C’mon C’mon, Macbeth, The Whale e Past Lives. Ancora una volta, però, il collegamento per quanto flebile risulta essere visibile: in molti casi si osservano esordi, estrema fiducia e lavori produttivi estremamente, e forse addirittura incoscientemente, esosi, che da principio sembrano non essere in grado di ripagare il peso della produzione ma che danno quasi l’idea di inseguire altro. La A24 è una realtà che ha compreso perfettamente il periodo storico in cui agisce: la linearità, il peso del classicismo, la volontà di perseguire un binario storico sono destinati – anche se con un processo piuttosto lungo – ad allontanare un numero di spettatori costantemente più elevato, fino a generare una frattura che, magari tra decenni, apparirà insanabile; ecco che, in questo contesto, la casa di produzione e distribuzione indipendente si inserisce con forza, pescando e rimescolando elementi che esistono nelle tracce artistiche più lontane e disparate – di fatto accomunando una tradizione del Sundance con un’ideologia a tratti anti-occidentale – e creando un prodotto risultante assolutamente riuscito. È un successo di lungimiranza e comprensione dello stato d’animo attuale dell’umanità (o comunque di una sua parte) che, in fondo, richiede una nuova concezione dell’arte.