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Recensione – Another End, il film con Gael Garcia Bernal e Renate Reinsve

Film che mescola il genere sentimentale con la fantascienza, Another End è stato distribuito al cinema dal 21 marzo 2024: seguono la trama e la recensione del lungometraggio con Gael Garcia Bernal e Renate Reinsve.
Recensione Another End, film italiano con Gael Garcia Bernal e Renate Reinsve

Another End è un film italiano dal respiro internazionale, poiché è prodotto da Rai Cinema e Indigo Film, diretto da Piero Messina e interpretato di attori di diversa nazionalità. Il secondo lungometraggio del regista di L’attesa (2015) è stato distribuito al cinema dal 21 marzo 2024, ma è anche stato presentato in concorso al 74esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Another End ha destato grande curiosità per il soggetto presentato, per il cast che vi ha preso parte e per le ambizioni manifestate sin dal lancio del trailer; ma effettivamente ha rispettato le attese? Di seguito la trama e la recensione del film con Gael Garcia Bernal (Amores Perros) e Renate Reinsve (La persona peggiore del mondo).

La trama di Another End, film sentimentale e di fantascienza

Il fattore prettamente postmoderno e alquanto interessante è che Another End mescola il genere sentimentale con quello di fantascienza. Ma di cosa parla? Di seguito la trama del film di Piero Messina:

Il film è ambientato in un futuro prossimo, nel quale è stata data alle persone in lutto una grande possibilità: salutare chi non c’è più. Grazie alla nuova tecnologia Another End, si può incontrare nuovamente la persona cara, il dolore del distacco viene alleviato e si ha più tempo per potersi dire addio per sempre. Sal (Gael Garcia Bernal) non riesce più a vivere da quando ha perso la sua Zoe (Renate Reinsve), per questo sua sorella Ebe (Bérénice Bejo) gli consiglia di provare Another End. L’uomo ha la possibilità di entrare in contatto con la sua amata defunta attraverso il corpo di un’altra donna. Ma il programma prevede un numero limitato di incontri che non sembrano bastare per il distacco definitivo. Cosa resta di tutto quell’amore promesso quando erano in vita, una volta che il tempo finisce?

La recensione di Another End: com’è il film con Gael Garcia Bernal e Renate Reinsve?

In una società sempre più contraddistinta dalla riflessione sullo sguardo, e in tal senso il postmoderno ne è il manifesto cinematografico, Another End costruisce numerose premesse per indurre lo spettatore a porsi determinati interrogativi relativi proprio a questo argomento. Ci sono svariati elementi che custodiscono un virtuoso contenuto stratificato, con inquadrature e dialoghi apparentemente in grado di mettere al centro tematiche filosofiche ed esistenzialiste, ma che riconducono tutte al medesimo punto: la morte. Quest’ultima può essere intesa anche come strumento di analisi della vita stessa, di come certi comportamenti vengano direttamente influenzati dalla consapevolezza e dalla percezione che si ha circa un oggetto, una persona, ma in maniera ancor più semplice alla conoscenza ottenuta del rapporto tra i molteplici significanti e gli altrettanti significati. In un futuro prossimo e in un’ambientazione qualunque, poiché può trattarsi di una metropoli occidentale a caso, la nuova tecnologica denominata “Another End” permette all’essere umano di adottare un’illusoria metodologia finalizzata ad elaborare il lutto nel migliore dei modi possibili. L’apparizione del titolo stesso a inizio film, nonché i biglietti da visita dell’azienda qui presente, giocano semioticamente scomponendo le due parole in questione: “Not Here” prima, “Another End” poi; tradotto “Non qui”, “Un’altra fine”. E in effetti nel secondo lungometraggio di Piero Messina si discute molto sul concetto di persone “assenti”, non più concretamente qui per l’appunto, e sulla possibilità di prolungare l’esistenza coscienziale – tramite simulazione – per poter alleviare i dolori dei presenti.

La costruzione di premesse così interessanti non trova però riscontro nei fatti, poiché il fascino del film viene diluito in circa 130 minuti senza che vengano mai realmente approfonditi i concetti proposti superficialmente. L’apparenza, l’estetica e i virtuosismi che ne conseguono, così facendo, risultano esclusivamente una “bella facciata”, una forma suggestiva ma non accompagnata da un contenuto altrettanto forte. Qualche sprazzo qua e là non basta, e si ha come l’impressione che in fase di scrittura della sceneggiatura – a cui hanno lavorato ben quattro professionisti – siano emerse tantissime idee diverse mal amalgamate, portando alla realizzazione di una visione d’insieme confusa e inconcludente. Seppur figurino inquadrature ritraenti la società contemporanea nella sua costante sovrastimolazione, non sussiste mai alcun tentativo di ergere la macchina da presa a sguardo psicoanalitico. La crisi moderna dell’Io, la cessazione dell’individualità in virtù di una tutta digitale condivisione collettiva, la scissione in più parti della personalità, sono brevi scorci riflessivi presenti in Another End, ma così come l’immagine nel 21esimo secolo anch’essi durano pochi secondi e fuggono via per far spazio ad altro. Ma cos’è l’altro in questo caso? Nel film di Piero Messina si cerca a tutti i costi di generare un’atmosfera funerea – colonna sonora stridente; fotografia cupa; scenografia minimalista; abbondanza di primi piani sui personaggi – che però corrisponde in maniera fin troppo chiusa e circoscritta al dramma vissuto da Sal, il protagonista interpretato da un Gael Garcia Bernal quasi sottotono (Renate Reinsve decisamente meglio).

Insomma, lo stupefacente contenuto promesso si limita a mostrare sequenze sentimentali tra i due personaggi, ricamando il film su di loro e non sulle peculiarità necessarie a distaccarsi da altri titoli eccellenti nello stesso campo, Lei (2013) e Se mi lasci ti cancello (2004) su tutti. I ricordi vissuti in prima persona da altri, il museo dove vengono affissi in quanto dipinti, la metropolitana popolata e allo stesso tempo de-sensorializzata, il corpo come semplice contenitore; perché non estendere il racconto sulla base delle (poche) scene intrise di fascino? Sembra quasi che tali elementi siano frutto del caso e della fortuna, mentre lo scopo è tutt’altro: il genere fantascientifico viene sacrificato, e il risultato ottenuto è una specie di trilogia Before senza la penna di Richard Linklater e di Kim Krizan, ma con dei dialoghi più enfatici che di spessore. Infatti, si accentuano molto le sensazioni tramite i soliti “trucchi del mestiere”, ovvero una musica struggente di sottofondo con un primo piano intento a mostrare la sofferenza del personaggio X in rapporto ad azione Y realizzata nel momento Z.

La rigidità formale, tra le altre cose, non è giustificata dal momento in cui l’obiettivo prefissato è quello di lavorare per empatia e non per apatia. La ciliegina sulla torta arriva con il finale, il quale dimostra ancora una volta il peso di una preoccupante tendenza: stupire a tutti i costi lo spettatore è più importante della trasmissione dei contenuti, dei valori e dell’(auto)riflessione che la macchina dei sogni quale è il cinema può offrire. In questo caso specifico il colpo di scena è comprensibile anche dopo circa 40 minuti di film (basti pensare a determinate scelte di montaggio, le quali omettono alcuni rilevanti fattori dal racconto), per cui l’abbondante e lento pathos costruito nelle ultime sequenze risulta totalmente senza contesto. Lo sviluppo dell’ambiguità che c’è nel film non è molto credibile, anzi, si forniscono a più riprese elementi essenziali a far comprendere chiaramente dove andrà a parare la storia, per cui questo tanto desiderato sense of wonder di fatto non c’è. Another End, dunque, lascia l’amaro in bocca perché aveva del potenziale, ma in fin dei conti si conclude senza aver sviluppato nulla di rilevante: come i personaggi all’interno del film, ci si illude soltanto.

2,0
Rated 2,0 out of 5
2,0 su 5 stelle (basato su 1 recensione)
Recensione Another End
Another End
Another End

La tecnologia non conosce limiti, e Sal grazie al progetto denominato "Another End" può alleviare il dolore per la perdita della sua amata Zoe, solo che la coppia entra in contatto utilizzando il corpo di un'altra donna. Ma cosa accade quando il tempo finisce?

Voto del redattore:

4 / 10

Data di rilascio:

21/03/2024

Regia:

Piero Messina

Cast:

Gael Garcia Bernal, Renate Reinsve, Bérénice Bejo, Philip Rosch, Tim Daish, Olivia Williams

Genere:

Fantascienza, sentimentale

PRO

Interessante costruzione delle premesse
Buoni spunti riflessivi…
… ma restano solo su carta
Il genere fantascientifico viene sacrificato senza un reale motivo
I dialoghi non incidono
Finale goffissimo che cerca di sorprendere in maniera forzata