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Recensione: The Wicker Man, di Robin Hardy

The Wicker Man: recensione

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: The Wicker Man
Genere: Horror
Anno: 1973
Durata: 102 minuti
Regia: Robin Hardy
Sceneggiatura: Anthony Shaffer
Cast: Edward Woodward, Christopher Lee, Diane Cilento, Britt Ekland
Fotografia: Harry Waxman
Montaggio: Eric Boyd-Perkins
Colonna Sonora: Paul Giovanni
Paese di produzione: Regno Unito

1973, in America sono gli anni della crisi. Prima la caduta degli WASP, poi Nixon, il caso Watergate. Sono anche gli anni del rientro dal vietnam, del microprocessore, dello spazio. William Friedkin rende il suo esorcista il simulacro di una crisi interna, di un dissidio soverchiante. Che succede invece in Europa? Sono gli anni delle lotte fra Inghilterra ed Irlanda del Nord, del Bloody Sunday, degli attentati di Monaco, dell’arte povera, della galassia concettuale. Il contrasto fra rurale e urbano, una cristianità dilagante che si fonde al folklore locale. Controaltare di Friedkin, nonché genesi di un’estetica alla luce del sole, una rappresentazione dell’ipocrisia europea del periodo. Vi presentiamo quindi la recensione di The Wicker Man, capolavoro del 1973 diretto da Robin Hardy.

La trama di The Wicker Man, diretto da Robin Hardy

Al fine di procedere con la nostra recensione, vi presentiamo la sinossi ufficiale di The Wicker Man. Capolavoro del cinema horror presentato in sala al FIPILI: Per indagare sulla scomparsa di una giovane ragazza, il sergente Howie della polizia scozzese si reca sulla sua isola d’origine. Lì scopre l’esistenza di una libera società pagana che pratica uno strano culto.

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La recensione di The Wicker Man

Quando l’uomo di vimini approda sullo schermo, l’Europa (Italia in particolare) porta sulle spalle un grande peso. La zavorra dei maestri del decennio passato, dei veri uomini di cinema. Bava, Margheriti, Polselli e tanti altri. Sono gli anni della Hammer Horror e della nuda carne. Decenni di castelli, cripte e manieri. Sono gli anni del primo gore, dell’inquetudine e del sangue vermiglio. L’uomo di vimini nel suo bruciare non illumina solo la notte, ma il cinema tutto. Se in america Friedkin giocava con le ombre, Hardy si apre alla luce. L’inquietante non è l’assassino, né tantomeno l’orrore visivo. Sono le immagini calde e serene a turbare lo spettatore, l’apparente calma prima della tempesta che forse mai arriverà. Nell’esplorazione di una realtà tanto vicina quanto remota, si cela la vera paura. Quella di ciò che crediamo di conoscere, ma che in realtà non comprendiamo.

Il pregiudizio di uno sviluppo urbano che guarda alla periferia con sdegno. Selvaggi legati ad antichi riti, non illuminati dalla dottrina cristiana. In questo mondo di liberazione sessuale e rituali, si manifesta l’ossimoro di Summerisle. Tanto staccati dalla mera carne, quanto legati nello spirito. Tanto avanti nella percezione del sé, tanto apparentemente arretrati nelle loro credenze. Anticipando gli anni del Neopaganesimo, ma divenendone un manifesto. Canti e danze permeano l’intera pellicola. Un rituale cinematografico che libera la sala dall’oscurità. Ma non tradizionalismo, bensì un neopaganesimo innovatore. Perché The Wicker Man e gli abitandi di Summerisle non guardano al passato, dettano le regole del futuro. Ciò che prima era definibile una risoluzione del thriller alla Hitchcock, ora diventa qualcosa di nuovo. Creando un nuovo fortunato filone, anticipando i tempi e fotografando quel momento storico.

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Considerazioni Finali su The Wicker Man

Si potrebbero spendere migliaia di battute nel tessere le lodi di una pellicola come questa. Non basterebbe un canzoniere per narrare la sua importanza storica, la rivoluzione che rappresenta. Ma la verità è che la pellicola merita di essere riscoperta, riesumata dall’oblio. Succibe dell’ombra dei suoi empi successori, che ne hanno rubato forma e struttura. Questo renderebbe The Wicker Man un martire cinematografico. Morto nel tentativo di promuovere la sua fede e vincolato alla persecuzione della memoria. Eppure tracciando un azzardato parallelismo fra Neil Howie e San Sebastiano (dopotutto entrambi uomini di legge, ove i vimini divengon frecce), il loro intrappolamento e la loro tortura porta alla liberazione. Riscatto ambito anche dallo spettatore. Il rituale è compiuto, è andato a buon fine. The Wicker Man traghetta il cinema horror, verso nuovi ed inesplorati lidi.

Voto:
5/5
Andrea Barone
5/5
Alessio Minorenti
4/5
Vittorio Pigini
4.5/5