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Recensione: Beetlejuice – Spiritello Porcello: La Folle Commedia di Tim Burton

Beetlejuice - Spiritello Porcello: la recensione della commedia di Tim Burton

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Beetlejuice – Spiritello Porcello

Genere: Commedia, Fantasy
Anno: 1988
Durata: 92 min
Regia: Tim Burton
Sceneggiatura: Michael McDowell, Warren Skaaren
Cast: Michael Keaton, Winona Ryder, Alec Baldwin, Geena Davis, Catherine O’Hara, Jeffrey Jones
Fotografia: Thomas E. Ackerman 
Montaggio: Jane Kurson
Colonna Sonora: Danny Elfman
Paese di produzione: Stati Uniti D’America

Beetlejuice: Spiritello Porcello” è una delle commedie più celebri degli anni 80, nonché uno dei film più noti diretti da Tim Burton. Il film infatti è stato importantissimo non solo per aver lanciato la carriera del regista, ma anche quelle di Winona Ryder e di Michael Keaton. In occasione dei 100 anni della Warner Bros ed in attesa dell’uscita del sequel diretto nuovamente da Burton, il film è tornato al cinema nelle sale cinematografiche, per questo si coglie l’occasione per analizzarlo in una nuova recensione.

La trama di Beetlejuice: Spiritello Porcello, diretto da Tim Burton

Il cult diretto da Tim Burton presenta la seguente trama:

Adam e Barbara Maitland, dei coniugi pacifici, rimangono coinvolti in un tragico incidente che li uccide. I due diventano fantasmi e progettano di passare la loro vita dopo la morte con tranquillità, ma nella loro casa va ad abitare la ricca famiglia Deetz. Quando i nuovi coniugi vivi si rivelano insopportabili, i Maitland provano a spaventarli in tutti i modi per mandarli via, ma forse sono costretti a chiedere aiuto a Beetlejuice, uno spirito che si definisce un bio-esorcista che fa scappare le persone vive: tuttavia, nei suoi metodi sempre più estremi e pericolosi, sembra stia progettando qualcosa alle spalle dei Maitland. Nel frattempo Lydia, la figlia dei Deetz, è l’unica che sembra diversa da loro e che si accorge della presenza dei fantasmi.”

Recensione: Beetlejuice - Spiritello Porcello di Tim Burton

La recensione di Beetlejuice – Spiritello Porcello

La regia di Tim Burton è straordinaria: la sua macchina da presa evidenzia delle figure contorte e deformate, avvolte da un’atmosfera grottesca mentre le scenografie dell’aldilà seguono una fisica tutta loro, richiamando alle visioni più importanti dell’Espressionismo Tedesco. L’autore pone moltissima attenzione alle reazioni dei personaggi, evidenziando gli sguardi di figure colpite e travolte da esperienze che sconvolgono la loro esistenza, in contrasto con l’indifferenza degli individui più freddi. La cosa che colpisce è che la freddezza viene calcata con inquadrature più semplici e grigie, mentre l’immersione dei personaggi coinvolti prende vita con primi piani ricchi di colori e luci potenti. Da lodare gli splendidi trucchi di Ve Neill (giustamente premiati agli Oscar), così come l’artigianalità degli effetti speciali che rende il tutto ancora più grottesco e bizzarro: come resistere agli splendidi vermoni del deserto in stop-motion o agli altri fantasmi più mostruosi con sguardi che hanno tempi comici perfetti?

A tal proposito, la figura di Beetlejuice sembra essere un cartone animato vivente, un vero personaggio proveniente da un altro mondo: Michael Keaton fornisce dei movimenti al corpo surreali, con braccia, gambe e volto che si muovono nei modi più irrefrenabili, come se fosse fatto di gomma. Si tratta di una maschera impattante che si modella a proprio piacimento, fondendosi perfettamente tra la performance maleabile dell’attore e gli effetti speciali che lo trasformano: non è Michael Keaton ad adattarsi agli effetti, ma sono gli effetti ad adattarsi a Keaton, attraverso una fusione che anticiperà quella tra Jim Carrey e la cgi cartoonesca di “The Mask: Da Zero A Mito“. Oltre al sempre ricordato Keaton, non si può evitare di citare la performance di Winona Ryder, con il suo viso che sembra sempre sognante in quella atmosfera gotica, ma con occhi che allo stesso tempo sembrano vigili e sensibili, come se anche una mosca sarebbe capace di suscitare in lei un’emozione potente. Non scherzano nemmeno Alec Baldwin e Geena Davis, i quali suscitano compassione nei loro sguardi passivi che risaltano la totale incapacità di poter controllare gli eventi che arrivano, senza contare una meravigliosa Catherine O’Hara che trova un perfetto equilibrio tra saccenteria ed eccentricità.

Il vuoto della solitudine in un vortice di follia

Solitudine” è la parola che accompagna “Beetlejuice”, nonché uno dei temi più importanti di tutto il cinema di Burton: i fantasmi, creature abituate ad essere viste come maligne per diversi decenni nel cinema, sono dei personaggi sereni e tranquilli che vogliono essere lasciati in pace nei loro spazi più intimi. Questa nuova esistenza già li avvolge nello smarrimento della morte, ma rende loro ancora più a disagio quando sono costretti a condividere la compagnia con i vivi. L’incompatibilità dei protagonisti con i Deetz è evidenziata da una grande critica che Tim Burton mostra nei confronti della borghesia, rappresentata come uno sfondo sociale marcio ed insensibile, formato da persone che non riescono a sopportarsi perché mettono prima i loro desideri sacrificando qualsiasi rapporto umano: Charles e Delia non vanno mai d’accordo, perché uno vuole allontanarsi sempre dalla propria famiglia per rilassarsi, mentre l’altra vuole avere sempre la meglio nelle discussioni affinché si faccia continuamente come da lei stabilito, in modo da soddisfare il proprio ego. Questa insensibilità della ricchezza è dovuta anche al fatto che i Deetz non si lasciano rapire dallo stupore di incontrare delle creature paranormali, anzi, il primo pensiero è quello di sfruttare queste ultime per guadagnare contro la loro volontà, evidenziando come le più importanti emozioni umane siano ridotte al riflesso dei soldi agli occhi dei borghesi.

Beetlejuice di Tim Burton è un capolavoro: la recensione

Ma Burton sa che il mondo non genera esseri tutti uguali e sottolinea l’importanza dell’unicità attraverso la figlia Lydia: la ragazza è nata in una famiglia borghese, ma è completamente diversa perché negli anni ha sviluppato un’interesse per le cose più oscure, generalmente odiate dalla società. Gli stessi genitori si allontanano da lei perché non hanno idea di come trattarla in quanto diversa dai canoni richiesti dalla cultura reganiana diffusa negli anni 80, dove l’oscurità veniva bandita. Il lato dark di Lydia in realtà non è negativo, ma, al contrario, evidenzia una grandissima attenzione alle cose più piccole e misteriose, notando dei dettagli che agli occhi dei suoi genitori appaiono frivoli, ma che per lei sono importantissimi: è questa sensibilità a fare in modo che Lydia sia la prima ad accorgersi dei fantasmi, perché gli emarginati silenziosi sono in realtà le persone che più colgono le particolarità fondamentali della vita. I Maitland si sentono soli perché incompatibili con la nuova realtà della borghesia che li vuole consumare anche da morti, mentre Lydia si sente sola perché incompatibile con i suoi genitori, così questo bisogno da parte di entrambi permette loro di entrare in sintonia. L’autore mostra come la soluzione dei problemi della solitudine sia quella di trovare altre persone sensibili che siano aperte alle cose più diverse, esprimendo la loro creatività con un affetto sincero che possa riempire i loro vuoti.

La stravaganza della morte appare quasi affasciante, ma non viene mostrata come soluzione ai propri problemi: Tim Burton si diverte con l’ironia della morte, ma non la celebra mai, bensì evidenzia l’importanza della vita anche quando mostra gli altri spiriti dell’aldilà, anche loro afflitti dalla loro nuova condizione seppure attraverso momenti comici geniali (come l’uomo morto bruciato che continua a fumare sigarette). Ma in tutto questo che ruolo ha Beetlejuice? Questo spirito rappresenta il lato negativo della versione più folle di sé stessi, poiché anche lui è estremamente eccentrico, ma usa la sua diversità per prendersi quello che vuole. Beetlejuice tratta qualsiasi donna come oggetto sessuale ed i suoi poteri hanno esclusivamente lo scopo di renderlo superiore agli altri affinché possa fare il prepotente per il suo divertimento. Lui si approfitta degli altri affinché tutto possa tornare a proprio vantaggio, proprio come i vivi ricchi sfruttano i Maitland. Burton è molto chiaro: la stravaganza e l’eccentricità è un bene finché quest’ultima non fa del male a qualcuno… e quando c’è Beetlejuice il caos si trasforma in violenza. Come Lydia dimostra che non tutti i vivi sono cattivi, Beetlejuice dimostra che non tutti i morti sono buoni, risultando un villain straordinario e divertente che chiude questo delizioso cerchio di stravaganza.

“Beetlejuice: Spiritello Porcello” è un film che ha cambiato completamente i modi di intendere la forma del cinema comico postmoderno, mostrando come le figure più strambe e grottesche possano in realtà rappresentare la massima forma dell’espressività umana. La deformità degli ambienti travolge gli spettatori portandoli in una nuova intimità, evidenziando l’importanza delle persone emarginate in un modo originale che ancora oggi risulta scatenato e ricco di cuore. Questo lungometraggio non è solo il primo trionfo massimo del Burtonesque, ma è anche una delle più grandi commedie americane che la storia del cinema abbia mai partorito.

Voto:
5/5
Andrea Boggione
4/5
Arianna Casaburi
4/5
Fatteo Farina
3.5/5
Gabriele Maccauro
3.5/5
Alessio Minorenti
3.5/5
Matteo Pelli
4/5
Vittorio Pigini
4/5
Bruno Santini
3.5/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
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