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Recensione: Distretto 13 – Le brigate della morte, il secondo film di John Carpenter

Recensione - Distretto 13

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Distretto 13 – Le brigate della morte
Genere: Action, Thriller
Anno: 1976
Durata: 91′
Regia: John Carpenter
Sceneggiatura: John Carpenter
Cast: Austin Stoker, Darwin Joston, Tony Burton, Nancy Kyes
Fotografia: Douglas Knapp
Montaggio: John Carpenter
Colonna Sonora: John Carpenter
Paese di produzione: Stati Uniti d’America

John Carpenter è un regista che ha fatto della resa visiva il suo marchio di fabbrica, al netto del poco budget a disposizione nei primi anni della sua carriera. Distretto 13 – Le brigate della morte segna la continuazione di questo trend con un’opera cupa e nichilista ma al contempo ritmata e divertente. Ecco la recensione di Distretto 13 – Le brigate della morte, opera seconda del visionario regista americano uscita nel 1976.

La trama di Distretto 13 – Le brigate della morte, il secondo film di John Carpenter

Di seguito la trama di Distretto 13 – Le brigate della morte

 

Los Angeles, ghetto di Anderson. È un periodo di continui scontri a fuoco tra la polizia metropolitana e le gang di strada che imperversano per la città. Sei membri della gang Tuono verde vengono uccisi dalla polizia, mentre cercano di entrare in un deposito di armi. Avendo saputo cos’è successo, i  Voodoo, alleati dei  Tuono verde, giurano vendetta – tramite un patto di sangue – ai poliziotti. Vista l’esposizione agli assalti, il comando pensa di spostare il tredicesimo distretto al centro di Anderson, con il tenente Ethan Bishop (Austin Stoker) incaricato a supervisionare il trasloco. Contemporaneamente, il poliziotto Starker si reca al penitenziario dove dovrà aiutare i colleghi a trasportare il pericoloso detenuto – condannato alla pena di morte – Napoleone Wilson(Darwin Joston) ed altri suoi compagni di cella: Wells (Tony Burton) ed un altro ancora, scosso dalla tosse. Nel pullman che trasporta i prigionieri a Sonora, Starker intraprende un colloquio con Napoleone Wilson riguardo alla sua innocenza, interrotto solo dai lamenti del prigioniero malato, che pare più grave del previsto. Starker comunica all’autista di fermarsi al primo distretto utile: il tredicesimo distretto, ad Anderson. Poco dopo l’arrivo del bus al distretto, un uomo in evidente stato di shock bussa alla porta del dipartimento, Bishop scoprirà suo malgrado che l’individuo è braccato dai Voodoo e che quest’ultimi si stanno riversando in massa contro il tredicesimo distretto.

Recensione - Distretto 13

La recensione di Distretto 13 – Le brigate della morte, la violenza urbana secondo John Carpenter

Il primo lavoro di John Carpenter, Dark Star del 1974, fece drizzare le orecchie a parecchi produttori di Hollywood, convinti di aver trovato il cineasta in grado di realizzare opere a basso budget ma dall’alto contenuto artistico. Il secondo film del cineasta americano, Distretto 13 – Le brigate della morte, continua il percorso di Carpenter all’insegna del motto “poca spesa, tanta resa”, un autentico inno che contraddistinguerà la carriera dell’autore dagli anni 70’ all’epoca contemporanea. Girato in soli venti giorni e con un budget di centomila dollari, Distretto 13 è un omaggio nemmeno tanto velato al cinema western degli anni 50’ e, soprattutto, è una sorta di soft-remake di Un dollaro d’onore, classico del genere diretto da Howard Hawks con John Wayne. Chiaramente il budget limitato non permetteva a Carpenter di girare un western, il regista decide quindi di spostare il setting nei sobborghi di Los Angeles sfruttando la violenza che all’epoca imperversava sulle strade di quest’ultima per il pretesto narrativo del film.

 

Carpenter, da questo punto di vista, non fa figli e figliastri e Distretto 13 alza l’asticella della brutalità in modo esponenziale. A partire della causa scatenante che mette in moto il film, un omicidio talmente efferato che sul grande schermo raramente si è visto, fino all’assalto al tredicesimo distretto, i protagonisti dell’opera rimangono asserragliati all’interno di un palazzo dismesso, senza linea telefonica e senza apparenti aiuti esterni, isolati contro una minaccia tanto invisibile quanto tangibile. Carpenter, autore anche della sceneggiatura e delle splendide musiche, crea una tensione di stampo Hitchcockiano per poi far esplodere l’azione al momento giusto, dosando a meraviglia non solo il ritmo della suspense e delle sparatorie ma anche i tempi della narrazione in un’ora e mezza di pura adrenalina. Come un novello George Romero, Carpenter nella sua anarchica follia decide di mischiare in un unico calderone buoni e cattivi contro un male superiore, scatenato da una vendetta privata nella quale il fine giustifica i mezzi, senza però pensare alle conseguenze di tale atto.

 

In un mondo deflagrato dalla violenza, l’unico modo per rispondere ad essa è quella di rispondere al fuoco col fuoco: questo è il messaggio di Carpenter che, nonostante tutto, non fa di Distretto 13 un film reazionario. Esattamente come la frontiera del vecchio West, la Los Angeles descritta nel film è una terra di nessuno dove vige la legge del più forte, il cineasta americano riesce così a dare vita ad una città tetra e lugubre, dove il buio la fa da padrone e dove l’orrore ha il volto di una gang senza paura, senza moralità e senza nessun tipo di scrupolo.  In questo marasma di sangue e uccisioni, tuttavia, Carpenter riesce anche a delineare un profilo psicologico decisamente convincente per ognuno dei protagonisti in scena: il tenente Bishop incarna perfettamente il credo della polizia americana, quel “servire e proteggere” stampato su ogni auto delle forze dell’ordine, ligio al dovere e sempre pronto a fare la prima mossa per il bene degli altri. Diverso da lui, ma assolutamente uguale nel carattere è il condannato a morte Napoleone Wilson: il vero e proprio prototipo dell’antieroe Carpenteriano, cinico e disilluso, senza paura e con un brutto carattere. Bishop e Wilson sono le due facce della stessa medaglia, Carpenter nel mettere in scena questi due personaggi ci tiene a sottolineare che il confine tra il bene e il male è una linea sottilissima, quasi impercettibile, e che anche il peggior balordo della Terra, se messo alle strette, può risultare un’utile risorsa. Ma soprattutto che persino il poliziotto più integro e integerrimo può diventare un criminale se messo alle strette. Un paradigma che farà scuola nel cinema d’azione dei decenni successivi. 

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Distretto 13 – Le brigate della morte: dove vederlo in streaming

Distretto 13 – Le brigate della morte, disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video, è un’autentica botta di adrenalina: il secondo film di John Carpenter, seppur con un budget limitato e senza star di alto livello, riesce a portare a casa il risultato grazie ad un’atmosfera dark e con un ritmo forsennato che fa di questa opera seconda uno dei punti di riferimento del cinema action anni 70’. Howard Hawks e George Romero si incontrano nella narrazione di un vero e proprio capolavoro del genere d’azione, la poetica geniale di John Carpenter esplode in un’ora e mezza di pura tensione, accompagnata da performance attoriali di alto livello e da una regia attenta e maniacale, attenta a cogliere ogni singola sfumatura di una danza macabra fatta di tanto piombo e parecchia ansia. Una pellicola che fa da apripista alla carriera dell’autore americano e che regala al pubblico l’autentico archetipo dell’antieroe per eccellenza: una figura che si ritroverà facilmente non solo nel percorso cinematografico di Carpenter ma anche nel futuro del cinema action Hollywoodiano.

Voto:
5/5
Andrea Barone
4.5/5
Andrea Boggione
5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Riccardo Marchese
4.5/5
0,0
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Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
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