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Recensione – L’Esorcista, il capolavoro horror di William Friedkin

La recensione di L'Esorcista

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: L’Esorcista

Genere: Horror

Anno: 1973

Durata:132 minuti

Regia: William Friedkin

Sceneggiatura: William Peter Blatty

Cast: Ellen Burstyn, Max von Sydow, Lee J. Cobb, Kitty Winn, Jack MacGowran e Linda Blair

Fotografia: Owen Roizman

Montaggio: Evan Lottman, Norman Gay e Bud Smith

Colonna Sonora: Jack Nitzsche

Paese di produzione: USA

Usciva nelle sale statunitensi nel periodo natalizio del 1973 L’Esorcista di Willam Friedkin, film horror che sarebbe diventato tra i più importanti della storia del cinema e avrebbe generato una serie di innumerevoli sequel, reboot e remake. Il film è stato uno dei maggiori successi della storia del box office e ha incassato, a fronte di un costo di 12 milioni di dollari, 482 milioni di dollari.

La trama di L’Esorcista, diretto da William Friedkin

Di seguito la trama ufficiale di L’Esorcista:

 

“Quando una ragazza di 12 anni comincia a parlare in lingue straniere e ad assumere comportamenti paranormali, i medici dicono che non possono fare nulla per aiutarla. Mentre la situazione precipita, la madre della ragazza si rende conto che sua figlia è stata posseduta dal diavolo e che l’unica speranza possibile di sua figlia risiede in due preti e nell’antico rito dell’esorcismo demoniaco.”

Foto di L'Esorcista

La recensione di L’Esorcista, il capolavoro di Friedkin

A cinquant’anni dalla sua uscita L’Esorcista di William Friedkin rimane uno dei film più importanti della storia del cinema e uno dei pochi che si possa dire abbiano creato un nuovo filone. Quello che tuttavia sfugge spesso nelle analisi che intendono analizzare l’impatto di questa opera sul cinema che è venuto e che verrà è come parte di essa sia stata profondamente incompresa. Quello che sembra evidente è infatti che a essere ripresi e riproposti allo sfinimento siano soltanto degli elementi cardine in grado di far subito comprendere allo spettatore che quello che sta guardando è un film su un esorcismo. Ciò che spesso manca completamente è tutto il resto, ovvero quello che fa della pellicola di Friedkin un film imprescindibile. Tanto per cominciare l’esorcismo vero e proprio è presente solamente nel corso degli ultimi 20 minuti circa, più o meno in corrispondenza dell’arrivo di padre Merrin. Questo dice del modo in cui il pubblico era abituato a fruire di pellicole anche molto commerciali (come L’Esorcista si rivelò essere), come ne Lo Squalo, La Cosa, Halloween o Alien l’orrore si presenta soltanto come culmine di una certosina costruzione della tensione. In questo tipo di opere a far montare il terrore non sono continui e ripetuti jump-scare o facili espedienti registici finalizzati a far scaturire qualche spavento, i registi consideravano l’elemento paranormale presente nella pellicola come sublimazione di ansie e paure che venivano instillate nello spettatore nel corso della visione. A mancare poi è spesso la classe nel suggerire il mostro, nel lasciare volontariamente sfumati alcuni tratti della creatura o del pericolo che si va ad affrontare. Come nei film sopracitati infatti la minaccia che i protagonisti devono sconfiggere ha spesso origini ignote e motivazione oscure e in tal senso L’Esorcista è forse l’opera che meglio di tutte porta a termine questo procedimento. L’incipit iniziale in Iraq è una delle sequenze meglio realizzate e narrate della storia del cinema, Friedkin mostra un protagonista in una terra di cui a malapena comprende la lingua alla ricerca di un non meglio identificato manufatto e soltanto tramite elementi scenografici e stile registico immerge lo spettatore in uno scenario caotico in cui si percepisce si annidi un antico male.

 

Friedkin tuttavia non inserisce l’esorcismo soltanto sul finire della pellicola in quanto a corto di idee, ma anzi lo fa in quanto necessita di tempo per la complessa costruzione del suo mondo filmico. L’orrore che erompe inaspettato nella vita di una famiglia facoltosa negli Stati Uniti è infatti un valido punto di aggancio in cui ogni spettatore, a seconda della propria sensibilità, può percepire elementi del proprio vissuto. L’adolescenza di Regan, il turbolento rapporto tra i suoi genitori, sono tutti elementi che vengono introdotti nella pellicola e che sono necessari per una più compiuta caratterizzazione dei personaggi. Allo stesso modo i lancinanti tormenti che sconvolgono l’animo di padre Karras lo portano inesorabilmente a cercare nell’esorcismo finale una espiazione delle sue pene. Il decesso a seguito della malattia della madre unito alla sua incapacità di procurarle le giuste cure lo hanno lasciato in uno stato di completo sconforto. L’irrequietezza del suo sguardo assieme a dei gesti che ripete compulsivamente e alla ferocia con cui tira i pugni mentre fa boxe bastano da soli a descrivere il suo sentire più profondo, la sua continua lotta contro i fantasmi del suo passato lo spinge verso i profondi meandri della disperazione. Friedkin non rinuncia nemmeno in questa pellicola, come fatto due anni prima ne “Il braccio violento della legge”, a tratteggiare le misere condizioni in cui versano le vite delle forze dell’ordine, in questo caso dei sacerdoti o più in generale delle figure che dovrebbero proteggere e prendersi cura della società civile. A essere descritta è un’America profondamente iniqua e affatto attenta ai più bisognosi, dove nulla è un dovuto ma tutto va conquistato a discapito del prossimo, persino il diritto a essere assistiti.

 

Enorme pregio della pellicola poi è quello di valorizzare al massimo la figura dell’esorcista. Padre Merrin, oltre a essere protagonista dell’inquadratura più celebre della pellicola, è presente per un minutaggio limitato, eppure è forse il più incisivo dei personaggi. Come spesso accade nelle opere hollywoodiane Max Von Sydow è tenuto in disparte e interagisce con gli altri personaggi limitatamente, spesso nei momenti cruciali. Merrin crede nel male assoluto, al contrario di tutti gli altri protagonisti non dubita nemmeno per un secondo che quello di fronte a cui si trovano sia effettivamente un letale demone dell’inferno. Alla domanda se sia interessato a conoscere i sintomi che la ragazza manifesta risponde laconico con un “Che importanza ha?”. La sua visione del mondo concepisce la presenza dell’irrazionale, di un qualcosa che sfugge agli schemi della ragione e che va a colpire i timori più ancestrali e reconditi, che non può essere trasformato ma solo debellato.

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