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Recensione – Bussano Alla Porta, Il Nuovo Film Di M. Night Shyamalan

Bussano Alla Porta, il nuovo film di M. Night Shyamalan, nelle sale dal 2 febbraio

Dopo poco meno di due anni dal suo ultimo film Old, torna al cinema il prolifico regista indiano naturalizzato americano M. Night Shyamalan (Il Sesto Senso) con la sua ultima fatica, Bussano Alla Porta, adattamento del romanzo del 2018 La Casa Alla Fine Del Mondo di Paul G. Tremblay e che vede come protagonista l’ex star del Wrestling Dave Bautista (Glass Onion). Questa volta Shyamalan sarà riuscito a fare centro ? Il film, distribuito da Universal Pictures, sarà disponibile nelle sale italiane a partire dal 2 febbraio.

La Trama (No Spoiler) Di Bussano Alla Porta, Il Nuovo Film Di M. Night Shyamalan

Wen ed i suoi papà Eric (Ben Aldridge) ed Andrew (Jonathan Groff), decidono di trascorrere alcuni giorni nella loro casa in mezzo ai boschi, a contatto con la natura e per staccare dalla caotica città. 

Mentre Wen gioca fuori però, la raggiunge un uomo di nome Leonard (Dave Bautista), che si mette a parlare con lei come fossero amici e che, una volta che la bambina ha visto avvicinarsi altre tre figure ed essersi spaventata, la rassicura dicendole che, qualsiasi cosa accada, loro sono amici e lui non vuole farle del male.

 

Wen corre in casa ad avvertire i suoi genitori che, però, inizialmente pensano stia scherzando e non la prendono troppo sul serio. Il gruppo però, una volta aver raggiunto casa ed aver bussato ripetutamente, decide di fare irruzione e, dopo uno scontro con Eric ed Andrew, li prendono in ostaggioIl gruppo però è strano e, tranne forse un elemento, non sembra davvero violento ed anzi, sistemano i danni subiti dalla casa durante lo scontro e si scusano per il disagio. Disagio dovuto però a qualcosa di importante e che è la ragione per cui si trovano lì: come spiega infatti Leonard, sono lì perchè il destino del mondo è nelle loro mani e soltanto con il sacrificio di uno tra Eric, Andrew e Wen si potrà evitare l’apocalisse.  Non solo, il sacrificio di uno di loro dovrà avvenire per mano dell’altro e non per mano del gruppo capitanato da Leonard che, a quanto pare, non sono altro che messaggeri. La famiglia deve quindi decidere se credere alle loro parole o meno, con la sola televisione di casa come vero accesso al mondo esterno ed a cosa avviene al di fuori delle loro quattro mura.

 

Bussano Alla Porta, il nuovo film di M. Night Shyamalan, nelle sale italiane dal 2 febbraio

La Recensione (No Spoiler) Di Bussano Alla Porta, Il Nuovo Film Di M. Night Shyamalan

M. Night Shyamalan è sempre stato affascinato da storie apocalittiche e mistiche, con elementi surreali e magici ma, nonostante tutto, questo sembra essere il film più quadrato che abbia mai girato ed in cui, nonostante ci sia sempre una piccola e flebile speranza, esce fuori tutto il pessimismo del regista, un futuro che non sembra poi così improbabile ed in cui si avverte, in questo film più che mai, la sensazione che non ci sia via di fuga

 

In questo ricorda molto Cloverfield, il film di Matt Reeves del 2008 che aveva come aspetto di maggiore ed assoluto interesse proprio la capacità di far credere allo spettatore che non ci fosse nessun tipo di salvezza. Bussano Alla Porta finisce per raccontare sì qualcosa di diverso, ma riprendendone appieno l’atmosfera. Ciò che è sicuro è che però, a prescindere dalla storia che desidera raccontare, Shyamalan è un regista che sperimenta e che non si limita mai davvero al compitino, tenendo in considerazione il fatto che, per esempio, questo film ha deciso di girarlo su pellicola 35mm e di usare particolari obiettivi anni ’90 per dare la sensazione che il film fosse proprio di quell’epoca. 

 

Nonostante questo però, il film è più attuale che mai visto che le piaghe che piano piano avvengono e che avvicinano il mondo intero all’apocalisse, sono legate ad eventi come pandemie, cataclismi e guerreIn questo senso, un elemento molto interessante è il modo in cui Shyamalan mostra senza mostrare, lascia parlare le immagini nonostante si tratti di un film molto dialogato. Un lavoro che, come si può facilmente immaginare, non solo non è scontato nella cinematografia moderna, ma neanche così semplice. Per intendersi, nonostante nel film ci siano diverse morti, eccetto un paio di velocissime scene, lo spettatore non solo non vede mai il sangue, ma quasi non vede neanche i cadaveri.  D’altro canto, le piaghe che avvengono non ci vengono mai mostrate come davvero vicine ma sempre e solo attraverso le immagini trasmesse dalla televisione, con una sorta di metanarrazione che fa sì che lo spettatore sia costantemente impaurito ed angosciato ma senza mai vedere nulla davvero nel concreto. 

 

Per un regista come Shyamalan sarebbe stato estremamente fare un classico horror con jumpscare ed in cui violenza e distruzione vengono mostrati in continuazione, eppure lui sceglie di ragionare sul metodo di narrazione, tenta di cambiare ed evolversi facendo tesoro di tutta la sua esperienza e dei suoi film passati, spesso interessanti ma altrettanto spesso difettosi. Il talento di Shyamalan è poi evidente anche grazie alla sorpresa più grande del film: l’interpretazione di Dave Bautista. Egli viene diretto benissimo ma dimostra di avere effettivamente talento, come aveva già dimostrato con Blade Runner 2049 e, recentemente, con Glass Onion e di essere, senza alcun dubbio, il miglior attore che dal Wrestling è passato al cinema, con buona pace di John Cena e Dwayne “The Rock” Johnson.

 

Senza voler andare ad approfondire troppo il finale, ciò che è però evidente sin dall’incipit del film e che si riassume nella trama stessa, è che per porre fine all’apocalisse c’è bisogno di un sacrificio, di una scelta e, soprattutto, di credere, che è quello che Shyamalan chiede anche ai suoi spettatori: non solo credere se sia vero o no ciò che racconta Leonard nel corso dell’intero film, ma di credere in qualcosa nella vita, una vita che spesso taglia le gambe e butta giù ma una vita per la quale resta importante combattere, per rialzarsi, per noi stessi e per le persone a cui teniamo.  Non sarà un capolavoro, non sarà il film dell’anno, ma è un film che intrattiene e mantiene la tensione per 100 minuti e che, visto il periodo cinematografico e non che stiamo attraversando, ci fa solo tanto bene.

 

Il regista di Bussano Alla Porta, M. Night Shyamalan

M. Night Shyamalan E Quel Cinema Che Tanto Serve In Italia

Merita un piccolo paragrafo a parte una riflessione sul nostro cinema derivante proprio da questo Bussano Alla PortaNonostante sia un ottimo film, Bussano Alla Porta è lontano dall’essere un capolavoro ma, nonostante ciò, è uno dei migliori lavori di Shyamalan. Egli, nella sua carriera, ha diretto ottimi film come Unbreakable, Split o The Village, successi mondiali come Il Sesto Senso, ma anche film a dir poco fallaci, buchi nell’acqua come L’ultimo Dominatore Dell’Aria ed After Earth.


Nonostante una carriera altalenante, ha fatto delle idee il suo punto di forza maggiore e lavora con assoluta costanza e continuità in un mercato difficile come quello americano. Proprio all’interno del sistema americano, egli non si può di certo definire uno dei registi più importanti, vista la presenza di autori che fanno parte di un’altra categoria come, tanto per fare un paio di nomi, Quentin Tarantino o Paul Thomas Anderson, per cui potremmo definirlo un regista medio che, tra un film più riuscito ed uno meno, resta sempre interessante da seguire. Un regista medio, cioè esattamente quello che serve all’Italia: questo discorso porta con sè una grande quantità di variabili e sfaccettature che richiederebbero un articolo intero, problemi che vanno dallo stato delle sale, dal ruolo delle piattaforme streaming, fino a produzione e distribuzione di opere per cinema e televisione, eppure sembra evidente che quello che all’Italia manca davvero è una fascia intermedia di autori che hanno la possibilità di lavorare ed esprimersi e che vadano ad assottigliare il divario enorme che c’è tra autori importantissimi anche a livello internazionale ed altri che, invece, sembra lavorino o solamente perché portano ad un facile incasso senza però che ci sia dietro un ragionamento artistico, oppure che fanno ciò senza portare neanche un vero profitto ed il perché esista questa seconda categoria resta un mistero.


Un grande difetto che il paese ha è indubbiamente quello di pensare che ciò sia dovuto alla mancanza di talenti o teste pensanti quando invece il problema è molto più profondo e radicato.  Si tende quindi troppo spesso ad esaltare personalità, del cinema ma come anche della musica o dello sport, che magari hanno anche qualcosa da dire ma che vengono innalzati a geni o fenomeni non per vero talento ma perchè, purtroppo, sono tra i pochi che riescono davvero ad emergere.  Oppure, se la si vuole vedere in modo più negativo, coloro che prendono meno posizioni, che non fanno male a nessuno e che vogliono solamente fare questo lavoro.


Ciò può anche andar bene che esista ma non può essere una fetta così grande degli autori italiani che, essendo anche pochi ad emergere, al posto di essere considerati registi medi (molto spesso, neanche quello), si innalzano e vengono incensati come artisti veri ma che poi, se si aprono gli occhi e si guarda anche solo banalmente dai nostri vicini francesi o appunto negli Stati Uniti, non reggono minimamente il confronto.  Serve quindi un bagno d’umiltà, aprire gli occhi e rendersi conto che questo non mette a repentaglio incassi e sicurezze ma anzi, è ciò che serve per rilanciare il nostro cinema sotto ogni punto di vista. Serve assolutamente una fascia media d’autori, serve M. Night Shyamalan.

Voto:
3.5/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
4/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Alessio Minorenti
3/5
Paola Perri
2.5/5
Vittorio Pigini
3.5/5
Bruno Santini
3.5/5
Matteo Pelli
3/5
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