Recensione – Troll: il “Godzilla norvegese” è un gigante dai piedi di argilla

Articolo pubblicato il 4 Dicembre 2022 da Vittorio Pigini

Il 1° dicembre 2022 è stato rilasciato da NetflixTroll”, il 6° lungometraggio diretto dal regista norvegese Roar Uthaug (“The Wave”, “Tomb Rider”) con protagonisti Ine Marie Wilmann, Kim Falck e Mads Sjøgård Pettersen.

 

Come suggerisce il titolo, il film è un monster-movie che sfrutta l’alto budget per giganteggiare la filmografia del regista norvegese che – a parte la sua ultima avventura ad Hollywood, con il blockbuster del 2018 con protagonista Alicia Vikander – è sempre rimasta ancorata ai suoi cari fiordi. Dall’horror “Fritt vilt” del 2006 al disaster-movie “The Wave” del 2015 (quest’ultimo poi selezionato per rappresentare la Norvegia agli Oscar, anche se non è stato selezionato per le nominations), Uthaug ha sempre rappresentato su schermo la sua terra natia, con particolare occhio per la questione ambientalista e tenendo vivo il tanto sentito folklore fiabesco.

 

Tutti ingredienti presenti all’interno di un film che si presenta come una versione norvegese di Godzilla a tutti gli effetti, ma “Troll” avrà superato la prova? Di seguito la recensione del film di Roar Uthaug.

 

Troll: la trama del film di Roar Uthaug

La montagna di Dovre (Dovrefjell è un massiccio montuoso delle Alpi Scandinave) è una vera e propria protagonista di leggende, storie avventurose, ballate ed è spesso considerata il simbolo della Norvegia stessa. In una favola popolare, denominata “Una sera nella fattoria del vicino”, si può anche leggere come tutti i giorni lì si svolgano numerosi incontri tra troll e giganti.


Un luogo insomma ammantato di magia, ma le multinazionali non lo sanno (o vogliono dimenticare di saperlo) e decidono di condurre scavi nella montagna per poter costruire una nuova linea ferroviaria. Durante i lavori, un’esplosione fa risvegliare dalle profondità della terra un gigantesco e mostruoso troll di montagna, che inizia a creare il caos nella zona e costituendo una seria minaccia per la capitale Oslo.


Per far fronte al titanico pericolo imminente, il governo norvegese assembla una squadra di scienziati e studiosi per cercare di venire a galla della faccenda e poter trovare un modo “scientifico” per poter contrastare la creatura. Tra questi vi è Nora, il quale padre Tobias è un fermo credente del mondo magico e delle sue creature fiabesche. Per lo strambo genitore il fantastico non solo è reale, ma è stato da sempre oscurato dai “poteri forti” – proprio come il cattolicesimo ha colonizzato la terra norvegese – e ha cercato di istruire la figlia fin da piccola riguardo le storie di troll, gnomi e giganti, prima che lei percorresse una strada più “scientifica”.


Ma rimane un gigantesco problema a caccia di “cristianucci” che si sta per abbattere sulla capitale e, nonostante gli iniziali scetticismi del caso, il governo norvegese sarà costretto a puntare sulla ragazza e su suo padre per far fronte al troll.

 

Recensione di Troll, di Roar Uthaug: Tolkien, Del Toro e Godzilla: un meticcio a dir poco spelacchiato

L’accostamento con Godzilla viene esplicitamente servito anche all’interno dello stesso film di Roar Uthaug, ma semplicemente se ne poteva fare a meno data la palese somiglianza fra le due mostruose creature e i loro messaggi ambientalisti che cercano di dare. In un certo senso, oltre che per la serie del più famoso kaiju del cinema (giapponese), “Troll” può respirare anche una certa aria deltoriana. Fin dall’interessante prologo, in cui Tobias (interpretato da Gard B. Eidsvold) rammenta alla figlioletta Nora (Ine Marie Wilmann) la storia dei troll della montagna – 20 anni prima di dover fare i conti direttamente con quelle storie, considerate dalla bambina solo una fantasia – il film potrebbe dare un effetto deja vu allo spettatore che ha visionato le opere del regista messicano Guillermo Del Toro. In particolare un prologo del genere, ammantato di magia e spirito fiabesco, potrebbe ricordare lo splendido prologo di “Hellboy II: the golden army”, con il mondo fantastico che andrà poi a collidere strettamente con quello politico reale.

 

Tornando poi a Godzilla – e rimanendo anche in tema del regista messicano che, non a caso, ha diretto anche “Pacific Rim” nel 2013 – la somiglianza con il racconto di “Troll” è infatti palese e diretto, sebbene quest’ultimo decida giustamente di sfruttare il folklore della propria terra norvegese e i racconti fiabeschi che sono stati tramandati nel corso dei secoli.

Il film narra infatti di un mostro che si risveglia dopo i continui soprusi da parte dell’uomo nei confronti della Natura che, alla fine, decide di vendicarsi mandando in prima linea i propri figli primordiali (un incrocio tra Godzilla e King Kong, nelle movenze ed esteticamente). Non si usa nemmeno il termine al plurale a caso, data anche la presenza di una scena post-credit che potrebbe annunciare lo sviluppo di un prossimo franchise cinematografico.

 

In sede di sceneggiatura, Uthaug e Espen Aukan partono con tutte le buone intenzioni di raccontare una storia ambientalista e di salvaguardia del pianeta – contro le scellerate decisioni governative dedite esclusivamente al vil denaro – attingendo dal folklore e dalla tradizione popolare; tuttavia, hanno “creato un mostro” che, a suon di ruggiti e deflagranti passeggiate in città, finisce per divorare e distruggere quelle buone intenzioni e i prestigiosi accostamenti, facendo piombare “Troll” nell’inevitabile limbo della “visione godibile”.

 

Recensione di Troll, di Roar Uthaug: potrei, ma non voglio

Alla fine della fiera “Troll” regala infatti un’esperienza visiva degna di un monster-movie che si rispetti, avendo realmente poco da invidiare ai suoi illustri e titanici predecessori, con una componente di effetti speciali che dimostra l’alto budget ben impiegato ed inserendo anche frecciate politiche e di rispetto tanto della Natura quanto della tradizione. Tuttavia, il 6° lungometraggio di Uthaug rimane un rammarico grande quanto il suo mostruoso protagonista.


Le interessanti trame ambientaliste e animaliste vengono fatte bruciare sotto il potere dell’uomo di saper domare la creatura, attraverso le armi e la tecnologia bellica (sapendo ricreare anche un “sole portatile”), quando gli eventi nefasti che stanno continuando a deflagrare soprattutto il nostro Paese ci dicono ampiamente il contrario: stiamo facendo marcire questo pianeta e non siamo minimamente preparati per far fronte alle sfuriate della Natura selvaggia.

Tutta l’atmosfera magica e fiabesca che viene introdotta nella prima metà del film, con annesso ed interessantissimo conflitto tra la tradizione folkloristica e l’istituzione religiosa/cattolica, non viene mai effettivamente affrontata di petto, trasformando un intrigante adventure-fantasy ambientato nella mitologia norrena ad un semplice action con il mostrone di turno.


La regia di Roar Uthaug è poi altalenante, riuscendo a regalare spunti decisamente interessanti (oltre a tornare su quel gioco di specchi del prologo, è ben strutturata anche una sequenza in cui il troll abbatte un’abitazione – con annesso omaggio a Jurassic Park che fa sempre piacere – ed altre scene determinate dai dettagli) per poi scadere in soluzioni non solo inutili ma fuori luogo (terribile addirittura inserire una retromarcia). L’essere scivolato nel puro action commerciale da tanti soldi della seconda metà di “Troll”, evitando la magia e puntando tutto su sequenze pesanti tanto nel montaggio, quanto nell’aspetto narrativo e visivo (arrivando anche a praticamente replicare sequenze e cambi di scena del “Transformers” di Michael Bay, non il soggetto migliore da cui attingere se vuoi trattare una favola antimilitarista), poteva essere superato attraverso un coraggioso sforzo. L’idea di fondo c’era ed era molto interessante (sebbene appunto non originale, ma che avrebbe giovato di novità attingendo alla mitologia scandinava molto di voga nell’ultimo periodo storico), il cast non spicca per chissà quale prova in particolare ma è ben assemblato e la componente tecnico-visivo (considerando la fotografia di Jallo Faber e gli effetti speciali davvero ben fatti) era decisamente suggestiva ed evocativa.


In conclusione c’è rammarico dopo aver visionato “Troll” per le intriganti premesse che sembrava stesse ponendo per un film totalmente figlio del monster-movie, ma che potesse in qualche modo ritagliarsi dello spazio personale attingendo alla splendida mitologia e alle fiabe che animano i popoli e la terra scandinava. La 6a regia di Roar Uthaug regala comunque un’esperienza piacevole per tutti gli amanti dei film con i mostri grossi, facendo però solo intravedere la voglia di raccontare qualcosa di diverso e finendo purtroppo solo per omologarsi a tutti i similari monster-movie che lo hanno preceduto, con appunto il titanico difetto che sa tutto di visto e rivisto, addirittura di fake.

Forse l’esperienza hollywoodiana da blockbuster con “Tomb Rider” ha fatto del male al regista norvegese.

 

Valutazione
2.5/5
Bruno Santini
1.5/5