Articolo pubblicato il 10 Novembre 2022 da Bruno Santini
In seguito alla recente conferma dell’adattamento sul piccolo e sul grande schermo della celebre saga videoludica di “Gears of War”, ci si interroga su un fenomeno che, nonostante i vari scivoloni, continua a non placarsi: la trasposizione del videogioco in un altro media, quello del cinema e delle serie TV.
La popolarità di questo tipo di prodotti – con un mercato del videogame in continua crescita ed espansione – trova infatti l’inevitabile conseguenza di venire sfruttata e prosciugata il più possibile. Ecco dunque la pubblicazione di nuovi romanzi, fumetti, action figure e sopratutto nuovi adattamenti per il cinema e le serie TV, con le prossime uscite di “The last of us” per la HBO, il nuovo film di “Super Mario Bros.” e tanti altri.
Un fenomeno inarrestabile dunque, ma quali risultati ha prodotto finora? Di seguito vengono riportati solo alcuni degli esempi più illustri di come questo matrimonio, tra videogiochi e cinema/serie TV, non s’ha da fare, se non per le casse delle majors.

Mortal Kombat
Nel 1995 si assiste all’uscita al cinema del film “Mortal Kombat”, adattamento diretto da Paul W. S. Anderson con Cary-Hiroyuki Tagawa (doppiato in italiano da Francesco Pannofino, uno dei protagonisti dell’iconica serie di “Boris”), Robin Shou e Christopher Lambert (“Tarzan”, “Highlander – L’ultimo immortale”). Un tentativo – quello di portare sul grande schermo la celebre saga videoludica picchiaduro di Midway Games – decisamente dimenticabile, ma che, grazie all’incasso di oltre 120mln$ a fronte di un budget di appena 18mln$, ha saputo ottenere un buon successo, inaugurando un proprio filone di adattamenti.
Solamente l’anno seguente è stata la volta di “Mortal Kombat – distruzione totale”, sequel del film di Anderson diretto questa volta da John R. Leonetti. In questo caso però, lo scarso risultato qualitativo della pellicola ha trascinato con sé anche il botteghino in un flop di incassi ma, tuttavia, il tentativo di trasposizione non si è comunque arenato. In quegli stessi anni sono iniziati infatti gli adattamenti anche per il piccolo schermo, con la serie tv animata di “Mortal Kombat: Defenders of the Realm” del 1996, e le due serie tv live-action “Mortal Kombat: Conquest” (1998-1999) e “Mortal Kombat: Legacy” (2011-2013).
Ultimamente, la saga è stata rinvigorita con l’ultimo adattamento cinematografico di “Mortal Kombat” del 2021 diretto da Simon McQuoid. Sebbene il film non abbia incassato gli elogi di critica e pubblico (con un incasso globale sui 80mln$ a fronte di un budget di 55mln$, considerando però la sua uscita anche in via streaming), questo nuovo capitolo è forse l’unico adattamento della saga videoludica coerente con le ore di gameplay: combattimenti, sangue e violenza, senza pretendere altro.
Tomb Rider
Agli inizi del nuovo millennio, è arrivato il momento invece di trasporre sul grande schermo una delle eroine più iconiche delle saghe videoludiche: l’avventurosa archeologa dal grilletto facile Lara Croft. Nel 2001 esce infatti in sala “Lara Croft: Tomb Rider” diretto da Simon West, considerato per i più il primo vero blockbuster di successo tratto da un videogame, arrivando a sfiorare i 300mln$ al botteghino a fronte del sostanzioso budget della Paramount di circa 115mln$, tanto da aver sostanzialmente costretto la major ad investire per un sequel.
Entrambi i film, seppur riuscendo comunque a superare negli incassi i costi di produzione, sono stati a dir poco massacrati dalla critica e dal pubblico (il famoso network di IGN arrivò anche ad assegnare al primo film la peggior valutazione possibile, 0.0, criticandone ogni aspetto). Inoltre, sempre in entrambi i lungometraggi, Angeline Jolie ha ricevuto la candidatura ai Razzie Awards per la Peggior attrice protagonista nei rispettivi anni di uscita.
Uno malcontento generale che però non ha impedito alla Warner di tornare a portare Lara Croft sul grande schermo nel 2018, con il reboot “Tomb Rider” diretto da Roar Uthaug. A fronte di un budget stimato di circa 95mln$, il film è riuscito infatti ad incassare ancora in modo sostanzioso con quasi 275mln$ al botteghino mondiale, con un’accoglienza tiepida per critica e fan (non particolarmente negativa) che ha permesso la major di mettere in cantiere un nuovo sequel di una probabile saga con protagonista Alicia Vikander.

Resident Evil
Ritorna ancora Paul W. S. Anderson, però questa volta con un’altra saga videoludica, ovvero quella di Resident Evil: celebre franchise survival-horror giapponese nato nel 1996 dalla Capcom, con la storia che segue la nascita ed espansione di focolai di zombie, ed altre mostruose creature, generati dagli esperimenti falliti della Umbrella Corporation. Sono ben 6 i capitoli apparsi sul grande schermo fin dal primo adattamento del 2002, diretto proprio dal regista inglese, il quale ha anche sceneggiato questi capitoli e diretto 4 dei 6.
Come per il primo film di Mortal Kombat, anche il primo adattamento di Resident Evil è riuscito ad ottenere un forte successo al botteghino, con la critica che però ha in generale bollato il film di Anderson. Cosa che effettivamente si è ripetuta per gli altri 5 sequel, con un apprezzamento di critica e pubblico ristagnante nella negatività, ma con un trend di incassi sempre maggiore, arrivando al record dell’ultimo capitolo del 2016 con 312mln$ globali incassati (il reboot diretto da Johannes Roberts “Welcome to Raccoon City” andrebbe comunque preso con le pinze, poiché rimandato poi uscito in piena emergenza sanitaria per il covid-19).
Senza considerare i vari film d’animazione in quegli stessi anni, gli adattamenti per Resident Evil non risparmiano nemmeno il piccolo schermo. Il 14 luglio 2022 è stata rilasciata infatti su Netflix la prima stagione della serie tv ideata da Andrew Dabb, basata sempre sull’omonimo videogioco. Nemmeno il tempo di essere metabolizzata, che i primi 8 episodi sono stati tendenzialmente bocciati da critica e pubblico, tanto da costringere Netflix a cancellare la serie appena 2 mesi più tardi la data di rilascio in piattaforma.
DOOM e Far Cry
Due fenomeni stranamente in controtendenza con i precedenti titoli citati, sono quelli dei lungometraggi di “DOOM” del 2005 e di “Far Cry” del 2008.
Il primo viene diretto da Andrzej Bartkowiak ed è l’adattamento cinematografico di genere action, horror-fantascientifico dell’omonima serie di videogiochi sparatutto in prima persona sviluppata da “id Software” a partire dal 1993. Il secondo è sempre una trasposizione, ma delle avventure di Jack Carver in un misterioso arcipelago tropicale, ideate da “Crytek” nell’omonimo videogame di console e PC del 2004.
La controtendenza a cui ci si riferiva non era sicuramente in merito all’apprezzamento delle singole pellicole: oltre infatti alla negazione per entrambi i film, per “DOOM” arriva anche la candidatura sempre ai Razzie Awards del 2005 come peggior attore protagonista per “The Rock” Dwayne Johnson (recentemente protagonista del cinecomic “Black Adam” del 2022). La particolarità di entrambi gli adattamenti è che nemmeno hanno ricevuto il successo sperato al botteghino, andando in entrambi i casi al di sotto del budget produttivo stanziando, con “Far Cry” che ottiene un risultato disastroso.

Hitman e Prince of Persia
Un altro caso singolare riguarda invece i film di “Hitman – l’assassino” del 2007 e “Prince of Persia – le sabbie del tempo” del 2010.
Entrambi questi adattamenti – il primo dell’omonima serie videoludica action-stealth in terza persona con protagonista l’Agente 47, il secondo che segue invece le avventure del Principe persiano (sebbene non sia un adattamento diretto) – sono riusciti a ben incassare al botteghino riscuotendo un buon successo. Inoltre, entrambi i lungometraggi sono stati tiepidamente accolti positivamente da critica e pubblico, grazie anche alla nomea dei due registi. Hitman è stato infatti diretto dal francese Xavier Gens, noto principalmente per il suo folgorante debutto cinematografico con “Frontiers – Ai confini dell’inferno” del 2007; mentre Prince of Persia, con protagonista Jake Gyllenhaal e Ben Kingsley, è diretto da Mike Newell, Premio Cesar con “Quattro matrimoni ed un funerale” del 1994, regista di “Donnie Brasco” del 1997 e “Harry Potter e il calice di fuoco” del 2005.
La peculiarità dei due film è sostanzialmente che, nonostante i buoni incassi ed un’accoglienza non particolarmente negativa come per gli altri titoli nominati, la produzione di vari sequel/prequel/spin-off ispirati alle rispettive saghe videoludiche sostanzialmente non è mai partita veramente.
Angry Birds e Assassin’s Creed
Dopo queste brevi eccezioni, si continua purtroppo a percorrere il trend delle prime produzioni elencate nell’articolo e si fa un balzo in avanti di qualche anno fino al 2016. A pochi mesi di distanza sono infatti usciti due adattamenti dal singolare accostamento.
Diretto da Clay Kaytis e Fergal Reilly, “Angry Birds – il film” è la trasposizione animata sul grande schermo dell’omonimo videogioco rompicapo sviluppato dall’azienda finlandese Rovio Mobile nel 2009, che comprende nel cast vocale anche attori del calibro di Peter Dinklage e Sean Penn.
Lo stesso anno viene distribuito nelle sale anche il film di “Assassin’s Creed” diretto da Justin Kurzel. Quello con protagonisti Michael Fassbender, Jeremy Irons, Brendan Gleeson e Marion Cotillard è l’adattamento dell’omonima saga videoludica di genere action-adventure sviluppata da Ubisoft sulla Confraternita degli Assassini.
Queste trasposizioni, seppur inevitabilmente diverse tra loro, hanno alcuni determinanti punti in comune: entrambi sono adattamenti di videogiochi che, soprattutto in quegli anni, stavano spopolando ed acquisendo sempre più fama; entrambi, con misure diverse, sono stati un bel successo al botteghino; entrambi sono stati, per motivi diversi, accolti decisamente in modo negativo da critica e pubblico. Angry Birds poi ha prodotto anche un sequel nel 2019 (anch’esso sostanzialmente un successo al botteghino, con buone critiche annesse); mentre Assassin’s Creed, a fronte del pessimo accoglimento, ha visto sfumare diversi sequel. Ciononostante, in suo soccorso è incorsa Netflix, annunciando nel 2020 la produzione di una serie live-action, una serie animata e una anime di Assassin’s Creed.

The Witcher
Successivamente ad un prodotto di culto videoludico quale Assassin’s Creed, arriva anche il momento di un’altra celebre saga che ha lasciato un’impronta decisiva nel mondo dei videogames: The Witcher. Per la serie di romanzi dark-fantasy sulle avventure del personaggio Geralt di Rivia, ideata dall’autore polacco Andrzej Sapkowski, quella recente di Netflix non è l’unica trasposizione sul piccolo schermo che è stata realizzata.
Anni prima la stessa uscita del videogioco “The Witcher” nel 2007 sviluppato dalla CD Projekt, nel 2002 in Polonia è andata in onda infatti “Wiedźmin”, serie tv ideata da Michał Szczerbic e prodotta da Heritage Films, che si basa direttamente proprio sulla serie di romanzi di Sapkowski. Nello stesso anno è stato inoltre rilasciato l’omonimo lungometraggio diretto da Marek Brodzki, di produzione sempre polacca. Tuttavia, quello di “Wiedzmin” rimane un esempio a margine della tematica di analisi dell’articolo, sia perché le trasposizioni attingono direttamente dal cartaceo senza prendere in considerazione il gioco di “The Witcher” (che infatti uscirà 5 anni dopo), sia perché comunque il film e la serie tv hanno avuto un buon riscontro (soprattutto per la colonna sonora del film) ma limitatamente al territorio polacco e non come fenomeno pop di massa.
Il titolo di “The Witcher” sale infatti alla ribalta in campo internazionale con l’omonima serie TV realizzata da Netflix, che debutta in piattaforma nel dicembre 2019 (attualmente in corso). In fin dei conti, anche questo esempio sarebbe tutto sommato estraneo agli altri casi sopracitati, soprattutto per il fatto che la serie è una trasposizione diretta dei romanzi (con la supervisione dello stesso Sapkowski) e non del videogioco. Tuttavia, a differenza degli esempi polacchi del 2001, la serie rientra perfettamente nell’analisi sotto diversi aspetti. Innanzitutto, per il suo lancio gode commercialmente proprio per la popolarità ottenuta della grande trilogia videoludica con protagonista Geralt di Rivia, proponendo come previsto il suo personale franchise sul piccolo schermo, con la produzione anche di due sequel: il film d’animazione del 2021 “The Witcher: Nightmare of the Wolf”, diretto da Kwang Il Han; la miniserie di 6 episodi “The Witcher: Blood Origin”, senza attualmente una data di uscita. Il 25 settembre 2021 è stato annunciato inoltre un secondo film d’animazione ed una serie animata per famiglie.
Ma come si sta comportando la serie Netflix di “The Witcher”? Le recensioni della prima stagione ha ottenuto generalmente un accoglimento misto, tendente al negativo (sebbene il noto sito web Rotten Tomatoes abbia assegnato un punteggio di gradimento del 94%). Accoglimento tiepido – senza questa volta picchi positivi – riservato anche alla seconda stagione (che, data per chi scrive la scarsa qualità ed interesse potrebbe anche essere l’ultima visionata della serie dal sottoscritto). Netflix che comunque non demorde, in attesa della terza stagione, ma con già le prime grane. Henry Cavill, noto attore britannico (il quale è tornato recentemente alla ribalta, oltre che per il ritorno su Netflix in “Enola Holmes 2“, anche e soprattutto per il DCU), ha recentemente dichiarato che non vestirà più i panni del protagonista di “The Witcher” a partire dalla quarta stagione, lasciando il testimone a Liam Hemsworth.
Insomma, nonostante il tiepido accoglimento la serie continua ad avere successo, spinta anche e soprattutto dal titolo divenuto celebre con il videogioco più che con la serie di romanzi, impostando un proprio franchise seriale ed addirittura riscontrando – solo nel mese di dicembre 2019 – un incremento di vendite del videogioco “The Witcher 3: Wild Hunt” del 550%.
Sonic
Il 2020 è poi l’anno della trasposizione di un altro personaggio estremamente popolare per il mondo videoludico e, in particolare, per gli amanti del genere platform. Esce infatti nelle sale “Sonic – il film”, diretto da Jeff Fowler e con Jim Carrey nel ruolo del Dr. Eggman.
Il giovane riccio antropomorfo blu è stato trasposto precedentemente nel piccolo schermo per diverse serie animate a partire dal 1993, ma è tornato prepotentemente in voga nell’ultimo periodo con le sue apparizioni sul grande schermo, sebbene ancora non in modo particolarmente positivo.
Aspre critiche sono giunte infatti dai fan senza nemmeno che il film fosse uscito in sala, con riferimento all’aspetto di character design dell’iconico protagonista, che ha costretto la produzione a ridisegnare completamente il personaggio da 0. Un “partire col piede storto” che però ha saputo riequilibrare a dovere la critica successivamente all’uscita del film, definito “colorato e divertente” ma soprattutto trainato dal talento magnetico di Jim Carrey. “Sonic – il film” è stato infatti un altro successo al botteghino, con 300mln$ incassati a fronte dei 95mln$ del budget, permettendo di mettere in cantiere 2 sequel e una serie TV. Con sostanzialmente lo stesso budget, il sequel “Sonic – il film 2” è riuscito ad incassare ben 400mln$, superando il precedente, potenziando ulteriormente il franchise ed ottenendo anche recensioni generalmente positive tra critica e pubblico.
Uncharted e Halo
Una piccola nota di colore prima di tornare nel baratro, dato che lo stesso 2022 è stato l’anno di uscita anche di altri 2 prodotti di adattamento a dir poco discutibili.
Purtroppo è ancora troppo presto per trattare la serie di Paramount+ incentrata sulla celebre saga videoludica fantascientifica di Halo, divenuta quest’ultima famosa tra i fan per il divertente intrattenimento a mezzo joistick e soprattutto per la coinvolgente narrazione sulle avventure di Master Chief. La saga è stata infatti negli anni trasposta sul piccolo schermo già con diversi adattamenti come web series e film d’animazione dallo scarso successo. Arcobaleno nella pioggia è il cortometraggio “Halo: Landfall” del 2007 realizzato da Neil Blomkamp (“District 9“), che costituirà il trampolino da lancio per una folgorante carriera. Al momento la serie tv Paramount+ di “Halo” ha recentemente terminato la sua prima stagione dopo aver rinnovato per una seconda, ma già inizia a riscontrare diversi problemi produttivi – oltre che una tiepida accoglienza nel pubblico (a parere di chi scrive decisamente negativa) – che ne minano la continuazione della stessa: principalmente costi troppo elevati ed allontanamento di molti addetti ai lavori.
Ma il 2022 è stato anche l’anno di uscita al cinema di “Uncharted”, adattamento dell’omonima saga videoludica action-adventure sviluppata da Naughty Dog per Playstation, e che segue le rocambolesche avventure dell’esploratore Nathan Drake. Diretto da Ruben Fleischer, il film che vede un trio di protagonisti composto da Tom Holland (lo Spider-man nel MCU), Mark Wahlberg e Antonio Banderas, è stato un altro successo commerciale con i suoi oltre 400mln$ incassati a fronte del budget di circa 120mln$, considerando inoltre la situazione pandemica globale ancora presente durante l’uscita in sala. Generalmente accolto ancora una volta in modo decisamente negativo dalla critica e dal pubblico e, sebbene tutto taccia sul fronte di eventuali sequel o spin-off, dato il successo economico e la popolarità del videogioco di Naughty Dog non sempre improbabile la produzione di prossimi titoli cinematografici o sul piccolo schermo incentrati sul personaggio di Nathan Drake.
Trasposizioni videoludiche: un matrimonio che non s’ha da fare!
Cercando di rispondere alla domanda posta nell’introduzione dell’articolo, si può riassumere l’analisi appena proposta con alcuni elementi di sintesi.
Il mercato del videogame è tutt’ora ancora in fortissima crescita ed espansione, permettendo alla popolarità dei vari titoli di spicco di venire ulteriormente sfruttata attraverso adattamenti per altri media, soprattutto nella produzione di lungometraggi e prodotti per la TV.
Una popolarità che di fatto, almeno per la stragrande maggioranza dei casi, assicura quasi a colpo sicuro un forte incasso al botteghino ed un ottimo risultato commerciale di “usato garantito” per poter impostare un proprio franchise sul grande e piccolo schermo.
Sempre nella maggior parte dei casi però (allargandosi quasi anche a tutti i casi), il prodotto audiovisivo risulta prosciugato di qualsiasi intenzione che non sia quella economica di sfruttare il titolo videoludico. Questi citati sono solo alcuni dei centinaia di esempi di adattamento televisivo o cinematografico che non provano nemmeno a dare un’impronta riconoscibile di un autore-regista, o di altre nobili intenzioni produttive di tipo artistico, con una qualità che spesso è persino indietro rispetto a quella anche “cinematica”, sempre più apprezzabile in prodotti videoludici di alto spessore in continua crescita numerica.
Quello di adattamento cinematografico/televisivo dei videogiochi è quindi un matrimonio che non s’ha da fare, ma è un semplice contratto matrimoniale: la realizzazione di “giocattoloni” senza anima per il semplice gusto del mercato, dell’incasso. Tanto vale allora giocarci direttamente con joistick e fine della storia, con l’esperienza che potrebbe risultare sicuramente più piacevole.