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Pearl: un sogno macabro pasticciato

Il regista Ti West quest’anno è recentemente entrato nella cresta dell’onda grazie al successo raggiunto con l’ottimo slasher “X: A Sexy Horror Story” sia al botteghino che da parte della critica. Con una mossa sorprendente, West ha approfittato del ritardo dell’uscita dell’opera citata a causa della pandemia per girare il prequel “Pearl”, scritto insieme alla stessa attrice Mia Goth mentre veniva girato il primo capitolo, in modo da farlo uscire entro la fine del 2022 e che adesso è stato presentato in anteprima fuori concorso alla 79° edizione del festival di Venezia.

Nell’opera la protagonista è appunto Pearl, che nel film precedente era l’antagonista, durante la seconda guerra mondiale. Il marito Howard è partito e per questo Pearl è costretta a lavorare nella fattoria di sua madre mentre suo padre è ridotto ad un vegetale a causa di una malattia. Pearl non vuole essere una contadina e sogna di diventare una star di Hollywood, ma la costante repressione di sua madre che le impedisce anche solo di provare comincia ad accrescere degli irreparabili istinti omicidi nella ragazza.

Se “X: A Sexy Horror Story” era un fortissimo omaggio a “Non Aprite Quella Porta” con una fotografia sporca tipicamente anni 70, qui Ti West si rifà alla Hollywood del cinema classico anni 30/40, omaggiando soprattutto il cammino di Dorothy ne “Il Mago Di Oz” ed altri musical dello stesso periodo. Tuttavia, nonostante dei promettenti dieci minuti iniziali che riprendono dei campi medi con al centro la protagonista dando molta attenzione agli elementi di scenografia, con la fotografia di Eliot Rockett che assume colori molto più puliti e accesi stavolta, il film manca di guizzi particolari che erano pieni nel film precedente. Le uniche eccezioni oltre all’inizio riguarda una scena musicale ed un omicidio ripreso in piano sequenza.

Il film vorrebbe affrontare la repressione giovanile che viene fagocitata dalle gravi difficoltà economiche, le quali costringono le nuove generazioni a mettersi da parte per aiutare le proprie famiglie. La denuncia principale è data alla mancanza di comunicazione e comprensione nei confronti dei sentimenti verso i figli, rappresentati da una madre che basa la sua educazione verso la figlia basandosi su rigidità tradizionali, sfogando su Pearl anche la sua frustrazione. L’idea di utilizzare tale repressione come motivo dell’esplosione omicida di Pearl, cercando di calcare la linea del Joker di Todd Phillips, è interessante di base, ma, anche se le scene riguardanti i confronti tra le due ed i momenti in cui la protagonista sogna siano scritte bene e siano ben coinvolgenti, il film commette il grosso errore di farci pensare che Pearl sia un soggetto controverso ed instabile fin dall’inizio. Tale scelta depotenzia molto la simbologia, in quanto alla fine la repressione giovanile non è il motivo principale e crea problemi di immedesimazione.

Nell’opera ci sono anche dei problemi di coerenza: Pearl fa di tutto per nascondere le sue azioni, ma spesso commette degli errori stupidi che sono fin troppo inverosimili, come portare una persona nella scena di un delitto per poi cercare di nascondere a quella stessa persona tutti gli indizi del delitto, per non parlare del suo rapporto con il marito Howard che entra fortemente in contrasto con una sua ultima fatale decisione, rendendo tutti i suoi discorsi completamente nulli. A tal proposito, nell’opera ci sono anche due scene basate su una sola inquadratura che appaiono davvero forzate nella struttura del montaggio e appesantiscono la narrazione, nonostante cerchino di approfondire la psicologia del personaggio, risultando però pesantemente didascaliche.

Inoltre le azioni di Pearl entrano troppo in contrasto con quello che abbiamo visto di lei in “X: A Sexy Horror Story”, rovinando l’idea di una donna che sfoga tutte le sue frustrazioni a causa di tutto ciò che aveva accumulato dalla vita. Vero che le azioni di Pearl arrivano soprattutto nella seconda metà del film, ma Ti West deve per forza ricordare al pubblico che sta guardando uno slasher e per questo inserisce costantemente dei dettagli psicopatici che rendono lei troppo esageratamente schizzata, nonostante, paradossalmente, i dialoghi in cui lei rivela le sue paure possano anche funzionare rimanendo però costantemente appesi ad un filo spezzato dai troppi contrasti con il film precedente e dall’esagerazione estrema.

In conclusione, “Pearl” è un film che regge principalmente sulla grande interpretazione di Mia Goth che dà tutta sé stessa e si può lodare il tentativo sperimentale di omaggiare la Hollywood classica in uno slasher, insieme al confronto madre e figlia che, preso singolarmente, può apparire notevole e riuscire ad intrattenere. Tuttavia le continue difficoltà di Ti West nel non riuscire a rispettare il suo film precedente e la costante confusione nell’alternare Pearl da vittima a carnefice impedisce all’opera di trovare una struttura coesa e funzionante che la rende una grande delusione rispetto a “X: A Sexy Horror Story”, sperando che si tratti solo di un incidente di percorso in attesa del capitolo finale della trilogia.

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Christian D'Avanzo
2/5
Alessio Minorenti
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