Articolo pubblicato il 27 Giugno 2022 da Alessio Minorenti
L’ultima settimana non ha riservato particolari sorprese per gli appassionati del box office, tutto sembra essersi svolto secondo un copione predefinito e non dei più esaltanti. L’esordio sicuramente più atteso era quello di “Elvis”, l’ultima pellicola diretta dal regista australiano Baz Luhrmann, che tuttavia non ha avuto aperture eccezionali nè negli Stati Uniti, il mercato dal quale ci si aspettava il grosso degli incassi, nè tantomeno nel resto del mondo. Bisogna tuttavia considerare che visto lo stato attuale dei musical, pur non essendo “Elvis” strettamente ascrivibile a tale genere, questo esordio lancia un segnale incoraggiante e cercheremo di capire il perché nel resto dell’articolo.
Come di consueto però partiamo con i dati settimanali:

Il significato che si vuol dare al risultato di “Elvis” cambia drasticamente in base al punto di vista dal quale lo si osserva. Se infatti considerassimo questo film basandoci su dei parametri pre-pandemici riferendoci al genere di appartenenza e dunque accomunandolo al novero di cui fan parte “Bohemian Rapsody” o “Rocketman”, tenuto in conto anche lo spessore del personaggio protagonista, allora dovremmo sancire il semi-fallimento di questa operazione. D’altro canto se invece ponessimo maggiore attenzione sui film musicali post-pandemia ci accorgeremmo come “West Side Story” (75 milioni incassati), “Dear Evan Hansen” (17 milioni incassati) e “In the Heights” (43 milioni incassati) siano stati senza alcuna eccezione dei flop fragorosi, due dei quali per altro usciti la scorsa estate cioè in un periodo simile a quello in cui è avvenuta la realese di “Elvis”. Il distinguo in questo caso è d’obbligo: il film che vede protagonista Austin Butler non appartiene strettamente al genere di cui fan parte i tre film sopracitati, tuttavia tutte queste produzioni si basavano su IP molto note agli appassionati dei musical e per le quali l’attesa sembrava tutt’altro che indifferente. Questi tre flop che a posteriori ci paiono scontati non lo erano per nulla prima della loro uscita che lasciò esterrefatti molti analisti del settore. Secondo questa chiave di lettura dunque l’esordio di 50 milioni in tutto il mondo di “Elvis” è tutt’altro che da buttare e anzi rappresenta la miglior prova sfoggiata da un film afferente al mondo musicale dal post-pandemia ad ora. Un bicchiere che dunque può apparire mezzo vuoto o mezzo pieno secondo la posizione che si prende e che lascia spazio a un ampio margine di discussione ma che tuttavia non è del tutto privo, come avvenuto fino ad ora, di segnali incoraggianti.