I migliori film italiani del 2024

Come ogni anno, è arrivato il momento di tirare le somme sull’annata cinematografica da poco conclusasi. Si è trattato di un anno ricco di grandi opere ed enormi flop internazionali, ma per quanto riguarda l’Italia? Quali sono i 10 migliori film italiani del 2024?
La classifica dei 10 migliori film del 2024 diretti da italiani

Articolo pubblicato il 4 Gennaio 2025 da Gabriele Maccauro

Il 2024 è stato un anno cinematograficamente molto buono, ma la sensazione è che ci si stia piegando sempre più verso gli estremi: i film, oggi, sembra siano solamente capolavori indimenticabili o flop giganteschi e tutta quella fascia media che dovrebbe aiutare l’intera industria viene sempre più a mancare. Nello stilare le consuete classifiche di fine anno però, è inevitabile andare a pescare proprio lì e, parlando d’Italia, purtroppo, non ci sono poi così tanti titoli tra cui pescare per la top10 dell’anno. Nello stilare questa classifica si è cercato dunque di attingere al meglio che il nostro paese ed i nostri autori sono riusciti a tirar fuori nel corso del 2024 e mancheranno di certo titoli che avrebbero meritato una menzione. Quello che si è tentato di fare è stato dunque tentare di trovare opere che meritassero di essere citate al di là di un mero discorso di qualità, anche perché riteniamo sia inutile al fine della critica cinematografica limitarsi a dire cosa è bello e cosa è brutto. Detto questo, segue la classifica dei 10 migliori film italiani del 2024.

10) Invelle (Simone Massi)

Invelle è l’opera prima di Simone Massi ed uno dei più grandi esordi che il cinema italiano abbia avuto negli ultimi anni. Si tratta della rappresentazione di tre generazioni cresciute in Italia, creando parallelismi tra le guerre passate e le differenze di classe che continuano a far vivere i cittadini con una rabbia repressa e un razzismo che non se ne è mai andato. L’incredibile rappresentazione della pellicola, in cui la pelle dei personaggi è unita dai tratti della matita degli animatori, mostra gli animi dilaniati di persone che vanno avanti nella speranza di rimettere insieme i pezzi di ciò che è distrutto dall’odio e dal potere. Che possa portare ad un rilancio dell’animazione italiana, visto che il talento c’è, ma il coraggio di scommettere su opere del genere un po’ meno. In questo caso però, meritatissimo premio Carlo Lizzani ricevuto all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove è stato presentato in anteprima nella sezione Orizzonti.

9) Gloria! (Margherita Vicario)

Come accade purtroppo quasi ogni anno, tirando le somme sull’annata cinematografica italiana, è sempre più facile stilare la classifica dei peggiori film (che abbondano) rispetto ai migliori (ostacolati da una distribuzione scadente, poco passaparola e problemi strutturali alla base dell’industria-cinema). Fra le eccezioni che sicuramente sono riuscite a emergere, però, figura Gloria!, opera prima di Margherita Vicario, cantautrice che si mette per la prima volta dietro la macchina da presa per dare voce alla tematica dell’emancipazione femminile, argomento sempre caldo su grande e piccolo schermo e noi stessi abbiamo in casa un altro grande esempio come C’è ancora domani di Paola Cortellesi.

La pellicola si presenta in tutta la sua rigogliosa freschezza, portando su grande schermo un tempo e una realtà realmente esistiti in cui a fare da motore narrativo è la musica nella sua totale essenza. Con una regia semplice ma mai banale, che dà spazio a un montaggio ritmato da melodie che rimangono sorprendentemente nella mente e risuonano come il grido stesso del titolo del film: Gloria!.

8) Il Corpo (Vincenzo Alfieri)

Uno dei migliori film italiani dell’anno è Il Corpo, remake dell’omonimo thriller spagnolo, attraverso cui il regista Vincenzo Alfieri costruisce e decostruisce diversi percorsi tra i molteplici significati delle immagini. Si tratta di un thriller travestito da noir e raccontato tramite l’uso dei flashback come espediente narrativo principale, adescando reazioni sempre diverse da parte dei personaggi, ovviamente mettendo in rapporto, talvolta in contrasto, i diversi punti di vista.

Il Corpo fa leva anche su un cast d’eccezione, ma soprattutto funzionale, dove spiccano Giuseppe Battiston, Claudia Gerini e Andrea Di Luigi. I ruoli si definiscono via via che il film semina le informazioni chiave, raccogliendo quanto seminato in un finale che chiude il cerchio ponendo al centro dell’attenzione una riflessione davvero suggestiva. Uscito un po’ in sordina, è presente in classifica anche per cercare di farlo conoscere ad un pubblico che sia il più vasto possibile.

7) Enea (Pietro Castellitto)

Presentato in anteprima all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Enea è il secondo lungometraggio diretto da Pietro Castellitto, già premiato al Lido nel 2020 nella sezione Orizzonti per la miglior sceneggiatura di I Predatori. Enea ha diviso pubblico e critica, con tanti rimasti delusi da un’opera inutile ed inconcludente ed altri, pochi, divertiti invece dal talento del figlio d’arte. Certo, si tratta di un lungometraggio certamente sbilanciato, forse fin troppo pieno di elementi ed idee ma, nello stato attuale del cinema italiano, avere troppe idee non ci sembra un difetto e soprattutto, le tante a fuoco non solo soltanto divertenti, ma fanno anche riflettere sulla condizione dei giovani e lo stato di alienazione e di totale sfiducia verso il futuro che nutrono. Insomma, ben vengano film così difettosi e ben vengano nuove opere di un giovane che sta dimostrando, siamo come regista che come attore, di poter dare tanto al nostro cinema.

6) Vermiglio (Maura Delpero)

Anch’esso presentato in anteprima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – ma all’interno del concorso ufficiale della sua 81esima edizione – dove ha vinto il Leone d’argento Gran premio della Giuria, Vermiglio rappresenta non soltanto uno dei migliori film italiani del 2024 ma anche una grandissima sorpresa rispetto alle aspettative della vigilia. Il suo percorso verso gli Oscar 2025, che dovrebbero essere sempre più scontati per quanto riguarda una candidatura in cinquina tra i migliori film internazionali, rappresenta soltanto l’ultimo step di un processo di un film che ha trovato un avversario insormontabile – Emilia Pérez – ma che ha tantissimo da dire. 

Il delicatissimo racconto del micro-mondo evidenziato nel film si radicalizza in una serie di formule stilistiche molto eleganti, che permettono di cedere al fascino dei silenzi, della natura e del circondario. In tutto ciò si osserva la caratterizzazione della comunità, in un film che non soccombe mai alla tentazione di strabordare nei suoi meccanismi narrativi o nei suoi formalismi stilistici: è un mondo placido, tranquillo e di sicuro molto schematizzato, quello di Vermiglio, ma allo stesso tempo un universo di singole evoluzioni dei personaggi, per cui si osserva certo un destino differente, ma anche un modo di venire al mondo sempre più variegato. Raccontando una delle pagine storiche sicuramente più celate della nostra storia, non evidenziate dai libri e nemmeno declamate a gran voce, Vermiglio si fa portavoce di un pensiero soltanto superficialmente legato al passato, dando invece sguardo e voce al presente e al futuro di ogni donna e uomo raccontati. 

5) Antipop (Jacopo Farina)

Una delle più grandi perle del cinema italiano del 2024. Se nella classifica dei peggiori film italiani dell’anno parlavamo di Sei nell’Anima e di come esso rappresenti tutto ciò che non va fatto quando ci si approccia alla realizzazione di un Biopic, soprattutto oggi che ne vengono prodotti così tanti ed il mercato si sta saturando, Antipop è invece una meravigliosa boccata d’aria fresca. L’esordio di Jacopo Farina è sregolato, punk, libero e pieno di energia da tramutare in arte, esattamente come il personaggio di cui racconta la storia, ovvero il musicista piemontese Cosmo.

Farina – già autore di videoclip per Gazzelle, Baustelle, Levante, Inoki, Ghemon e Tuttifenomeni – firma anche sceneggiatura e montaggio di un Biopic che non supera l’ora di durata e che ammalia lo spettatore con i racconti di una vita al limite, imperfetta, piena di traumi e paure e per questo degna di essere raccontata. Non ci sono filtri, non c’è la volontà di narrare qualcosa di falso o di voler far passare il protagonista per qualcosa che non è solamente per metterlo in buona luce: Antipop è così com’è, prendere o lasciare.

4) Confidenza (Daniele Luchetti)

Forse la più grande incomprensione del cinema italiano nel 2024. Confidenza è stato maltratto e bocciato praticamente da ogni spettatore ed addetto ai lavori, ma merita di essere riscoperto con la mente sgombra da ogni tipo di commento letto su articoli e social. A rendere grande il film di Daniele Luchetti non è tanto ciò che racconta, quanto quel non detto, quello che si nasconde fra le righe, dentro il cuore dei personaggi interpretati da Elio Germano e Federica Rosellini che poi non sono altro che degli alter ego di tutti noi.

Questa fantomatica confidenza non ha bisogno di essere svelata, nulla ha bisogno di essere svelato perché c’è l’assoluta necessità di rendere il pubblico attivo, che stia sul pezzo ed analizzi ogni dettaglio, dialogo e scena, perché ovunque si annidano elementi che possono dare una svolta non solo alla pellicola, quanto al pensiero stesso di chi guarda, perché è dello spettatore stesso che si parla. Un’opera eccezionale che ha fatto flop perché si è scontrato con una società, quella odierna, che ha smesso di scavare, di essere curiosa e di mettersi in gioco. La speranza è però l’ultima a morire, dunque la presenza in classifica non è data solamente dal tenore dell’opera, ma anche dalla necessità che venga visionata, a prescindere che piaccia o meno, perché il punto non è mai quello.

3) Challengers (Luca Guadagnino)

A differenza del sopracitato Confidenza, sul gradino più basso del podio si trova un film che ha invece messo d’accordo un po’ tutti. Nell’anno della presentazione a Venezia81 di Queer, Luca Guadagnino è uscito nelle sale con Challengers (che doveva aprire l’edizione precedente della Mostra del Cinema). Una storia di sport dove il tennis non è che un pretesto per raccontare una storia di sessualità e sensualità che non ha genere, con una star come Zendaya coadiuvata dai grandi Josh O’Connor e Mike Faist e con una colonna semplicemente straordinaria realizzata da Trent Reznor ed Atticus Ross.

Sbeffeggiato dopo il flop di Melissa P. e riscoperto solo 12 anni dopo con l’enorme successo di Chiamami col tuo Nome, l’Italia sta iniziando a comprendere solo adesso quanto Luca Guadagnino sia un autore eccezionale e, soprattutto, internazionale. Anzi, per meglio dire, una buona fetta di pubblico e critica sembra lo stia comprendendo non tanto per le sue opere quanto per la ricezione che le stesse stanno ottenendo nel mondo, soprattutto negli Stati uniti. Ecco quindi i tanti progetti in ballo, ecco come le più grandi star del cinema finiscano per lavorare con lui, ecco le copertine delle riviste, gli articoli, le interviste ed il suo nome sempre più inserito in un’industria che di autori come lui ha disperato bisogno, che sappiano coniugare blockbuster ed opera d’essai, film d’autore e mainstream.

Come in parte successo anche con Alice Rohrwacher, l’Italia e gli italiani faticano a comprendere la modernità di questi meravigliosi artisti, come anche la necessità di creare prodotti che siano esportabili in tutto il mondo, preferendo invece l’usato sicuro, vivere di rendita. Siamo ancora in tempo per capirlo e rilanciarci, facendo leva sì su un glorioso passato, ma anche su un futuro che deve vederci protagonisti e non nostalgici. Luca Guadagnino sta remando in questa direzione, ora è il turno di tutti gli altri.

2) Bestiari, Erbari, Lapidari (Martina Parenti, Massimo D’Anolfi)

Presentato in anteprima fuori concorso all’81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Bestiari, Erbari, Lapidari segna il ritorno alla regia di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi con un’opera formata da tre mediometraggi da circa un’ora ciascuno. Seconda posizione tra i migliori film italiani del 2024 e non l’avete mai sentito nominare? Non c’è da sorprendersi, vista la risicata – per usare un eufemismo – distribuzione che l’opera ha avuto, nonostante le ottime critiche ed il passaggio festivaliero. Certo, non si tratta di un film per famiglie o da chissà quale incredibile bacino d’utenza, ma un’opera capace di parlare in questo modo dell’umanità, della natura e della loro sopravvivenza con una delicatezza ed una mano registica tale, non può che essere citata. Bestiari, Erbari, Lapidari è un film enciclopedia fuori dal tempo eppure così contemporaneo, perché la storia dell’uomo e del pianeta in cui vive è la storia di tutti, da sempre. Sarà difficile recuperarlo, ma provarci è un obbligo.

1) Parthenope (Paolo Sorrentino)

Era già tutto previsto, anche questa prima posizione. Presentato in anteprima al 77esimo Festival di Cannes, Parthenope è il nuovo lungometraggio diretto da Paolo Sorrentino ed uno dei suoi lavori più riusciti o, perlomeno, in cui la sua poetica e cifra stilistica sono più centrati. Dopo alcuni anni passati tra Stati Uniti e grandi star internazionali, Sorrentino torna a casa e, prima con È Stata la Mano di Dio e poi con Parthenope, torna nella sua dimensione, lì dove riesce a sprigionare la sua vera essenza al 100%.

Parthenope è uno studio antropologico sugli umori dell’essere umano, sul perdersi e ritrovarsi e pazienza se tanta critica non lo ha pienamente apprezzato perché, come ci insegna Devoto Marotta, vedere è l’ultima cosa che impariamo, la più difficile. Le parole non bastano per descrivere la magnificenza di questa pellicola e, per quanto Paolo Sorrentino sia generalmente apprezzato sia in Italia che all’estero, la sensazione è che in pochi abbiano capito che abbiamo a che fare con un poeta del XXI. Esagerato? Forse, sarà di certo il tempo a darci una risposta, ma il tempo è limitato e sarebbe un peccato sprecarlo senza il suo cinema e senza tentare di scavare e comprendere la sua vera essenza. Parthenope è quindi il miglior film italiano del 2024.