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Spider-Man – Un Nuovo Universo: il trionfo della creatività che varia

Abbiamo realizzato una retrospettiva sulla trilogia di Sam Raimi, sui film di Marc Webb e sulle opere di Jon Watts ambientate nel Marvel Cinematic Universe fino a scrivere ovviamente la recensione sull’attesissimo “Spider-Man: No Way Home”, ma proprio perché su Quart4 Parete ci piace fare le cose per bene, ci sembrava troppo assurdo non chiudere il cerchio non parlando di un’altra fondamentale opera legata al personaggio, stavolta legata al mondo dell’animazione: “Spider-Man – Un Nuovo Universo” diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman. Pur non raggiungendo i risultati al botteghino di un film del MCU o di un’opera animata Disney, il lungometraggio riuscì comunque a portarsi a casa una bella fetta di pubblico ed ebbe soprattutto uno straordinario successo da parte della critica che lo salutò come la più grande rivoluzione animata che si potesse avere in quel momento, cosa che gli fece guadagnare anche un sacco di premi prestigiosi, tra cui l’oscar al miglior film d’animazione (divenendo la prima opera non creata dalla Disney o dalla Pixar a ricevere questo premio dopo tanti anni).

Sul campo della rivoluzione la cosa non sorprende, dato che si sta parlando di un utilizzo unico nell’approccio visivo dove non solo si unisce l’animazione bidimensionale con quella tridimensionale, ma si sperimenta con in linguaggio fumettistico attraverso vignette e nuvolette di pensiero che, insieme ai movimenti ed alle scenografie e grazie alla presenza di Spider-Man provenienti da altri mondi, cambiano in base ai vari modelli dei personaggio che si rifanno a stili diversissimi come i noir anni 30 o i manga giapponesi, per poi arrivare addirittura in luoghi e figure astratte che destrutturano l’opera in maniera tale da far sembrare l’intera visione come un dipinto schizzato impossibile da prevedere. La presenza di numerosi stili che portano l’animazione verso nuovi orizzonti creando un cocktail perfetto, è anche un modo per mostrare quanto più visioni sullo stesso personaggio rendano meraviglioso l’espressione artistica che non ha confini ed è uno dei vari modi del film per mostrare l’unione che ci porta a capire che, qualunque sia il mondo che vogliamo mostrare agli occhi del pubblico, la nostra voglia di dare qualcosa attraverso la creatività è sempre la stessa.

L’approccio visivo basterebbe da solo a promuovere la pellicola a pieni voti, ma l’opera riesce ad andare anche oltre, perché in tutto il film viene trattato il tema della crescita da parte di un ragazzo (Miles Morales) che più volte ha una terribile difficoltà ad approcciarsi di fronte al futuro, non sapendo cosa vuole veramente, non riuscendo a trovare un equilibrio tra ciò che è importante per lui e ciò che sente giusto. Alla paura di Miles Morales si contrappone la mancanza di volontà del Peter Parker proveniente da un altro universo, poiché, deluso dalle troppe difficoltà della vita, ha una momentanea crisi esistenziale in cui perde ogni esortazione ad andare avanti, fregandosene completamente di tutto ciò che ha attorno, poiché aiutare il prossimo ed a sacrificarsi non porta a nulla perché prima o poi la delusione ed il dolore arrivano comunque. Il rapporto tra Miles e questo Peter mostra quanto entrambi imparano l’uno dall’altro: il primo impara l’esperienza, mentre il secondo osserva la vitalità, mostrando il connubio tra due generazioni che non possono esistere senza le altre ed anticipando estremamente il discorso di “Spider-Man: No Way Home” (che però ha basi ed obiettivi diversi come è stato già spiegato nella recensione precedente).

Ma anche se il rapporto più importante è quello tra i due Spider-Man principali, gli altri provenienti da numerosi universi si dimostrano per essere tutti quanti completamente differenti da qualsiasi Spider-Man ci si potesse mai immaginare, ma tutti hanno l’elemento base in comune di aver perso una persona cara estremamente importante e che portano avanti il loro dolore aiutando il mondo: da qui anche gli elementi metacinematografici già esposti prima, come il ruolo di Spider-Pork che non va sottovalutato solamente perché è un cartone animato, dato che ogni figura ed ogni persona, per quanto diversa, se vuole portare avanti qualcosa di importante, è capace di farlo perché tutti noi possiamo essere Spider-Man. Ed a proposito della forza del dolore, non è un caso che il villain in questione sia Kingpin, poiché lui invece non riesce a crescere con il proprio dolore e scarica sugli altri la sua frustrazione per aver perso i suoi cari piuttosto che assumersi le sue responsabilità per andare avanti. Gli altri villain presenti del film servono solamente a sperimentare di più l’animazione, ma ciò non è un difetto in quanto sono dichiaratamente secondari ed il fulcro resta su Kingpin (fatta eccezione per lo splendido uso di Prowler che mostra definitivamente il fallimento dell’essere umano di fronte alle avversità).

“Spider-Man: Un Nuovo Universo” è una nuova grande boccata d’aria sia per il genere dei cinecomic che per il settore dell’animazione, sfondando le grandissime porte del futuro attraverso l’innovazione senza mai dimenticarsi del passato da cui viene fuori. Quest’opera è probabilmente uno dei migliori film degli ultimi anni ed è l’unica che riesce tranquillamente a tenere testa ai primi due capolavori di Sam Raimi, dimostrando che la creatività non ha davvero mai fine e spinge qualunque generazione che avrà bisogno di sentirsi capita e di sognare. E la cosa splendida è che gli stessi autori torneranno questo ottobre ad esplorare le avventure di Miles Morales con “Spider-Man: Across The Spider-Verse – Part One”, perché Spider-Man avrà qualcosa da dire per sempre.

Andrea Barone