The Legend of Ochi è una favola che emoziona solo per suoni

La recensione di The Legend of Ochi, l’opera prima del regista americano Isaiah Saxon con protagonisti Helena Zengel e Willem Dafoe, distribuito nelle sale italiane dall’8 maggio 2025.
Recensione The Legend of Ochi film 2025

Articolo pubblicato il 10 Maggio 2025 da Arianna Casaburi

Conosciuto prettamente come autore dei video musicali di celebri artisti di fama mondiale quali la band Grizzly Bear, e la cantautrice islandese Björk, il regista americano Isaiah Saxon realizza il suo primo debutto alla regia di un lungometraggio con The Legend of Ochi. Il film, distribuito nelle sale italiane a partire dall’8 maggio 2025 grazie a I Wonder Pictures, vede nel cast l’attrice Helena Zengel, candidata ai Golden Globe come Miglior attrice non protagonista per il film Notizie dal mondo, nel ruolo della giovane protagonista Yuri, nonché la star della serie TV Stranger Things Finn Wolfhard e infine Willem Dafoe nel ruolo del padre della protagonista. Segue la recensione di The Legend of Ochi, il film opera prima del regista Isaiah Saxon con protagonisti Helena Zengel, Finn Wolfhard e Willem Dafoe.

La recensione di The Legend of Ochi: una favola che emoziona solo per suoni

Il bisogno di raccontare l’innato rapporto che l’uomo intrattiene con la natura è fin da sempre al centro dell’opera di Isaiah Saxon, come possiamo intuire ripercorrendo i suoi primi lavori quali i cortometraggi animati The Tales of Hillbelly (2016), DIY (2018) e Earth Crisis (2020) in cui il regista americano esplora i conflitti esistenziali di cui il genere umano soffre, riflettendoli anche sull’ambiente che lo circonda, provocando danni irreparabili. Questa volontà di mantenere una coesione, un fil rouge con le sue origini stilistiche, si conferma ancora una volta nella realizzazione del suo primo lungometraggio dal titolo The Legend of Ochi. Nella sua opera prima infatti, che spazia tra il genere d’avventura e fantasy, Isaiah Saxon mette in piedi un film che però fin dal suo incipit spiazza lo spettatore per l’incredibile impostazione tecnica della fotografia curata da Evan Prosofsky che attinge molto, sia per le tonalità cromatiche che per la conformazione paesaggistica dei luoghi in cui è ambientato, da un film d’animazione a tutti gli effetti.

Questa commistione, che va perfettamente a crearsi inserendo le creature Ochi senza generare un effetto di inverosomiglianza, al contrario aiuta durante la visione a entrare nell’atmosfera dei miti e delle leggende, quasi favolistica, originaria dei luoghi dell’est da cui la storia prende ispirazione. A contribuire maggiormente a questo effetto “sognante”, vi è poi la colonna sonora composta da David Longstreth, un imponente e potente insieme di brani puramente strumentali che all’orecchio dello spettatore si costruisce come un unicuum, un suono armonioso che accompagna dall’inizio del film senza interrompersi mai fino alla fine. Si tratta di una colonna sonora che, oltre a svolgere una funzione narrante simile a quelle delle grandi opere teatrali liriche per cui solo ascoltandola si comprendono i momenti di gioia, tristezza, pericolo, azione che scandiscono il film, in alcune scene sfiora anche una sfumatura di solennità da brividi sulla pelle, come i suoni emessi dagli Ochi stessi. Peccato che però, questa incisiva e attenta ricerca estetica visiva e sonora non si rifletta in un’altrettanta cura e attenzione nei confronti di una costruzione di una solida base narrativa per il contenuto del film.

Infatti, sia durante che al termine della visione, si resta deludentemente perplessi, se non a mani vuote, da ciò che viene mostrato – anzi sarebbe meglio dire, non mostrato – sullo schermo. Tutto ciò che è raccontato, e che avrebbe importanza ai fini della storia, sembra nascondere un sottotesto che però non è svelato allo spettatore, anzi ogni qualvolta sembra di stare per scoprire qualcosa di utile la scena si interrompe, troncando così l’interesse e la curiosità sul nascere, lasciando lo spettatore a bocca asciutta. Infine, l’impianto sentimentale, che avrebbe dovuto suscitare la storia drammatica degli abitanti e della famiglia di Yuri stessa, è totalmente assente e sterile, culminato poi in un finale che ha tutto fuorché la qualità di far commuovere come vorrebbe. Ecco spiegato dunque il perché e da dove nasce quella sensazione spiacevole e dolce amara di dover abbandonare la sala, con la voglia di sapere di più sulla storia e la leggenda di Ochi, ma non perché suscitata dalla visione, al contrario per colpa della delusione di aver avuto tra le mani un argomento interessante ed essersi fatto sfuggire il cuore della storia concentrandosi piuttosto sulla cornice. The Legend of Ochi, dunque, resta purtroppo una favola che parla ed emoziona solo per suoni ma che di fatto non trasmette niente e lascia lo spettatore in balia di un rumoroso silenzio.

The Legend of Ochi recensione film Isaiah Saxon con Willem Dafoe
Helena Zengel in una scena tratta dal film The Legend of Ochi (2025) di Isaiah Saxon.

The Legend of Ochi: perché non basta solo attingere da Spielberg o dai grandi cult del genere fantasy

Quando si tratta di realizzare un film fantasy, non è mai facile portare a casa una storia originale ed emozionante, che sappia trovare il modo di aggiungere qualcosa di nuovo al genere, senza cadere in una banale riproposizione degli elementi già visti e rivisti in titoli che lo hanno preceduto nel tempo. Con The Legend of Ochi si ha in qualche modo questa percezione, come se, per proporre nel 2025 un film fantasy con protagonisti un gruppo di ragazzini che entrano in contatto con creature fantastiche, bastasse riprendere i cult da cui fortemente attinge e sicuramente ne riprende le basi quali E.T. – L’extraterrestre di Steven Spielberg, o I Goonies o ancora I Gremlins di Joe Dante e farne un semplice copia e incolla.

Il grande tallone di Achille di The Legend of Ochi, oltre a essere l’inconfutabile assenza di una vera storia, di avere veramente qualcosa da raccontare, è stata forse anche l’ingenuità di poter pensare che fosse sufficiente riproporre al pubblico uno schema narrativo familiare al genere fantasy. Nel film infatti la protagonista Yuri trova la creatura Ochi, la porta a casa con sé in uno zaino, la libera nella sua cameretta, costretta ad andare via per non essere scoperti, scappa di casa per proteggerla, le dà da mangiare e così via, tutte scelte narrative trite e ritrite che non danno onore al genere di appartenenza, al contrario lo banalizzano, realizzando una storia mediocre che non racconta nulla di nuovo. Ancora una volta, invece di concentrarsi su come valorizzare le caratteristiche originali di The Legend of Ochi, quali il potere delle creature, il messaggio soggiacente al loro canto sonoro che funge da presagio per l’essere umano, mettere in risalto le analogie e le difficoltà tra i rapporti delle famiglie degli Ochi e quella di Yuri, si è preferito intraprendere la via più facile del non osare, ma di pensare di restare “fedeli” al genere risultando invece solo noioisi e apatici.

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The Legend of Ochi locandina
The Legend of Ochi
The Legend of Ochi

The Legend of Ochi è un film fantastico in cui si narra la storia di una ragazza che, dopo essere scappata di casa, incontra una delle creature fantastiche chiamate "ochi".

Voto del redattore:

5 / 10

Data di rilascio:

08/05/2025

Regia:

Isaiah Saxon

Cast:

Willem Dafoe, Finn Wolfhard, Emily Watson, Helena Zengel, Razvan Stoica, Carol Bors

Genere:

Avventura, fantasy

PRO

La fotografia tra film e animazione, tutta forma…
La colonna sonora narrante…
…ma il contenuto della storia è il grande assente.
…ma che non basta da sola per far emozionare.
Il pathos messo alla mercé di una ricerca puramente estetica.
La costante sensazione di star per scoprire qualcosa e lasciati a bocca asciutta.