Articolo pubblicato il 9 Dicembre 2024 da Vittorio Pigini
Giusto in tempo per le celebrazioni dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre, sulla piattaforma di Netflix approda il nuovo film religioso Storia di Maria. Si tratta della nuova regia di Daniel John Caruso (in arte DJ Caruso) volta a portare sullo schermo una nuova versione appunto dell’infanzia ed adolescenza di Maria di Nazareth, interpretata qui da Noa Cohen. Nel cast del film, che prova a rintracciare i propri membri al fine di restituire una maggiore autenticità, spicca il nome del premio Oscar Anthony Hopkins. Ecco di seguito la recensione del film Netflix Storia di Maria, la nuova regia di DJ Caruso.
La trama di Storia di Maria, il film Netflix con Anthony Hopkins
Su sceneggiatura di Timothy Michael Hayes e come indicato già dallo stesso titolo, Storia di Maria (in originale semplicemente Mary) di DJ Caruso intende portare sullo schermo una nuova versione di Maria di Nazareth. Ci si concentrerà infatti principalmente sulla sua infanzia ed adolescenza, in preparazione alla sacra missione affidatole di portare in grembo il Figlio di Dio, minacciata dalle malelingue e dal potere del folle e geloso Erode. In particolare ecco la sinossi ufficiale del film Storia di Maria:
In questa epopea religiosa di formazione, Maria è emarginata dopo un miracoloso concepimento e costretta a nascondersi. Quando il re Erode dà inizio a una caccia per uccidere il neonato Gesù, Maria e Giuseppe fuggono per salvargli la vita.

La recensione di Storia di Maria: un’inutile rivisitazione che non porta frutti
Una carriera cinematografica non proprio felicissima quella del regista DJ Caruso che, successivamente alla realizzazione di film come Disturbia con Shia LaBeouf, Identità violate con Angelina Jolie e xXx – Il ritorno di Xander Cage, vira sullo sviluppo di un film religioso, riprendendo la Storia delle Storie. Prendendo ispirazione dal materiale millenario, Storia di Maria sceglie di portare sullo schermo una nuova versione di quel reiterato racconto, puntando su un nuovo punto di vista osservato attraverso gli occhi femminili della sua protagonista.
Fin dalle prime immagini del film, infatti, si arriverebbe quasi ad indicare Maria quale vero “Messia”, vera salvatrice dell’uomo, andando a mettere anche volontariamente da parte il materiale originale. Discrepanze e distanze si riscontrano lungo tutta la narrazione, in primis nel personaggio di Giuseppe, descritto dai testi Sacri in “età avanzata” rispetto all’amore teenageriale mostrato nel film. Nel Protovangelo di Giacomo, addirittura, si preciserebbe come Giuseppe, prima di conoscere Maria, avesse sposato un’altra donna con la quale ebbe 6 figli.
La sceneggiatura di Timothy Michael Hayes prende dunque le distanze da quanto narrato più e più volte, scegliendo di attualizzare la storia di Maria al seguito dei movimenti civili e sociali di oggi. Un intento decisamente avvincente e dall’enorme potenziale, con una protagonista costretta a seguire un destino più grande di lei, che assiste all’oggettificazione e allo sfruttamento del suo corpo per mettere al mondo il Messia, indipendentemente dalla sua volontà. L’ultima tentazione di Maria vedrebbe anche la dinamica del “tradimento” nell’Immacolata Concezione estremamente attuale, con la donna immediatamente criminalizzata e ritenuta colpevole, con l’adulterio ancora oggi punibile con la morte.
A ciò si aggiungerebbe anche una decostruzione della tanto osannata famiglia tradizionale, con Giuseppe che si mostrerebbe come padre putativo del bambino in arrivo. Insomma le basi e le premesse del film sono estremamente intriganti e tematicamente potenti, con Storia di Maria che tuttavia non ha coraggio e perde tutte le occasioni a disposizione, finendo col sfociare in un inutile action-drama adolescenziale.
La recensione di Storia di Maria: una modernizzazione che non giova, anzi
Tradendo le affascinanti premesse e proseguendo alla fine per la storia già assodata, Storia di Maria non ha nemmeno la forza necessaria per rimanere impresso nella mente dello spettatore, se non per una visione fiacca e molto distante. Eccezion fatta per le buone sonorità ricreate dal compositore Tim Williams, capaci di restituire un certo alone di sacralità alla visione, e per la direzione della fotografia che colpisce l’occhio, le quasi 2 ore di durata del film risultano alquanto onerose. Ciò a causa di una narrazione che appunto non riesce mai ad ingranare fuori dal materiale alla conoscenza di tutti, oltre a scelte espositive al limite della sopportazione.
In un racconto di questo tipo, dove a prevalere dovrebbe essere principalmente l’emotività dei suoi protagonisti, il regista non perde occasione per enfatizzare molte delle inutili scene action, avvalorate anche da fastidiosi slow-motion. In Storia di Maria si scade inoltre anche nel fantasy (insomma, ancora di più), con l’entrata in scena di cosplay di angeli e con la protagonista capace di influenzare l’ambiente circostante. Proprio nei suoi protagonisti il film non riesce a tirare fuori l’emotività necessaria, con i giovani Noa Cohen e Ido Tako che non fanno trapelare una storia sentimentale sopra il livello base. Proprio come il suo personaggio, infatti, l’attrice e modella israeliana si ritrova al suo primo ruolo cinematografico ad interpretare un simbolo ancora decisamente più grande di lei, sebbene i segnali di una carriera interessante sembrano esserci.
Tornando alla professione di modella della protagonista, si aggiunge anche che il film presenti una scelta stilistica tra ambientazioni, costumi e trucco estremamente “irreale”, con i giovani protagonisti soprattutto che sembrano usciti da campagne pubblicitarie di cosmetici o gioielli: stesso taglio di capelli, stessa misura della barba incredibilmente curata ecc.
A guidare il cast eterogeneo ci pensa una leggenda come il 2 volte premio Oscar Anthony Hopkins, nel ruolo di un eccentrico Erode. L’iconico Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti è da sempre interessato a produzioni storiche, come nelle ultime sue 2 partecipazioni cinematografiche in One Life e Freud – L’ultima analisi, oppure in streaming con Those About to Die. Anthony Hopkins ha sempre le giganti capacità di saper rapire la scena, presentando qui un personaggio anche ironico ed infido, sebbene sia alquanto sprecato ed abbandonato alla sua follia.