Recensione – Tell it like a woman, con Margherita Buy, Cara Delevingne ed Eva Longoria

La recensione di Tell it like a woman, con Cara Delevingne

Articolo pubblicato il 10 Settembre 2023 da Giovanni Urgnani

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Tell it like a woman
Genere: drammatico, biografico
Anno: 2022
Durata: 112 minuti
Regia: Silvia Carobbio, Maria Sole Tognazzi, Lucia Puenzo, Mipo Oh, Taraji P. Henson, Catherine Hardwicke, Leena Yadav
Sceneggiatura: Leena Yadav, Krupa Ge, Shantanu Sagara e Catherine Hardwicke
Cast: Cara Delevingne, Eva Longoria, Margherita Buy, Anne Watanabe, Jennifer Hudson, Marcia Gay Harden e Jacqueline Fernandez
Fotografia: Aseem Bajaj, Paul M. Sommers
Montaggio: Josie Azzam, Anne-Sophie Bion
Colonna Sonora: Manels Favre, Andrés Goldstein, Nora Kroll-Rosenbaum, Elena Maro, Gabriele Roberto, Daniel Tarrab, Diane Warren
Paese di produzione: Stati Uniti, Italia

Presentato in anteprima al Taormina Film Festival, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi in uscita limitata il 7 ottobre 2022 e in digitale il 17 febbraio 2023 con titolo Togheter now, mentre in quelle italiane il 7 settembre dello stesso anno. Candidato all’Oscar per la Miglior canzone originale: Applause di Diane Warren.

 

 

La trama di Tell it like a woman, co-diretto da Maria Sole Tognazzi

Di seguito la trama ufficiale di Tell it like a woman, co-diretto da Maria Sole Tognazzi:

 

Film corale composto da sette racconti, tutti con protagoniste donne che vivono in diversi parti del mondo, dall’Italia al Giappone, dall’India agli Stati Uniti. Nonostante ognuna di loro sia diversa dalle altre, tutte hanno una cosa in comune: si ritrovano a dover affrontare una dura sfida nella loro vita. Questo momento di confronto con sé stesse merita di essere superato con determinazione e coraggio, rendendole ancora più forti e, soprattutto, più consapevoli di sé.

 

 

La recensione di Tell it like a woman, con Anne Watanabe e Jacqueline Fernandez

 

La recensione di Tell it like a woman, con Eva Longoria

Nel 1967, Vittorio De Sica si mise dietro la macchina da presa per realizzare uno dei suoi tanti progetti cinematografici internazionali. Protagonista di Sette volte donna è la meravigliosa Shirley MacLaine, che interpreta sette personaggi diversi, per altrettanti episodi, tutti diretti dal regista italiano premio Oscar. A cinquantasei anni di distanza si realizza quest’operazione congiunta tra USA ed Italia, composta anche qui da sette episodi, ma stavolta cambiando sia nella sostanza che nell’obiettivo: per ogni storia una diversa regista, diversa protagonista e diversa ambientazione; le situazioni messe in scena sono differenti, toccano vari contesti in cui la donna contemporanea si ritrova a vivere. Un mix di soggetti inediti ed ispirazioni a fatti realmente accaduti (con quest’ultimi caratterizzati dalle consuete immagini di repertorio a fare da chiosa finale) che mettono al centro realtà quotidiane, dove ogni donna del pianeta è in grado di riconoscersi.

 

 

L’uscita di questo lungometraggio risponde chiaramente all’esigenza dell’universo femminile di far sentire la propria voce, in un momento cruciale come quello attuale, in cui la lotta tra conservatorismo e progressismo si fa sempre più serrata e violenta. L’unità di genere si esprime mediante il mondo dell’arte, che insieme agli altri organi della società, ha la necessità di cambiare la propria struttura e il proprio punto di vista, ancora maschiocentrico. Dietro ad ogni volto si cela un’esistenza piena di fatiche, sofferenze, traumi mai risolti e desideri: le fatiche, ad esempio, di una madre singole/lavoratrice, impegnata per tutta la settimana senza ricavare nemmeno un momento per sé stessa, solo l’amore per chi ha generato le permette di ritrovare le forze e continuare sulla strada del sacrificio, prendendo sulle sue spalle anche la responsabilità di un’altra figura rimasta misteriosamente, ma non troppo, assente.

 

 

La recensione di Tell it like a woman, con Eva Longoria

 

 

Le tematiche di Tell it like a woman, presentato al Taormina Film Festival

La vetta più alta della pellicola è sicuramente toccata dall’episodio diretto da Leena Yadav, intitolato Sharing a ride. Un viaggio interiore per scoprire il gusto sessuale, un tassello della propria identità spaventoso persino per l’individuo stesso, oppresso dal perbenismo e alla convenzionalità morale, soprattutto se si occupa una determinata posizione sociale o si svolge un determinato impiego, in cui l’apparenza dell’etichetta funge da catena soffocante e restrittiva. La messa in scena azzecca il modo di comunicare la passione e il desiderio della protagonista, grazie a delle sequenze oniriche che permettono di comprendere la travolgente tempesta sensoriale in cui ella è immersa, cosicché, a poco a poco, le paure e le titubanze lasciano spazio all’accettazione del piacere, tanto avverso dalla massa perché tanto incompreso.

 

 

Il meno convincente di tutti invece è Lagonegro, diretto da Lucia Puenzo, con protagonista Eva Longoria: una donna in carriera fuggita dal suo passato, costretta a tornarci per un lutto familiare, rivive i suoi drammi che da ragazza l’hanno condizionata nel suo rapporto con la maternità, diventato conflittuale. Lo sviluppo di questo soggetto avrebbe necessitato di un minutaggio assai maggiore per essere meglio approfondito; invece, l’epilogo viene raggiunto in maniera sbrigativa e fin troppo banale, con dei risvolti telefonati e prevedibili, impoverendo una tematica, al contrario, ricca di stimoli, come appunto può essere la difficoltà di aprirsi al diventare genitore a causa esperienze negative, mai risolte a dovere, durante l’infanzia e l’adolescenza.

 

 

Merita di essere menzionato anche Unspoken, ambientato nello “Stivale”, alla regia Maria Sole Tognazzi, con protagonista Margherita Buy nei panni di Diana. Una veterinaria nel pieno di un periodo turbolento, in cui nulla sembra andare come dovrebbe, una persona qualunque che al momento giusto diventa l’eroina di tutti i giorni. Un eroismo marvelliano dove i problemi privati vengono messi da parte per fare la cosa giusta, Diana intuisce l’urgenza di curare le ferite altrui, dovendo giocoforza rinunciare a curare le sue, anche se ciò potrebbe causarle non pochi dispiaceri. Un altro modo per approfondire le sfumature del sacrificio.

Voto:
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