Space Jam – New Legends: il ritorno dei Looney Tunes imperfetto ma lunatico

Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789

“Space Jam” è un cult che ha cresciuto molte persone: nonostante l’ingenuità dell’opera nata per pubblicizzare i prodotti della Nike, molti ragazzi hanno adorato l’alchimia tra Michael Jordan ed i Looney Tunes, per questo la Warner Bros, in questo periodo basato sulla nostalgia, non ci ha pensato due volte prima di realizzare il sequel “Space Jam: New Legends” con protagonista stavolta il famoso giocatore di basket LeBron James nel ruolo di sé stesso. Il celebre giocatore ha difficoltà nel comunicare con suo figlio, ma le cose precipitano quando l’algoritmo umanoide Rhythm li trascina nel cyberspazio, costringendo LeBron a giocare una partita di pallacanestro in cambio della restituzione di suo figlio. Per questo motivo LeBron James incontrerà i Looney Tunes per fare la squadra che possa sconfiggere quella di LeBron, formata proprio dal suo stesso figlio che è stato ingannato da Rhythm.

Dal punto di vista registico, Malcolm D. Lee utilizza un approccio standard nelle inquadrature nei personaggi live action, le quali non sono particolarmente ispirate. Al contrario, quando il film tira fuori il reparto dell’animazione, diventa un grande spettacolo. Era da molto tempo che la tecnica tradizionale con il 2D non veniva utilizzata per un prodotto destinato ad un pubblico di famiglie da una casa di produzione occidentale ad alto budget, per questo si vede che gli animatori hanno dato tutto loro stessi per il grande schermo.

I momenti in cui il 2D viene utilizzato, c’è un omaggio enorme alle dinamiche estreme slapstick tipiche dei corti dei Looney Tunes, il quale più volte si fonde con altri stili appartenenti ad altre serie d’animazione della Warner (in particolare l’universo televisivo DC) che, fusi con la spettacolarità del cinema, rendono il tutto una gioia per gli occhi. In un momento l’animazione viene anche fusa con lo stile dei fumetti, attraverso delle sequenze che si possono definire pittoriche pur non entrando nello stile di Alex Ross, ma sempre incantevoli. Infine il momento della partita utilizza un approccio visivo tridimensionale che rende i Looney Tunes realistici, ma senza mai perdere l’approccio cartoonesco e che rende diverse scene molto piacevoli da guardare e l’unico momento in cui la regia di Lee prova a dare di più, ma solo nelle scene in cui gli effetti visivi dominano davvero, facendo il verso a “Ready Player One” di Steven Spielberg.

Dal punto di vista della recitazione, si nota che LeBron James si impegna parecchio ed ottiene un effetto altalenante attraverso dei momenti in cui sembra fuori posto ed altri in cui risulta convincente, realizzando comunque una performance migliore di Michael Jordan. Dall’altro lato si vede che Don Cheadle si è divertito moltissimo ad interpretare il villain e crea una performance carismatica e sopra le righe al punto giusto, mentre invece il doppiaggio italiano dei Looney Tunes è perfetto. Nota dolente per i talent chiamati a doppiare i presentatori della partita i quali, a differenza dell’ottimo risultato ottenuto con il giornalista Giampiero Galeazzi nel ruolo del villain nel primo film, sono veramente una tortura per le orecchie.

Sulla scrittura, il film ha una base abbastanza stupida: l’algoritmo Rhytim vuole fare in modo che tutto il mondo sappia quale sia il suo operato e che è lui a creare le idee della Warner Bros, così per fare in modo che tutti lo apprezzino… decide di intrappolare più persone possibile nel Cyberspazio per sempre. Se non fosse per il divertimento dato da Don Cheadle, il villain sarebbe veramente insopportabile per come è mal scritto. Ma se da un lato la trama è enormemente idiota, dall’altro lato hanno cercato di differenziare il protagonista: nella prima opera Michael Jordan era praticamente un uomo perfetto, mentre invece qui LeBron James ha difficoltà a fare il padre e l’opera cerca di mandare un messaggio sull’importanza della comunicazione e sull’importanza di essere sé stessi, riuscendoci anche bene e senza forzature (anzi, ottimo il modo in cui i Looney Tunes si collegano a questo argomento). Nulla di eclatante o che non sia già visto, ma quanto basta per regalare al protagonista qualcosa di più umano che cancella la definizione di “figagine da superuomo” mantenuta da Jordan e che quindi differenzia l’opera, anche perché nel film è palese il fatto che sia LeBron James ad avere bisogno dei Loones e questo si nota pure nella partita invece del contrario del primo capitolo.

Molto divertenti i riferimenti alla cultura pop, che esplodono nella bizzarria dei Looney Tunes, mentre invece è una nota dolente i cameo degli altri personaggi umani della Warner Bros: purtroppo, salvo la bellissima presentazione di quando si crea lo stadio (meraviglioso l’omaggio ad un certo film di Joe Dante), gli spettatori formati da persone come l’Agente Smith o Mr. Freeze sono deludenti e sembrano molto di più dei cosplayer, salvo alcuni ben nascosti da un ottimo make-up o da maschere (le scimmie dal Mago di Oz, It, oppure il Pinguino da “Batman Returns”), ma il resto è veramente poca roba.
Inoltre, senza spoiler, una parte del finale legata ad uno dei protagonisti è profondamente anti-climatica e la soluzione che viene data successivamente riguardo il suo ribaltamento è estremamente casuale, come se gli sceneggiatori non avessero idea di come fare.

Al di là dei grossi difetti, se da “Space Jam: New Legends” si cerca la follia dei Looney Toones in una partita di basket, gli spettatori non saranno delusi. Il primo tempo è abbastanza confusionario perché bisogna abituarsi alle nuove regole del gioco, ma quando arriva il secondo tempo, i Looney danno tutto loro stessi e la partita diventa esilarante con gag pazze che richiamano perfettamente al loro spirito. Il film infatti si regge solo sulla grandezza dell’animazione, sulla bellezza dei Looney Tunes e sui riferimenti alla cultura pop che possono strapppare risate più volte, facendo sentire bene lo spettatore attraverso un buon messaggio finale. Esattamente come il primo film, “Space Jam: New Legends” è un’opera senza pretese e davvero imperfetta, che non raggiunge minimamente i picchi alti di altri film in tecnica mista, ma se si vuole ottenere un film d’intrattenimento per spegnere il cervello per respirare un po’ di aria Looney, allora non è un’opera da buttare, facendo passare due buone ore ai nostalgici e divertendo enormemente i bambini.

Voto: 6,5/10

  • Andrea Barone
Christian D’Avanzo:
Paolo Innocenti: 5
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Andrea Boggione: 7,5
Carlo Iarossi: 3
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