Articolo pubblicato il 21 Maggio 2025 da Giovanni Urgnani
Presentato in anteprima mondiale in concorso ufficiale alla sessantottesima edizione del Festival di Cannes, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 30 maggio 2025, col titolo originale The Phoenician Scheme, mentre in quelle italiane a partire dal 28 maggio dello stesso anno, grazie al contributo di Universal Pictures. Dodicesimo lungometraggio diretto dal regista statunitense Wes Anderson (L’isola dei cani) e scritto assieme a Roman Coppola, presentando un cast delle grandi occasioni, tra cui: Scarlett Johansson (Lost in translation), Tom Hanks (Salvate il soldato Ryan) e Benicio Del Toro (Sicario). Ma qual è il risultato de La trama fenicia? Di seguito la recensione e la trama del film.
La trama de La trama fenicia, il film di Wes Anderson
La pellicola è stata prodotta da Focus Features, in collaborazione con Indian Paintbrush e con la partecipazione di American Empirical Pictures, invece la colonna sonora è stata composta dal Maestro Alexander Desplat. Ma di cosa parla quindi La trama fenicia? Di seguito la trama ufficiale del film diretto da Wes Anderson:
“Il magnate internazionale Zsa-zsa Korda, dopo essere sopravvissuto a un incidente aereo per la sesta volta, decide di ricucire il rapporto con sua figlia Liesl, diventata suora e che non vede da diversi anni.”

La recensione de La trama fenicia, in concorso a Cannes 78
Rischiando per l’ennesima volta l’accusa di raccontare sempre la stessa storia, al suo dodicesimo lungometraggio da regista Wes Anderson rimane fedele a sé stesso in ogni fotogramma mettendo di fianco due personaggi distanti tra loro, a livello di rapporti umani, nel momento in cui la vicenda comincia, facendoli affrontare un viaggio nel quale ognuno, tappa dopo tappa, esprime tutto ciò che ha dentro: i propri disagi, le proprie mancanze e i propri vuoti. Il magnate protagonista interpretato da Benicio Del Toro sembra baciato dalla fortuna fin dalla nascita, dato che nel momento in cui il pubblico lo conosce sopravvive al sesto incidente aereo della sua vita.
Fortuna però che risulta solo apparente, poiché il personaggio cova dentro un’assopita depressione ed è lecito pensare quanto in realtà egli cerchi la morte, resosi conto di non aver raccolto nulla durante la sua esistenza, concentrata nei suoi sforzi ad accumulare ricchezza e profitto. La meta del viaggio è il colmare il fatidico “gap” per portare a termine il grande progetto, narrativamente una mancanza economica che però fa il paio col gap sentimentale del padre intenzionato a recuperare il legame con la figlia Liesl, distanza accumulata negli anni con l’obiettivo di azzerarla in poco tempo. Per riuscirci occorre la fatidica decisione drastica, in grado di cambiare la vita radicalmente, scelta sicuramente anomala se non addirittura scandalosa per la società materialista in cui l’essere umano è abituato a vivere, dove le parentele di sangue in nome del vil denaro implodono in men che non si dica, scatenando una lotta senza esclusione di colpi.
Il capitalismo e la religione vengono affiancati e incrociati tra loro, sia perché nella realtà l’intreccio esiste sia perché le persone approcciano e si aggrappano a tali entità al fine di colmare e di soffocare i dubbi, le perplessità e i complessi derivati dai dolori provati, dalle insicurezze e dalle delusioni, non mancando le frecciate pungenti e sarcastiche. Il tutto sempre contestualizzato in una cornice surreale a cui ognuno si è nel corso dei decenni fortemente abituato. Validi argomenti per i detrattori questa volta vengono forniti dal regista americano stesso: nel corso della durata si ripetono quasi allo sfinimento i medesimi canovacci comici, alternati all’eccessivo ricorso alla verbosità, estremizzandone il ritmo causando l’appesantimento dei minuti totali, facendone percepire di più rispetto alla quantità effettiva, riempiendo lo schermo di figure inutili solamente per il gusto di fare sfoggio del prediletto star system.
Va riconosciuto che però la cifra stilistica non è solamente il tipico esercizio di stile, anche se Anderson non disdegna lo specchiarsi, ma è portatore di contenuti stimolanti verso la caratterizzazione del protagonista, in particolar modo le sequenze in bianco e nero, dove Zsa-zsa Korda si trova a fare i conti coi rimpianti, le mancanze e i pentimenti accumulati nel corso del suo passato, verso cui però non bisogna rimanerne imprigionati, assorbendo invece quella forza necessaria per ridiscutere le priorità e capire cosa davvero conta nella vita.