Articolo pubblicato il 17 Maggio 2025 da Vittorio Pigini
Successivamente ad essere passato per il Toronto International Film Festival e nella sezione Fuori Concorso del Torino Film Festival, dall’8 maggio 2025 approda su Prime Video The Assessment – La valutazione. Si tratta dell’esordio alla regia di un lungometraggio per Fleur Fortuné, che porta sullo schermo una fantascienza distopica e minimalista sul tema della natalità, tanto in ottica socio-politica quanto intimista ed esistenziale. A guidare la visione di questo thriller drammatico ci pensa un triangolo d’eccezione nel cast, con Elizabeth Olsen, Alicia Vikander e Himesh Patel. Ecco di seguito la recensione di The Assessment – La valutazione, il primo film di Fleur Fortuné.
La trama di The Assessment – La valutazione, il film di fantascienza con Elizabeth Olsen
Forte di una carriera come regista di cortometraggi e di videomaker per artisti come Drake, Skrillex e Travis Scott, Fleur Fortuné debutta nel cinema con The Assessment, un thriller-drammatico ambientato in un futuro prossimo. Il mondo ha infatti ormai conosciuto il collasso ambientale ed una scarsità di risorse sempre maggiore, con la società che sta portando avanti un piano politico per controllare il tasso di natalità e la conseguente crescita demografica. Grazie a speciali farmaci, infatti, la popolazione riesce a vivere più a lungo ma nella totale impossibilità di procreare, con la prole che viene specificatamente selezionata ed assegnata al superamento di un test.
Qualsiasi coppia che desideri di avere un figlio dovrà infatti sottoporsi alla Valutazione, con il governo che nomina un agente scelto per analizzare, nell’arco di 7 giorni, se la coppia sia o meno idonea ad avere un bambino. Mia ed Aaryan sono una coppia sposata che scelgono di sottoporsi proprio alla Valutazione, con le istituzioni che inviano Virginia per esaminare i due candidati. I vari test metteranno Mia ed Aaryan a dura prova, con la situazione che diverrà sempre più tesa e complicata.

La recensione di The Assessment: desiderare un figlio in un mondo senza futuro
Nelle sale italiane del marzo 2025 esce La città proibita, il terzo film scritto e diretto da Gabriele Mainetti. Seppur indirettamente, nonostante l’opera punti molto su un cambio generazionale e culturale, il film si aggrappa alla condizione demografica cinese che, con la legge del “figlio unico”, innesta la trama di La città proibita. Quello del tasso di natalità, dando un occhio soprattutto alla pessimistica situazione nel nostro Paese, è un tema che forse tende a rimanere fin troppo marginale, chiedendo di prendere in esame dati statici ed arrivare ad una certa analisi, una valutazione delle criticità.
The Assessment di Fleur Fortuné entra a gamba tesa nella questione, portandoci avanti in un futuro prossimo che, forse, non è mai stato così vicino. Il mondo nel film ha fatto i conti con il collasso ambientale, con il cambiamento climatico che ha portato ad un radicale impoverimento delle risorse disponibili. Non c’è dunque cibo e beni per tutti ed il Governo (quel Grande Occhio, il burocrate autocratico e di orwelliana memoria) corre ai ripari con il pugno di ferro: i singoli individui non possono essere liberi di riprodursi, serve una stretta sul controllo delle nascite e tutti gli “extra” devono essere eliminati. In questo caso, per un tema di assoluto interesse e sensibilità, per “extra” vengono considerati anche gli animali domestici, considerati “funzionalmente inutili” nella logica industriale ed un fattore che sottrae risorse (basti pensare al mangime ed al loro sostentamento).
Si torna allora a quel controllo delle nascite che non è ovviamente nuovo nel cinema e nelle arti di fantascienza, ma che in The Assessment assume una connotazione grottesca e concettualmente inquietante. Da Ex Machina di Alex Garland (che tornerà nel corso di questa recensione) alle varie puntate di Black Mirror, il primo film di Fleur Fortuné arriva tuttavia ad avvicinarsi principalmente al cinema di Yorgos Lanthimos, a quella concezione del controllo primordiale della vita di un individuo passando ovviamente e soprattutto per la sfera sessuale. Non serve tornare troppo indietro con la filmografia del geniale autore greco, a quel stridente Dogtooth ad esempio, ma ci si potrebbe ricollegare semplicemente al recente Kind of Kindness. Nell’episodio La morte di R.M.F. il protagonista interpretato da Jesse Plemons vede sotto controllo ogni aspetto della sua vita, compreso anche quando e quanto poter fare l’amore con sua moglie.
Emblematico in tal senso come la rigida burocrate, interpretata da Alicia Vikander, si addentri nell’intimità della coppia protagonista di The Assessment, dalla nuova richiesta di fluidi corporei alla vedetta nella camera da letto. L’inquietante e disagiante prevaricazione del personaggio funziona dunque nell’economia cinematografica, nel restituire lo sguardo opprimente di quel “thriller psico-sessuale” dichiarato dalla regista, ma ne incarna ovviamente anche la deriva distopica. Ecco che una delle condizioni primarie (se non la più importante) per potersi definire essere umano, ovvero il nascere ed il potersi riprodurre, diventa un privilegio. Il Governo (inteso genericamente come potere dello Stato) arriva a privare all’individuo del libero arbitrio sulla sua condizione biologica, quel desiderio di un figlio in un mondo senza futuro. I temi di aborto, fecondazione assistita ed obiettori di coscienza avrebbero in tal senso via libera di crescere e proliferare nel film di Fortuné la quale, tuttavia, punterebbe i riflettori verso una questione più intimistica ed esistenziale. Chi può veramente permettersi di crescere un bambino oggigiorno e cosa si è disposti a fare per avere una famiglia?
Emotività ed eleganza di un destino ignoto
Il cuore, del primo film di Fleur Fortuné, si riscontra dunque nella complessità, emotività e sensibilità del terzetto protagonista. Dal punto di vista sentimentale, l’alchimia e lo scontro tra i due coniugi protagonisti vengono restituite su schermo con intensa credibilità da parte di Elizabeth Olsen e Himesh Patel. La prova di Alicia Vikander, tuttavia, riesce a rubare l’attenzione da “terzo incomodo” ed arrivando a monopolizzare la narrazione. Supportata dalla costruzione di un personaggio dall’affascinante complessità, l’attrice di Ex Machina torna sostanzialmente nell’ambiente tematico e concettuale del film d’esordio di Alex Garland, portando avanti una trasformazione continua fino all’ultimo atto, il quale arriva a stravolgerne e a potenziarne ulteriormente il significato.
Ma torniamo alla composizione del triangolo protagonista. Mia è una botanica che protegge e fa crescere la vita (floreale), con il desiderio di diventare madre che viene ostacolato dall’ombra della sua stessa genitrice. Aaryan è invece un ingegnere, un informatico, impegnato a confrontarsi con numeri e formule ed occupato a progettare animali domestici virtuali, intenzionato a diventare padre ad ogni costo (e con ogni partner). I due sembrerebbero essere per tali motivi agli antipodi, ma l’amore sostiene ed incoraggia la coppia…almeno fino all’arrivo del già citato terzo incomodo. Virginia arriva infatti ad incarnare lo shock, la rottura dello status quo, per un personaggio rigido e ligio al dovere ma pur sempre umano e dunque imprevedibile.
La fantascientifica Valutazione di The Assessment si trasforma, fin dai primi giorni, in una vera e propria terapia di coppia per Mia ed Aaryan, con il gioco di ruolo che diventa di ora in ora sempre più spigoloso ed i nervi sempre più tesi. La regista è abile in tal senso ad amalgamare nella visione l’anima più sentimentale e drammatica, mostrata attraverso i corpi e gli sguardi dei suoi protagonisti, e quella più sinistra e da thriller claustrofobico. Esteticamente elegante e geometrico nella sua forma, The Assessment non perde occasione di svelare una certa ferocia psicologica attraverso i movimenti di macchina, i giochi di luce e le distorsioni sonore. La costruzione ambientale e sensoriale della messa in scena aiuta, inoltre, a restituire una piena esperienza futuristica, nonostante il suo minimalismo. Ad eccezion del sofisticato laboratorio di Aaryan, infatti, la tecnologia resta sempre al margine di una fantascienza pronta a pesare le parole e non voler stupire con androidi ed astronavi.
Dal sapore “teatrale”, The Assessment porta così avanti una storia che verte su temi significativi, messo in scena con dedizione ed intelligenza dalla regista al suo debutto, e che può contare su tre performance incisive. Tuttavia, è proprio nel suo ultimo atto che il film di Fleur Fortuné mostra il fianco. Innanzitutto si deve registrare un’occasione persa nel lasciare l’affascinante contesto sociale e politico completamente off-screen. Durante la visione si accenna infatti il contrasto tra lo Stato e i dissidenti, il fenomeno dell’abbattimento degli animali domestici, il fantomatico Vecchio Mondo, la manipolazione della procreazione che allo stesso tempo blocca miracolosamente l’invecchiamento, la procedura nell’allevare bambini e molto altro. Si tratta di elementi non solo tematicamente pregnanti, ma anche visivamente necessari, con il “minimalismo” che lascia il tutto fuori dalla porta. Nessun immagine d’archivio, nessun effetto concreto sul c.d. Nuovo Mondo.
La scorciatoia del “lo dimo” fa qui storcere il naso per l’occasione mancata (forse bastava anche poco), nonostante possa rappresentare al contrario un elemento di fascino. Quello che resta sicuramente meno accettabile è non solo l’eccesso di finali, ma anche la loro incapacità di portare acqua al proprio mulino. La troncatura tra Aaryan e Mia avviene anche qui sostanzialmente off-screen; dopo aver confessato il dolore e cosa ha dovuto sopportare per anni, il suicidio di Virginia rende tutto vano; la chiusura di Mia rimane inutilmente aperta. Nonostante nell’arco dei 114 minuti The Assessment riesca a mettere molta carne sul fuoco pregiata, il film proprio sul più bello risulta fatalmente indeciso, porgendo sì allo spettatore interrogativi, ma si tratta di quello più indigesto: e quindi?