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Recensione – X-Men, diretto da Bryan Singer: l’inizio della rivoluzione del cinecomic

Prima che i cinecomic diventassero un fenomeno maistream Bryan Singer nel 2000 riusciva nell’impresa di portare il genere sul grande schermo creando un pilastro del cinema supereroistico.
Recensione - X-Men diretto da Bryan Singer

Il cinecomic è in crisi e questo, ormai, è un dato di fatto. Con il DCEU morto e in una fase di totale transizione e l’MCU che sta affrontando una delle sue crisi più nere e profonde sia per qualità che per incassi, sembra che il genere sia arrivato a consumare se stesso. Nonostante ciò, per oltre 20 anni ha trascinato moltissimi spettatori al cinema aiutando l’industria a rimanere in piedi anche nei momenti di difficoltà più profonda. Definire l’inizio o, almeno, il punto di partenza del genere molto spesso porta tantissimi a fare riferimento all’esordio del Marvel Cinematic Universe avvenuto nel 2008. In realtà, per capire sul serio le fondamenta che hanno portato alla nascita di un fenomeno così capillare, è necessario tornare indietro al 2000, anno dell’arrivo al cinema, in un film ad alto budget, di un gruppo di personaggi amatissimi su carta stampata ma praticamente sconosciuti al grande pubblico se non per la serie animata andata in onda nel 1992: gli X-Men. Il primo capitolo della trilogia, diretto da Bryan Singer, riuscì in una delle imprese più ardue che si potesse fare, dare serietà, contesto storico e spessore politico ad un film che, originariamente, aveva come obiettivo raccontare una storia molto semplice: un gruppo di eroi che combattono contro un cattivo comune.

La trama di X-Men, diretto da Bryan Singer

X-Men ha dalla sua parte un primo atto che, tuttora, dovrebbe fare scuola per tutti quei registi che si approcciano ad un genere come il cinecomic. Fin dai primi minuti, la pellicola esplicita il suo messaggio profondamente politico, mostrando la dottoressa Jean Grey intenta a tenere una conferenza nel corso di un summit internazionale nel quale spiega l’evoluzione del gene X e come nel mondo siano presenti milioni di persone con le abilità più disparate ma perfettamente inserite nella società. Ad opporsi alle sue idee di pace e di integrazione c’è il senatore Kelly, uomo che, fin dal primo momento, si dimostra contrario alla libertà dei mutanti e a favore della registrazione di tutti coloro che hanno poteri donati dalla loro genetica.

Parallelamente, una giovane mutante, Rogue, con il potere di assorbire la forza vitale e i poteri di chi tocca, scappa di casa e, in cerca di un passaggio, si ritrova in un bar nel quale incontra per la prima volta Logan (aka Wolverine), mutante come lei, con uno scheletro di adamantio e un incredibile fattore rigenerativo. Dopo che i due vengono attaccati da uno degli scagnozzi di Magneto, verranno tratti in salvo da Tempesta e Cyclope membri del gruppo X-Men, guidato dal Professor Xavier. E’ tra le mura della Scuola per giovani dotati nel quale i due vengono portati che Logan viene a conoscenza di quello che è il vero piano di Magneto: riuscire, attraverso una macchina, a trasformare tutti gli umani in mutanti in modo che riescano a capire quanto, coloro che posseggono il gene X, in realtà siano uno stadio superiore dell’evoluzione. L’obiettivo di Magneto diventa quello di utilizzare la capacità di assorbire i poteri di Rogue per condividere le sue abilità di metallocineta in modo da poter utilizzare le radiazioni della macchina per trasformare tutti coloro che parteciperanno al Congresso delle Nazioni Unite in mutanti.

Recensione X-Men diretto da Bryan Singer

La recensione di X-Men, quando i supereroi incontrano la politica

Uno degli elementi costitutivi dei fumetti Marvel e che, negli ultimi anni, è andato totalmente perdendosi all’interno dei film è il profondo fattore politico che ha sempre caratterizzato i supereroi della casa delle Idee e, in particolare, gli X-Men. Molto spesso la politica all’interno dei cinecomic viene usata come un risvolto di trama necessario che nasconde intrighi che muovono o meno i vari personaggi su scacchiere più grandi. Il primo capitolo della saga degli X-Men fu precursore di qualcosa che nessuno, oltre la saga stessa, ha avuto il coraggio di fare negli anni a seguire: raccontare il mondo.

La discriminazione costante di cui sono vittima i mutanti, poiché diversi e difficili da comprendere, diventa un modo per esplorare attraverso gli occhi della fantascienza e della grandezza del cinema, dinamiche che, sfortunatamente, fanno ancora parte del mondo moderno. La difficoltà dell’essere accettati, la segregazione, l’allontanamento poichè diverso e la paura, sono solo alcuni elementi che vengono riproposti all’interno del film ma che è facilissimo individuare in tantissimi periodi della storia umana. Insomma, la missione di Singer è di spiegare il razzismo e la diversità utilizzando come termine di paragone persone con poteri molto particolari e che rischiano di diventare di nuovo vittima di quella segregazione che ha visto protagonisti nel corso della storia afroamericani, ebrei o qualsiasi altra minoranza.

X-Men, Professor X e Magneto: Martin Luther King e Malcolm X in salsa Marvel

Negli anni ’60, quando si parlava di razzismo negli Stati Uniti, le due personalità più importanti che saltavano alla mente erano, senza alcun dubbio, Malcolm X e Martin Luther King. Mentre il primo era la faccia feroce, violenta ed interventista dei diritti umani negli USA, l’altro si è sempre dimostrato meno irruento, più pronto a porgere l’altra guancia e provare a trovare una via di incontro tra le due parti. Questa ambiguità viene perfettamente riproposta in X-Men nei personaggi di Erik Lehnsherr (aka Magneto) e Charles Xavier (aka Professor X). Se il primo è alla costante ricerca del conflitto, dovuto anche al fatto di esser già stato vittima dei rastrellamenti ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, l’altro fin da subito prova, anche nella sua scelta di creare una scuola dedicata a tutti quei giovani mutanti che vogliono imparare a controllare le proprie abilità, a cercare la speranza e vivere nella convinzione che, a piccoli passi, si riesca ad arrivare ad una convivenza tra mutanti ed umani.

In questo modo di affrontare divergenze di pensiero e di concepire il diverso, X-Men si conferma essere, forse, uno dei cinecomic più politici mai stati realizzati in grado di raccontare in maniera verosimile (non reale, ma verosimile) anche attraverso l’utilizzo di una figura come quella del mutante, un fenomeno che, sfortunatamente, fa parte della storia umana fin dalle sue origini: la paura del diverso e la costante sensazione di avere il proprio “status” messo a rischio.

Recensione X-Men di Bryan Singer

X-Men, un primo atto che ha “segnato” il genere

Oltre agli elementi profondamente politici e filosofici che caratterizzano un film di questo tipo, X-Men gode di un primo atto che, ancora oggi, dovrebbe fare da insegnamento nel modo in cui dovrebbero essere introdotti i personaggi all’interno dei cinecomic. Ancor prima di conoscere il suo nome, capiamo il tormento e la paura di Rogue e il modo in cui “funziona” il suo potere (che lei stessa definisce una dannazione). Parallelamente il pubblico fa la conoscenza di quello che, a 24 anni dall’uscita del film al cinema, rimane uno dei personaggi più iconici della storia dei cinecomic: Wolverine.

La sua prima comparsa in scena, in una gabbia, durante una lotta clandestina, se analizzata in ogni sua più piccola sfumatura racconta un quadro completo del personaggio ancor prima di venire a conoscenza del suo nome: un uomo che non ha paura di morire, che non ha nulla da perdere ed è tormentato da demoni che neanche lui sa come identificare. L’approccio che il film ha ad un “eroe” come Logan è perfetto, bilanciando benissimo tutti gli elementi della sua personalità (rabbiosa, scorbutica) conditi da un eccellente sviluppo del rapporto che si crea tra lui e Rogue e la costante ricerca di verità riguardo il suo passato. Nonostante sia in secondo piano rispetto a Xavier, Rogue e Logan, anche il resto della squadra è caratterizzata in maniera ottima grazie al modo in cui vengono “mostrati” i loro poteri e piccoli momenti che lasciano trapelare quella forza che li ha resi degli eroi.

Un film che sente il tempo che passa ma che ha creato uno stile

La vera forza di X-Men sta nel modo in cui Bryan Singer, senza avere alcun tipo di canovaccio, è riuscito a creare uno stile che, per anni, moltissimi cinecomic hanno cercato di emulare non riuscendoci o, almeno, avvicinandosi senza colpire il punto. Visto in prospettiva, l’unica cosa che soffre il film è degli effetti speciali non invecchiati benissimo e una caratterizzazione forse troppo superficiale degli scagnozzi di Magneto. Nonostante la Mystica di Rebecca Romijin sia una delle più belle trasposizioni al cinema mai realizzate di un personaggio Marvel, la scelta di renderla una mera esecutrice operativa del volere di Erik, la svilisce un pò rispetto al grande personaggio che è su carta stampata.

La scelta di Bryan Singer, però, ha perfettamente senso nell’economia generale del film e nel modo in cui fin da subito è risultata scontata la necessità di creare degli schieramenti buoni/cattivi (che vengono citati anche all’interno della pellicola) mettendo in crisi quel “fascino” dell’ambiguo e del non capire da che parte schierarsi che ha sempre fatto parte degli X-Men nei fumetti e che è fondamentale anche nei film successivi della saga. Insomma, Singer riesce nell’impresa non solo di dare dignità sul grande schermo a quelli che, probabilmente, sono i personaggi politicamente più impegnati e importanti nell’interno parterre degli eroi Marvel ma anche di analizzare quella che è una delle più grandi “malattie umane” che possano esserci: la paura di chi non è come noi.

3,0
Rated 3,0 out of 5
3,0 su 5 stelle (basato su 1 recensione)
X-Men
X-Men

Dopo che molti mutanti hanno deciso di rendere pubblica la propria esistenza con l'obiettivo di convivere con gli umani, i vertici della politica cercano di far approvare una legge per la registrazione. Magneto, integralista mutante, cercherà di fermarli con la violenza mentre il Professor X con i suoi X-Men tenterà in tutti i modi la via della pace e del dialogo.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

14/07/2000

Regia:

Bryan Singer

Cast:

Hugh Jackman, Anna Paquin, Patrick Stewart, Ian McKellen, Famke Janssen, Halle Berry, James Marsden, Rebecca Romijn, Bruce Davison

Genere:

Fantascienza, Drammatico

PRO

Utilizza il cinecomic per trattare temi politici
Punta immediatamente sull’iconicità dei personaggi
Introduzione e costruzione di Wolverine
Incredibili scene d’azione
Effetti speciali non invecchiati benissimo