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Recensione – Un pilota ritorna, con Massimo Girotti e Michela Belmonte

La recensione di Un pilota ritorna, con Massimo Girotti

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Un pilota ritorna
Genere: guerra
Anno: 1942
Durata: 84 minuti
Regia: Roberto Rossellini
Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Rosario Leone, Massimo Mida, Margherita Maglione, Roberto Rossellini, Gherardo Gherardi, Ugo Betti
Cast: Massimo Girotti, Michela Belmonte, Gaetano Masier, Elvira Betrone, Nino Brondello, Piero Lulli, Giovanni Valdambrini, Jole Tinta, Piero Palermini
Fotografia: Vincenzo Seratrice
Montaggio: Eraldo Da Roma
Colonna Sonora: Renzo Rossellini
Paese di produzione: Italia

Distribuito nelle sale cinematografiche italiane l’8 aprile 1942, presentato al Troia International Film Festival il 15 giugno 1989 mentre nelle sale cinematografiche francesi l’8 ottobre 2003.

La trama di Un pilota ritorna, diretto da Roberto Rossellini

Di seguito la trama ufficiale di Un pilota ritorna, diretto da Roberto Rossellini:

 

Un apparecchio da bombardamento italiano s’incendia in combattimento nei giorni decisivi della campagna di Grecia ed il pilota, salvatosi col paracadute, imprigionato dagli inglesi, è avviato con gli italiani dei campi di concentramento, a uno dei porti nei quali l’esercito sconfitto si rimbarca. Durante le peregrinazioni di questi sventurati, il pilota conosce la giovane figlia di un medico italiano che si prodiga come può ad alleviare le pene dei suoi compagni e tra i due nasce un forte sentimento. In una notte di bombardamento infernale, egli riesce a sfuggire alle sentinelle e balzato sull’unico apparecchio nemico che non sia stato distrutto, torna in Italia e allo stremo delle forze, e ferito dal fuoco contraereo italiano, atterra nel suo campo di aviazione dove i compagni gli comunicano la resa del nemico.”

 

 

La recensione di Un pilota ritorna, con Michela Belmonte

 

 

La recensione di Un pilota ritorna, con Massimo Girotti

La seconda pellicola della cosiddetta “trilogia fascista” o come è conosciuta oggi “trilogia della guerra fascista”, si sposta su un altro frangente di combattimento. Dopo aver celebrato il settore della marina, questa volta tocca all’aviazione: l’aspetto documentaristico viene lasciato da parte per abbracciare uno stile più narrativo, con la partecipazione di attori, sia affermati che esordienti. Quello che non cambia è l’obiettivo che il progetto si prefigge: dare un’immagine ben precisa della situazione delle truppe al fronte, in modo da convincere l’opinione pubblica che la vittoria sia raggiungibile e della bontà dello sforzo bellico. Nelle sequenze aeree non viene meno l’aspetto istruttivo, ossia tramite il montaggio e il piano ravvicinato mostrare allo spettatore come funziona la routine di un bombardiere e quali sono i meccanismi che ogni pilota aziona per svolgere il suo compito. Una prima parte in cui tale struttura si ripropone in diverse occasioni, risultando non poco ripetitiva prima di entrare ufficialmente nel cuore dell’intreccio. Quest’ultimo non particolarmente articolato, anzi, come prevedibile vi sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, estremamente patinato il rapporto tra i soldati all’insegna del cameratismo tipico dell’epoca mentre la sottotrama amorosa tra i protagonisti è poco più che un cliché.

 

 

Massimo Girotti si dimostra azzeccato per la parte grazie, soprattutto, al suo phisique du role, frutto della sua attività agonistica nella pallanuoto e non solo, in grado di compensare un parziale deficit attoriale. Il suo personaggio è caratterizzato in modo da incarnare lo spirito eroico, confezionato in modo artificioso, dei soldati, in particolare si enfatizza la condizione di prigionia imposta dall’esercito britannico, colpevole indirettamente di un’amputazione ad un ferito ed insensibile dinanzi ad un bambino malato di polmonite, naturalmente questo non significa che nella realtà abbiano avuto un comportamento sempre esemplare, ma non si può prescindere dalla situazione di filtraggio eseguita da una sola parte in causa. Non può dirsi troppo ispirata nemmeno la regia di Rossellini, il dinamismo del terzo atto non genera granché pathos, nonostante l’incisività della colonna sonora, mentre le scene di volo si lasciano guardare, non esaltanti per un pubblico contemporaneo ma per l’epoca cariche sicuramente di un certo effetto.

Voto:
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