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Recensione – Fallen Leaves, il film premiato a Cannes di Kaurismäki

foto della recensione di fallen leaves

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Fallen Leaves

Genere: Commedia romantica

Anno: 2023

Durata: 81 minuti

Regia: Aki Kaurismäki

Sceneggiatura: Aki Kaurismäki

Cast: Alma Poysti, Jussi Vatanen

Fotografia: Timo Salminen

Montaggio: Samu Heikkila

Paese di produzione: Finlandia

Fallen Leaves è una commedia romantica diretta dal regista finlandese Aki Kaurismäki, presentata in concorso alla 76esima edizione del Festival del cinema di Cannes, dove si è anche aggiudicata il premio della giuria. Di seguito la trama e la recensione del film. La sua uscita nelle sale italiane è prevista, con distribuzione limitata, per il 21 dicembre 2023.

La trama di Fallen Leaves, diretto da Aki Kaurismäki

Di seguito la trama ufficiale del film

 

 

Fallen Leaves racconta la storia di due persone sole (Alma Pöysti e Jussi Vatanen) che si incontrano per caso nella notte di Helsinki e cercano di trovare il primo, unico e ultimo amore della loro vita. Il loro percorso verso questo obiettivo è offuscato dall’alcolismo di lui, da numeri di telefono persi, dalla difficoltà nel ricordare i nomi o gli indirizzi del partner e dalla tendenza generale della vita a frapporre ostacoli sulla strada di coloro che ricercano la felicità. Questa dolce tragicommedia è la quarta parte della trilogia operaia di Aki Kaurismäki (Ombre in paradiso, Ariel e The Match Factory)”

Foto del film Fallen Leaves

La recensione di Fallen Leaves, la commedia romantica di Aki Kaurismäki

Le storie d’amore improbabili sono sempre le più interessanti e forse le uniche che meritino di essere narrate. D’altronde se ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, è anche vero che ogni solitudine differisce dalle altre. Fallen leaves è innanzitutto l’incontro tra due persone indescrivibilmente sole, persino per i canoni di una commedia romantica. La pellicola è infatti un ibrido delizioso di diversi stili cinematografici ma è prima di tutto una rom-com (in salsa finlandese). A partire dalle deprimenti occupazioni svolte dai protagonisti (lui un metalmeccanico alcolizzato, lei una barista e poi lavapiatti che non riesce mai a essere pagata) tutto è così parossisticamente estremizzato da creare un sano distacco tra spettatore e protagonisti, i quali si configurano chiaramente come personaggi di finzione. Il patto narrativo richiede infatti una sospensione dell’incredulità necessaria a immergersi a pieno in questa storia.

Una volta superato queso scoglio tuttavia ci si ritrova di fronte a una delle opere più interessanti di questa annata che non si fa fatica a capire perché abbia entusiasmato pubblico e giuria del Festival di Cannes. Per mettere in scena questo intreccio amoroso Aki Kaurismäki si avvale di uno stile assolutamente unico, il modo più veloce che viene in mente per descrivere Fallen Leaves è come una commedia se mai Bresson ne avesse mai diretta una.


Lo stile recitativo, il registro registico e persino le algide scelte cromatiche richiamano fortemente il cinema del regista francese, che peraltro non a caso viene a più riprese citato da locandine appese fuori dallo scalcagnato cinema che i due protagonisti finiscono per frequentare (L’Argent e Au Hasard Balthazar sopra tutti). Queste meravigliosi cortocircuiti stilistici perfettamente si amalgamano allo stile recitativo adotto, anche qui profondamente bressoniano. Tuttavia la genialità di Kaurismäki consiste nell’utilizzare questo registro declinandolo in chiave comica. È dunque quasi come assistere al controcampo di un film di Bresson, a un qualcosa di assolutamente inedito. Il fatto inoltre che sia stato Kaurismäki a mettere in piedi questa operazione può essere considerato un bene, se non il risultato maggiormente auspicabile. Nella storia del cinema è spesso capitato infatti che grandi autori abbiamo provato a modellare il proprio stile su dei generi che non gli appartenevano, non sempre (per usare un eufemismo) con risultati brillanti. In tal senso basti pensare a Ingmar Bergman che con “A proposito di tutte queste… signore” firmò la sua prima e (fortunatamente) unica commedia, in cui un guazzabuglio di idee narrative scollegate e belle immagini decontestualizzate fiaccavano in partenza una commedia che rivelò piuttosto evidentemente come, almeno sul grande schermo, la fine penna dell’autore svedese mal si adattasse al registro comico.


Kaurismäki invece in questa sua operazione di adattamento è perfettamente in grado di cogliere il retrogusto ridicolo che si cela dietro alla tragedia. Con grande raffinatezza il regista mette in scena questo sbilenco amore tra due persone senza un vero scopo, prive di grandi ambizioni ma comunque capaci di slanci passionali. Ciò che profondamente stupisce è come soltanto tramite i campi di ripresa scelti e la stranulata apatia con cui le battute vengono pronunciate il regista riesca a stimolare sincere risate. Una fondamentale distinzione da fare è che Aki Kaurismäki tuttavia si attiene in modo quasi filologico allo stile di Bresson, non cerca scorciatoie o non apporta modifiche sostanziali, quanto più si concentra nel sovvertirne le dinamiche, pare quasi che scelga di riprendere uno stesso universo tramite una lente diversa da quella originale. Non è infatti un procedimento assimilabile a quello per esempio adottato da Wes Anderson che pur attingendo a piene mani da Jacques Tati, dallo stesso Bresson e da altri registi compie un profondo processo di rielaborazione. Questa osservazione non è da intendersi come un modo per abolire il lavoro di Aki Kaurismäki, semplicemente si tratta diversi modi di intendere il post-moderno e di trattare il materiale di base. Quello che questa pellicola fa in termini di costruzione di situazione comiche, di comicità non verbale e di scrittura degli esilaranti personaggi secondari, senza contare la comunque interessante idea di inserire profondi disturbi quali l’alcolismo e la depressione dell’intelaiatura di una commedia romantica, la rendono un’opera da non perdere.

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