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Recensione – Mister Hula Hoop: un piacevole omaggio al cinema americano

Mister Hula Hoop di Joel ed Ethan Coen

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Mister Hula Hoop (The Hudsucker Proxy) 
Genere: Commedia
Anno: 1994
Durata: 111′
Regia: Joel ed Ethan Coen 
Sceneggiatura: Joel ed Ethan Coen, Sam Raimi
Cast: Tim Robbins, Jennifer Jason Leigh, Paul Newman, Charles Durning, John Mahoney, Bill Cobbs e Bruce Campbell
Fotografia: Roger Deakins 
Montaggio: Thom Noble 
Colonna Sonora: Carter Burwell 
Paese di produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania

Presentato in anteprima alla 47ª edizione del Festival di Cannes, dopo la vittoria dell’ambita Palma d’Oro con il film precedente, “Mister Hula Hoop” (“The Hudsucker Proxy”) è la seconda screwball comedy scritta, diretta e prodotta da Joel ed Ethan Coen, in collaborazione con il loro caro amico e collega Sam Raimi, il quale ha co-scritto la pellicola e lavorato come regista della seconda unità. Un’opera del 1994 e una delle prime grandi produzioni dei due cineasti, dopo i primi successi al box office con progetti low budget, ma, proprio come per “Barton Fink” (1991), anche questo film risulta un clamoroso flop, ricevendo più di qualche recensione contrastante. Di seguito la trama e l’analisi del quinto film dei Fratelli Coen. 

La trama del quinto film dei Fratelli Coen 

Norville Barnes (Tim Robbins), un neo-laureato nativo dell’Indiana, nel 1958 si trasferisce a New York in cerca di un possibile impiego. Avendo poca esperienza nel mondo del lavoro, trova posto solamente all’ufficio postale di una grande azienda, la Hudsucker Industries. Qualche tempo dopo, il proprietario Waring Hudsucker (Charles Durning), durante una riunione con i dirigenti, si getta inaspettatamente da una finestra dell’ultimo piano del palazzo, portando lo spietato membro del consiglio di amministrazione Sidney J. Mussburger (Paul Newman) ad assumere il controllo dell’intera azienda. La nuova direzione, dopo l’improvvisa morte dell’ex-proprietario, sceglie di mettere in atto un aggiotaggio, facendo crollare il valore della società in borsa per poi, successivamente, riacquistare le azioni ad un prezzo più basso. Per celare allo Stato questo tipo di operazione, l’azienda nomina una sorta di presidente fantoccio ovvero l’ingenuo Barnes, il quale viene manipolato dallo stesso Mussburger, ma una curiosa ed intraprendente giornalista, Amy Archer (Jennifer Jason Leigh), tentando di smascherare il misfatto, riesce a farsi assumere come segretaria del nuovo presidente. Quest’ultimo, però, lasciato nella sua inesperienza libero di agire come desidera, realizza e produce una delle sue più ambiziose invenzioni: l’hula hoop. 

Mister Hula Hoop di Joel ed Ethan Coen

La recensione di “Mister Hula Hoop” (1994) 

Durante gli anni ’80 avviene il primo incontro tra i Fratelli Coen e Sam Raimi, i due cineasti hanno collaborato con il loro collega come assistenti al montaggio per il capolavoro “La Casa” del 1981, anno in cui cominciarono a scrivere assieme la sceneggiatura di “Mister Hula Hoop”. Questa loro collaborazione ha dato vita ad un prodotto che celebra, attraverso la commedia, un certo tipo di cinema americano, partendo da una scenografia molto descrittiva: sono ben visibili le differenze di stile e di rappresentazione tra gli ingranaggi che compongono l’ufficio postale, dove comincia a lavorare il giovane protagonista, rispetto ai piani posizionati più in alto nell’edificio utilizzati dai dirigenti, si diversificano, infatti, per spazi e colori. Tutto pare focalizzarsi e ruotare attorno ad una figura circolare, un elemento che ritorna più di una volta lungo la narrazione: dal titolo, almeno quello adattato in italiano, all’orologio di Mussburger, passando per l’invenzione finale, senza dimenticare le conservazioni ed i monologhi dei vari personaggi. Un grande cerchio che racchiude al suo interno una storia sicuramente dal fascino più mainstream, rispetto ai film precedenti dei Coen, che gioca su un espediente ai limiti del ridicolo, ma che alla fine si rivela molto più centrale ed importante di quanto sembra. Proprio come il percorso che, in fin dei conti, segue lo stesso Norville, interpretato da un ottimo Tim Robbins, che nello stesso anno prende parte ad altre produzioni come “Prêt-à-Porter” di Robert Altman e “Le Ali della Libertà” di Frank Darabont, raggiungendo l’apice del successo, nonostante la vittoria del premio Oscar solamente un decennio dopo. Inoltre, gli stessi Paul Newman e Jennifer Jason Leigh offrono al pubblico due splendide prove recitative: il primo interpreta un cinico quando subdolo dirigente amministrativo che si approfitta del povero Barnes, mentre la seconda riveste i panni di una giornalista impavida che tenta di intrufolarsi tra le pieghe del mistero che aleggia intorno alla nomina del nuovo presidente delle Hudsucker Industries. 

 

Al loro quinto lungometraggio Joel ed Ethan Coen pare che facciano un salto fin troppo in avanti rispetto ai lavori precedenti, un tipo di percorso che già dall’anno successivo intraprende la giusta direzione verso lo sviluppo di una filmografia all’insegna di vere e proprie perle della settima arte, tra capolavori, grandissimi film, un paio di leggeri scivoloni ed un gran numero di progetti che hanno spesso assunto la nomea di cult, che in parte hanno anche riscritto la storia di un’industria come quella cinematografica. Attraverso un’anima indipendente, i due fratelli hanno portato in scena, anche questa volta, un racconto che racchiude al suo interno tutte quelle caratteristiche tipiche del loro particolare cinema: storie che appaiono semplici ad un occhio meno attento, ma che si rivelano ben più profonde, mescolando i generi e rendendo ancor più unici i prodotti di due maestri assolutamente poliedrici e che, quasi sempre, ricoprono più di un ruolo all’interno delle loro produzioni. Anche “Mister Hula Hoop” resta in tutto per tutto un film alla Coen, ricco di quelle taglienti gag che inizialmente provocano una risata, a volte fragorosa altre volte più a denti stretti, strutturalmente funzionali alla tipologia di racconto he portano in scena. Questo appare visibile, fin da subito, nelle continua interazioni tra i personaggi di Tim Robbins e Paul Newman, due grandi attori che si calano alla perfezione nei loro rispettivi ruoli e che si muovono in ambienti che spaziano dall’arte moderna all’art déco, un atmosfera molto suggestiva e particolare. 

Mister Hula Hoop di Joel ed Ethan Coen

Un piacevole omaggio al cinema americano

Insomma, “Mister Hula Hoop” è un piacevole omaggio al cinema americano, quello ovviamente di un tempo e di un’epoca molto cara ai due autori, le influenze sono molteplici: dai film di Frank Capra a quelli di Preston Sturges, ma anche di Howard Hawks e, per alcuni personaggi, lo stile di alcune vere e proprie icone come Katharine Hepburn e Rosalind Russell. Questo non è bastato, però, alla pellicola per raggiungere il successo sperato, visto il corposo impegno produttivo. Il risultato finale ha scatenato anche diversi malumori tra la stessa produzione ed i Coen sulla scelta di eventuali riprese aggiuntive, finendo per riscontrare una serie di problematiche che si sono sviluppate in seguito tra i pareri contrastanti di critica e pubblico. Sicuramente da due maestri di questo calibro si può aspettare un prodotto decisamente di grandissimo valore, ma questo loro quinto film risulta a tratti un po’ superficiale, nonostante il loro incredibile tocco. Joel ed Ethan, questa volta, non sono riusciti a trovare la giusta alchimia tra i vari e numerosi elementi che popolano e compongono le loro pellicole. Un piccolo passo falso di una filmografia pronta a sfornare il primo capolavoro, infatti, nel 1996 debutta nelle sale cinematografiche l’incredibile “Fargo”. 

Voto:
3/5
Gabriele Maccauro
3/5
Matteo Pelli
3.5/5
Vittorio Pigini
4/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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