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Recensione – La La Land, film scritto e diretto da Damien Chazelle

Ecco la recensione di La La Land, di Damien Chazelle, con Emma Stone e Ryan Gosling

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: La La Land
Genere: Musical, Commedia, Drammatico, Sentimentale
Anno: 2016
Durata: 128 minuti
Regia: Damien Chazelle
Sceneggiatura: Damien Chazelle
Cast: Ryan Gosling, Emma Stone, J.K. Simmons, Finn Wittrock, Sonoya Mizuno, Rosemarie DeWitt, Josh Pence, Jason Fuchs
Fotografia: Linus Sandgren
Montaggio: Tom Cross
Colonna Sonora: Justin Hurwitz
Paese di produzione: USA

La La Land è un film del 2016, scritto e diretto da Damien Chazelle, interpretato da Ryan Gosling ed Emma Stone. Il film in questione può vantare numerosi riconoscimenti ottenuti in giro per il mondo, a partire dalla Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile ad Emma Stone a Venezia 73 (edizione in cui La La Land è stato il film d’apertura). Inoltre, La La Land ha vinto 7 Golden Globe, 6 premi Oscar e condivide il record per il numero di candidature (14) insieme a Titanic ed Eva contro Eva. La La Land, tra i tre, è l’unico lungometraggio a non aver vinto come Miglior Film. Tuttavia, il record personale di Chazelle è quello di essere il regista più giovane della storia ad aver vinto l’Oscar per la Miglior regia. Di seguito la trama e la recensione di La La Land

La trama di La La Land, diretto da Damien Chazelle

Ecco la trama ufficiale di La La Land, film scritto e diretto da Damien Chazelle:

 

Mia (Emma Stone) è una ragazza determinata a inseguire il proprio sogno di diventare attrice e tra un provino e un altro serve caffè in un bar all’interno degli Hollywood Studios, mentre Sebastian (Ryan Gosling) è un bravo jazzista che, nell’attesa di aprirsi un locale tutto suo, si guadagna da vivere suonando nei piano bar anche se ciò lo rende profondamente insoddisfatto. Dopo l’ennesimo provino andato male, Mia viene convinta dalle sue amiche ad andare a una festa sulle colline di Hollywood e mentre rientra a casa a piedi, Mia è attirata da una musica proveniente da un locale, in cui decide di entrare. Lì si imbatterà per la prima volta in Sebastian, che proprio in quel momento viene licenziato dal proprietario del ristorante, colpevole di aver improvvisato musica jazz al pianoforte anziché attenersi alla scaletta di classici natalizi per i clienti.

 

Successivamente, dopo una serie di incontri casuali, tra Mia e Sebastian si crea un rapporto d’amicizia fatto di scontri e incontri, fino a quando tra i due esploderà una travolgente passione alimentata dalla condivisione di aspirazioni comuni, da sogni intrecciati e da una complicità fatta di incoraggiamento e sostegno reciproco. Ma proprio quando inizieranno ad arrivare i primi successi, i due si dovranno confrontare con importanti scelte e con le loro ambizioni professionali, le quali rimetteranno in discussione il loro rapporto. La minaccia più grande sarà rappresentata infatti dalla loro volontà di inseguire i rispettivi sogni. Tra musiche emozionanti e balletti travolgenti, Mia e Sebastian proveranno a cercare i compromessi necessari per raggiungere i propri sogni senza dover rinunciare alla loro intensa e burrascosa storia d’amore.”

Ecco la recensione di La La Land, di Damien Chazelle, con Emma Stone e Ryan Gosling

La recensione di La La Land: un musical contemporaneo che si erge a capolavoro per una generazione intera 

La La Land è uno dei film manifesto del postmoderno, un’attenta e profonda riflessione sullo sguardo, sul cinema e l’arte, generata da Damien Chazelle dietro la macchina da presa. Quest’ultima tende a danzare insieme ai personaggi, muovendosi in piano sequenza sia in verticale che in orizzontale, o ruotando, a seconda anche del testo delle canzoni. In tal senso il regista ha affermato di essersi ispirato ai movimenti di Max Ophuls, nonché a quelli di Martin Scorsese in Toro Scatenato, il quale ha inserito la cinepresa al centro di un ring. Ma a differenza dei due cineasti appena citati, Chazelle ha voluto rappresentare la realtà in tutta la sua vitalità “sognatrice” e dinamica, senza stacchi di montaggio a frenare i sentimenti e i sogni dei due protagonisti in campo. D’altronde il folgorante prologo con Another Day of Sun è una grandiosa cartolina di benvenuto per gli spettatori, resi partecipi di un’epoca ormai andata e ricordata con nostalgia, come se si fosse bloccati in un tempo cristallizzato con la speranza di un futuro raggiante. E di fatto il testo invita a ricordare, narra di vecchie situazioni, trasmette una certa serenità così come il ballo sull’autostrada bloccata per il traffico; in quanti la prenderebbero col sorriso? 

 

Ma i movimenti e la profondità di campo sono i fattori grazie a cui il regista riesce a ritrovare “l’oltre”, quelle sensazioni appartenenti all’intimità di Mia e Sebastian, e che Chazelle smaschera a più riprese con la sua personalissima lente d’ingrandimento, muovendosi insieme a loro. Una regia così non può che essere accompagnata dalla vivacità dei colori presenti nelle meravigliose coreografia, le quali riprendono filologicamente gli Studios Hollywoodiani mostrati all’interno del racconto stesso, ricordati con una certa nostalgia: Les Parapluies de Cherbourg e Casablanca su tutti. Negli anni Cinquanta e Sessanta era molto in voga il Musical, avviato come genere nel cinema classico americano con attori del calibro di Ginger Rogers e Fred Astaire, oppure Gene Kelly, e proseguito con registi essenziali quali Vincente Minnelli e Jacques Demy. Per dare ampio respiro alle coreografie messe in scena e ricostruite in studio il più delle volte, il Cinemascope era una delle trovate più utili da questo punto di vista, e Chazelle non poteva che girare La La Land con lo stesso formato, richiamando alla medesima maniera numerosi film, da Cantando sotto la pioggia per la spensieratezza (cantando mantenendosi a un palo) fino a New York, New York per l’amarezza, passando per Les demoiselles de Rochefort di cui sono d’ispirazione i colori pastello. 


Proprio i colori suddividono emotivamente le stagioni, esteriorizzando anche esteticamente quelli che sono gli umori e le condizioni proprie dei protagonisti. Questo studio è semantico, minuzioso per gli intenti di La La Land, tanto da arrivare a percepire lo stesso grado di inquietudine provato da Mia e Sebastian, entrambi folli sognatori, entrambi pericolosamente incerti del loro futuro sia di coppia che individuale. Chazelle con questo film si pone tra il cinema classico e quello della New Hollywood, realizzando un’opera incredibilmente contemporanea nei temi, nelle intenzioni e nel respiro. Infatti, il talentuoso regista le due epoche citate in una particolare Los Angeles, dove si trovano elementi quali l’Osservatorio Griffith, lo storico Lighthouse Cafè a Redondo Beach, ma virtuosamente si nota quella malinconia propria al musical anni ‘60, sia di Scorsese che di Demy.

Ecco la recensione di La La Land, di Damien Chazelle, con Emma Stone e Ryan Gosling

La La Land è un musical contemporaneo che riflette sul cinema

Ma la forza di La La Land è proprio questo magico connubio, in rappresentanza di una generazione – la Z – sempre in bilico tra un futuro incerto e un cassetto stracolmo di sogni, tutti in attesa di essere realizzati. Tale sentimento viene perfettamente compreso e rappresentato da un giovane Chazelle, il quale è elegiaco, vitale e anche avanguardista nel proporre un cinema sulla carta “vecchio” a un pubblico vastissimo, riscuotendo un enorme successo generale. In tal senso, quest’ideale sembra essere rispecchiato fedelmente dai discorsi portati avanti da Keith, il quale crede fermamente nel jazz, ma è consapevole di doverlo rendere moderno per far sì che le persone lo ascoltino, specie le nuove generazioni. Di fatto Start A Fire è una canzone in grado di ibridare il jazz tradizionale con le melodie pop, un po’ come Chazelle mescola il film sentimentale con la commedia, così come il dramma con il sentimentale. Ambedue le operazioni produttive e artistiche – metacinematograficamente – risultano squisitamente postmoderne, e La La Land con energia ricorda che il passato è nobile, e di conseguenza non va dimenticato, semmai va riscoperto ogni volta con lo scorrere del tempo. Ma è dagli anni dei Cahiers du Cinéma che la consapevolezza ha assunto un ruolo cruciale, poiché il cinema deve guardarsi prima indietro per poi effettuare un virtuoso balzo in avanti. 

 

Damien Chazelle regala al cinema e al pubblico un’opera da vedere e rivedere per l’intensità con cui si pone nei confronti dei più giovani e dei più anziani, dei cinefili e degli spettatori occasionali, rispecchiando speranze, amarezze, felicità e malinconia in una storia d’amore realistica e disillusa. Mia e Sebastian possono essere chiunque, e il fatto che il musical presupponga un’elevata sospensione dell’incredulità non fa altro che avvalorare le sequenze fantastiche in cui manca la gravità e ci si perde in uno sguardo, in un ballo. La macchina da presa, riprendendo il discorso iniziale, come in ogni musical che si rispetti si trasforma nel diario delle emozioni, e non a caso molti personaggi quando cantano danno l’idea di guardare in camera. E quale musicalità se non il jazz, per donare a La La Land quest’aura retrò combinata all’osservazione più anarchica e alle passioni più sfrenate? Chazelle non si nasconde, mostra di aver realizzato un film e rende tutti consapevoli di star seduti per guardarlo, ma la vera magia prende vita grazie al trasporto, alla leggerezza in contrasto con una strana malinconia. Il tempo nel musical si cristallizza, viene monopolizzato a seconda delle urgenze, e potrebbe perciò essere dilatato, bloccato e proiettato in maniera astratta, e il cineasta in questione si avvale di qualunque innesco temporale per evidenziare e raccontare (Someone in the Crowd; Audition). 


La circolarità della narrazione è un metodo sincero per lasciar trasparire quanto descritto; le quattro stagioni vengono ricostruite cromaticamente così come la vita dei protagonisti viene “catturata” in esse. L’inverno è l’incontro romantico nel momento più buio della proprio, mentre la primavera è la fioritura di un nuovo amore. Proseguendo, l’autunno è la crisi, e la chiusura del cinema Rialto lo sottolinea. Infine di nuovo l’inverno, un’ascesa professionale con un nuovo incontro tra Mia e Seb, i quali immaginano la loro vita insieme proiettandosi in un vero e proprio film mentale, colorato e vivissimo. Ma nella realtà il sogno svanisce, si resta disilluso e si raccolgono i pezzi andando avanti. I rispettivi primi piani dedicati da Chazelle a i suoi due protagonisti non fanno altro che sottolineare quanto il loro amore sia rimasto lì, chiuso in una vita parallela, bisognoso di un palcoscenico tutto suo. E quale frase citare se non quella di Claudio Baglioni (titolo di un album): “La vita è adesso, il sogno è sempre.”

Voto:
5/5
Andrea Barone
5/5
Andrea Boggione
4.5/5
Gabriele Maccauro
5/5
Riccardo Marchese
4.5/5
Alessio Minorenti
5/5
Paola Perri
5/5
Vittorio Pigini
4.5/5
Bruno Santini
5/5
Giovanni Urgnani
5/5
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